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  • Ascensore rotto, tempi di attesa estenuanti: così i pazienti fuggono dal “Caracciolo”

    «Fortuna che c’è Neuromed. Ho prenotato per Manuel, appena siamo usciti dall’ospedale di Agnone. Quella giornata campale rimarrà solo un brutto ricordo. Lì gli ascensori funzionano, gli orari si rispettano ed il personale, d’eccellenza, non insolentisce i pazienti». Nicola Di Filippo, il papà di Manuel, ragazzino disabile di Poggio Sannita, torna a parlare della disavventura che gli è capitata presso il “Caracciolo” di Agnone. Non una, ma addirittura due volte, sempre a causa di un ascensore non funzionante.

    La prima volta quando ha dovuto prendere in braccio il suo Manuel per raggiungere il laboratorio analisi, altrimenti non raggiungibile mediante l’ascensore perché fuori servizio. Una seconda volta circa tre settimane dopo, quando Manuel aveva bisogno di una radiografia e, incredibilmente, l’ascensore era ancora rotto, fuori uso, perché il pezzo di ricambio non era e non è ancora arrivato. Stessa storia di tre settimane prima: un papà che prende in braccio il suo ragazzo disabile per portarlo in Radiologia. Ma lì la disavventura non è finita, anzi…

    A raccontarla è proprio Nicola Di Filippo: «Speravo sinceramente di trovarlo funzionante», dice, parlando dell’ascensore divenuto ormai una sorta di icona dello sfascio della sanità in Alto Molise. «Non ci siamo scoraggiati, – riprende – Manuel in braccio, saliamo in radiologia. Puntualissimi, ore 8 e 45 come da prenotazione. Convinti che sia anche questa una forma di rispetto verso chi deve organizzarsi per far sì che non si creino code, quindi assembramenti in questo delicato momento. Mandiamo anche un messaggio al Direttore Florenzano, che ci risponde prontamente: si scusa per il disagio. Gli chiediamo di risolvere almeno il problema parcheggi, visto che quelli riservati ai disabili sono occupati da una tenda messa lì dal 19 marzo scorso e mai utilizzata. – aggiunge papà Nicola – L’unico parcheggio rimasto presenta un cartello di divieto poiché riservato all’ambulanza 118. Nella piccola sala d’attesa sono già presenti due anziani e un accompagnatore. Ci sediamo sulle dure poltrone, dove Manuel però ha resistito un minuto, poi il dolore lo ha costretto a chiedermi di farlo sedere sulle mie gambe».

    Troppo dure quelle “poltrone”. «Nel frattempo – riprende Nicola Di Filippo – arriva una ragazza e un’altra anziana accompagnata dalla figlia.Quindi ambiente sicuramente troppo affollato, il disagio comincia a farsi sentire. Alle 9 e 30 si apre la porta e viene chiamata la signora appena arrivata. La figlia fa presente che c’eravamo prima noi e prima ancora i due anziani. Io già stavo rivestendo Manuel per andarmene. Tre quarti d’ora d’attesa in quell’ambiente ci avevano già provato abbastanza. L’infermiere, che conosco e ci conosce, dice che non poteva sapere cosa stessimo lì a fare poiché non avevamo consegnato l’impegnativa. Una persona saggia non avrebbe degnato questo signore nemmeno di uno sguardo. Io, che saggio non sono, mi sono arrabbiato e indignato di fronte all’arroganza. Spero che la Direzione sanitaria accerti il perché di quell’affollamento.

    Le prenotazioni e il rispetto dei tempi di attesa in questo periodo dovrebbero essere una certezza. I disagi e i disservizi potrebbero essere sicuramente più lievi se ad accoglierti trovi persone disponibili, imparziali, pronte al sorriso e non arroganti, sempre con il muso». Parole pesanti, quelle di Nicola Di Filippo, dettate dalla rabbia di un padre che vede soffrire suo figlio e sperimenta sulla propria pelle le inefficienze della sanità pubblica molisana.

    «Abbiamo preso congedo da questa Sanità pubblica alla cui devozione vogliamo da oggi preferire la idolatria verso un privato con nome e cognome, che potrà essere anche antipatico a molti, ma è una eccellenza e non permetterebbe mai ad alcuno dei suoi dipendenti di insolentire la dignità dei pazienti in attesa con l’indifferenza, con il mancato rispetto degli orari, con il fare attendere chi è arrivato prima perché deve essere privilegiato qualcuno che arriverà dopo».

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