• Editoriale
  • 2 giugno: a scuola si celebra la repubblica, ma si insegna la storia?

    Festa della repubblica, le scuole celebrano la ricorrenza con tutta l’enfasi del caso. Ma sanno davvero, gli alunni, di cosa si tratta?E i docenti?

    A scuola si celebra la repubblica, ma si insegna la storia?

    Anche su queste colonne abbiamo ospitato, oggi, un articolo scritto da alcuni studenti dell’istituto “Spataro” di Gissi sulla cosiddetta “festa della repubblica”. Una festa che in realtà è la celebrazione di un colossale raggiro. E così abbiamo pensato di scrivere questa lettera aperta agli alunni e soprattutto ai docenti, maestri e professori, anche alla preside. La storia, inevitabilmente, viene scritta dai vincitori che raccontano e tramandano quello che vogliono.

    Sanno le maestre e i professori che né nel 1946, né in seguito, né mai fino ad oggi, fu proclamata la vittoria della Repubblica? E si chiedono il perché? Non è strano a loro avviso?

    Sanno, ad esempio, i docenti e lo insegnano quindi ai propri alunni che nel referendum del 2 giugno 1946 la maggioranza repubblicana del 54 per cento venne calcolata sul totale dei soli voti validi, non su quello complessivo dei votanti?

    E’ evidente come quella percentuale si fosse abbassata drasticamente se il calcolo fosse stato effettuato sul totale dei votanti, come previsto dalla legge istitutiva del referendum stesso. Il vantaggio repubblicano sarebbe stato di circa duecentocinquantamila voti, una maggioranza davvero irrisoria, assolutamente insufficiente, in termini politici e morali, a definire il passaggio istituzionale. Soprattutto in considerazione del fatto che a diversi milioni di cittadini italiani non venne permesso di esprimere il proprio voto: gli emigrati all’estero e gli italiani delle colonie, i prigionieri di guerra, i profughi, le intere province di Trieste, Gorizia, la Venezia Giulia, comprese Pola e Fiume, Bolzano e il Trentino, gli italiani della Dalmazia, dell’Albania e del Dodecaneso. Dunque milioni e milioni di elettori non considerati tali e non ammessi al voto né allora, né mai che, unitamente al milione e mezzo di schede bianche e nulle, rendevano politicamente, giuridicamente e moralmente inaccettabile l’irrisoria maggioranza repubblica.

    E mentre erano ancora in corso i conteggi dei voti e l’analisi dei ricorsi presentati dopo il referendum, con un colpo di mano, un vero colpo di Stato, l’allora Governo in carica (non eletto, ma di autoinvestitura, ndr) decretò il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica senza attendere il pronunciamento della Suprema Corte di Cassazione, con migliaia di ricorsi sui brogli ancora pendenti.

    Né nel 1946, né in seguito, né mai, fu proclamata la vittoria della Repubblica. L’attuale forma di Stato è un regime di fatto, ma non certo di diritto.

    Di tutto questo, sui libri di testo in uso nelle scuole, non si parla affatto.

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

    tel: 3282757011

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.

    I commenti sono stati chiusi.