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  • Baba e i ragazzi dell’Hotel Sammartino

    Hanno nomi diversi i ragazzi dell’Hotel Sammartino. Uno di loro, per esempio, si chiama Baba ma con Mande ha qualcosa in comune: fugge dalla guerra, la povertà e la disperazione. Hanno viaggiato per circa due giorni su un barcone che dalla Libia li ha portati a Taranto dove sono stati controllati dai medici prima di essere portati qui, ad Agnone.

    In paese sono arrivati nella tarda serata di giovedì, scortati dagli uomini della Questura di Isernia, Carabinieri e i volontari dell’Associazione Nazionale Carabinieri Agnone. Sono stati nuovamente controllati dai medici dopodiché hanno cenato, prima di andare a dormire, stremati dal loro lungo percorso.

    Ieri, qualcuno di loro ha fatto capolino lungo le strade principali. Sono usciti per guardarsi intorno e poi sono tornati a casa, nell’Hotel Sammartino che li ospiterà. Noi, ieri, a circa ventiquattro ore dal loro arrivo, li siamo andati a trovare, gli abbiamo dato il benvenuto in comunità e abbiamo chiacchierato con loro.

    Baba, per esempio, ha un passato da commerciante: «Vestiti, vendevo vestiti. Poi ho deciso di partire. Sopravvivevo a malapena ed ero rimasto praticamente solo. Ho perso mia madre, mio padre, i miei fratelli. Mi sono imbarcato in Libia, per venire in Italia» ha raccontato il ragazzo, con il suo buon inglese, una padronanza della lingua da far invidia.
    La domanda di rito non poteva mancare: Perché l’Italia?
    «Cerco un lavoro, voglio vivere tranquillo e l’Italia mi piace. Credo che gli italiani siano un popolo accogliente. Ora voglio imparare la vostra lingua».

    Insieme a lui ci sono altri ragazzi. Parlano poco ma ascoltano attentamente e ridono alle battute. Sono ancora un po’ intimoriti. Baba aggiunge che non tutti sono già usciti. Stanno capendo dove si trovano; non sanno nemmeno il nome del nostro paese: «Mi potreste dire come si chiama questa cittadina?» chiede.
    «Agnone» rispondo.
    «Agnon…» prova a formulare Baba; correggiamo la sua pronuncia e lui lo impara. Ora almeno sa in che città si trova.

    Può sembrare buffo ma è così: loro non sanno dove sono andati.

    Ad un certo punto ci avviciniamo all’unica ragazza del gruppo. Lei è partita nel 2009 dalla Nigeria con suo marito. Sono giovanissimi, circa venticinque anni e hanno impiegato due anni e mezzo per raggiungere la Libia. Lì sono rimasti per un altro po’ di tempo prima di imbarcarsi per Taranto. È proprio il marito a farci capire quanto siano straniati questi migranti. Infatti, ad un certo punto ci chiede: «Ma noi, dove siamo? In che regione?»
    «Il Molise. Aspetta, te lo facciamo vedere in cartina» gli diciamo, estraendo il cellulare. Così, gli mostriamo Taranto e gli facciamo vedere Agnone quindi il percorso che hanno fatto. Loro ci ringraziano.

    Qualche attimo dopo, lo staff dell’albergo ci chiede di dire loro che si sono preoccupati di comprare l’intimo per loro e che sono arrivati dei vestiti, donati dalla comunità. Dopo cena distribuirà tutto.

    È ora di cena. Salutiamo tutti. Dando la mano a Baba, lui ci chiede: «Domani tornate a trovarci?»
    «Domani, non è sicuro –rispondo. Lunedì penso di si, altrimenti ci vediamo in giro».

     Giovanni Giaccio
    giogiaccio@gmail.com

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