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  • Calano gli incidenti a caccia, Brambilla non ha argomenti ma insiste: «La braccata va proibita»

    «La caccia, quest’aggressione agli animali selvatici, patrimonio di tutti, in nome del cruento diletto di pochi, con il solito strascico di morti e feriti, semplicemente non è più accettabile. La stragrande maggioranza degli italiani, infatti, non l’accetta e sollecita un cambiamento nella direzione opposta. Ne prenda nota chi, rappresentando le istituzioni, deve tutelare, oltre alla pubblica sicurezza, un bene comune come la biodiversità. Basta regali ai cacciatori». Lo afferma l’on. Michela Vittoria Brambilla, Fi, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, commentando i dati diffusi ieri sera dall’Associazione Vittime della caccia sulla stagione 2018-9.

    Spiega l’ex ministro: «La stagione venatoria, che purtroppo avrà una “coda” in alcune Regioni, si è chiusa con il consueto tributo di sangue: in ambito venatorio 13 Morti e 50 feriti, di cui 2 bambini, oltre a milioni di animali, anche appartenenti a specie in sofferenza, uccisi per divertimento. Il numero delle vittime umane, variabile di stagione in stagione per fattori puramente casuali, è la salda, incrollabile dimostrazione della pericolosità di un’attività, anacronistica, ma ancora lecita, che comporta l’uso delle armi e quindi, come attesta il numero delle vittime, richiede restrizioni molto più severe, finché, finalmente, non sarà vietata. Il primato della pericolosità va alla caccia del cinghiale “in braccata”, all’origine delle maggior parte degli incidenti, che andrebbe proibita immediatamente. Sul piano politico – aggiunge – si confermano e si aggravano due tendenze da tempo in atto. La prima è l’asservimento dei governi regionali alle lobby dei cacciatori e dei produttori di armi, con la conseguente approvazione di leggi pro-caccia chiaramente incostituzionali. La seconda, a livello nazionale, è l’assalto incessante, a volte subdolo e indiretto, più spesso diretto e spudorato, alla legge sulla caccia, sempre nella direzione della massima deregulation possibile. L’attacco non si ferma neanche dinanzi alle specie protette, come lupi ed orsi, la cui gestione si tenta di sottrarre allo Stato, per far parlare ancora le doppiette».

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