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  • Carnevale: le maschere zoomorfe stregano Isernia, migliaia di persone invadono il capoluogo

    Nel periodo che va dal solstizio d’inverno all’equinozio di primavera, storicamente si è sempre collocata una delle feste più complesse e ancestrali: il Carnevale.

    Il Carnevale ha assunto nelle epoche passate il suo splendore nelle città di Venezia, Firenze, Roma, Ivrea, Nizza. Ma ci sono dei luoghi in cui il Carnevale, e la sua carica di “sfogo sociale”, assume una forma del tutto particolare. Stiamo parlando del primo Carnevale europeo di Isernia celebrato con le maschere zoomorfe.

    Ieri, 25 febbraio, per le strade del capoluogo, uomini e donne si sono trasformati: una metamorfosi verso le forme dell’Uomo Cervo di Castelnuovo, del Diavolo di Tufara, dell’Orso di Jelsi, del Brutto di Macchiagodena. Hanno vestito lunghe pelli di animale e corna, brandito minacciosi marotte e campanacci in un frastuono tribale fatto di urla, capriole e salti.

    Chi è abituato all’eleganza di Venezia o all’irriverenza di Ivrea è rimasto impressionato e, al tempo stesso, sbalordito dalla bestialità primitiva che sprigionano queste maschere. Il pubblico non è stato in disparte con numerosi spettatori inseguiti e stuzzicati da questi dèmoni bestiali. Sono rimasti spaventati e al contempo attratti da questi esseri, personificazione delle passioni che agitano il cuore umano.

    Le maschere zoomorfe molisane si sono mischiate alle Maschere Cornute lucane, agli Arestes e gli Urtzu sardi, ai Landzettes valdostani tutti accomunati da pelli caprine e lanose, forconi e tridenti, sinistri bastoni, corna bovine e corpi coperti di nera fuliggine, chiassosi sonagli o riti propizianti per allontanare i freddi invernali e accogliere l’imminente primavera.

    Nella città molisana non sono mancate le imprevedibili e multiformi maschere europee. Lungo le principali strade hanno sfilato i Kurents sloveni, già dichiarati patrimonio culturale dall’Unesco, che tra corna, piume, nastri e campane respingono l’inverno o i Momotxorros della Navarra, ricoperti di pelli di capre e campanacci, armati di forconi imbrattati di sangue di maiale, protagonisti di “scorribande” tra i passanti accompagnati da streghe oscene e fanciulle “senza volto”.

    I popoli europei si sono riuniti, qui tra le vie di Isernia, in una danza primordiale. Un’eredità non di breve corso che riempie il cuore di meraviglia e gli occhi di un’antichità non ancora perduta.

    G.P.

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