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  • Castel del Giudice, esempio virtuoso alla lotta allo spopolamento

    CASTEL DEL GIUDICE – La lotta di resistenza nei centri dell’Appentino porta un nome ben preciso: Castel del Giudice. Trecentotrentadue abitanti che non intendono arrendersi ad un destino che ha segnato il futuro di tanti altri piccoli comuni della Penisola. Nessuna magia o illusione, al confine tra Molise e Abruzzo la parola d’ordine è concretezza. Al bando i piagnistei che lasciano spazio alla capacità di rimboccarsi le maniche e osare. E’ quello fatto nel corso degli anni dal sindaco Lino Gentile, che supportato dai suoi concittadini, ha sposato la formula dell’investimento pubblico – privato e i risultati sotto gli occhi di tutti. Un meleto di quaranta ettari che rifornisce marchi prestigiosi, una residenza sanitaria assistita con quaranta posti letto, un borgo antico riqualificato da far invidia alle più gettonate località di Umbria e Toscana, ed ancora: la valorizzazione dei beni naturali e la scommessa delle energie rinnovabili. Tradotto significa oltre cinquanta posti di lavoro ed un’economia che ha ripreso vigore. L’Eco de l’Alto Molise – Vastese ha intervistato l’artefice di questo piccolo miracolo.

    Lino Gentile, il suo comune sta attirando l’attenzione dei media nazionali grazie alle azioni messe in campo in merito a servizi rivolti agli anziani  e occupazione. Un esempio virtuoso di come la montagna può rappresentare ancora una risorsa. E’ così?

    Sicuramente si. Occorre non arrendersi alle ferite inflitte dall’abbandono della montagna e dalle migrazioni verso le città, dai tagli di servizi e dalla mancanza di lavoro. Occorre reagire con la resilienza oggi necessaria per restituire futuro ai piccoli preziosi borghi montani del cuore dell’Italia.

    Nell’arco di pochi anni con la formula pubblico-privato Castel del Giudice è riuscito a realizzare una Rsa, un meleto biologico da quaranta ettari, riqualificare il patrimonio immobiliare, valorizzare i beni naturali, puntare sulle energie rinnovabili. E’ questa la strada giusta da perseguire, cioè il pubblico privato?

    Bisogna cambiare rotta, le  aree interne  possono rappresentare il vero laboratorio sul quale sperimentare il nuovo modello di crescita dell’intero Paese, nella consapevolezza che esse costituiscono ancora un giacimento inesplorato in termini di capacità, di risorse e di energie, ma occorre, in primis reinterpretare il territorio e mettere in campo politiche innovative, anche perché le politiche di sviluppo del territorio adottate negli scorsi anni non hanno prodotto grandi risultati, seppur in presenza di ingenti risorse pubbliche. Pertanto è necessario porre in essere azioni che siano in grado di garantire una maggiore accumulazione di capitale infrastrutturale, imprenditoriale, sociale ed economico attraverso la mobilitazione del privato e del pubblico. Le istituzioni pubbliche da sole non ce la faranno mai!

    Ad oggi può dirci quanti occupati ha prodotto una simile strategia? E in particolare che giro di affari esiste?

    Nelle tre società ci lavorano complessivamente più di cinquanta persone a tempo pieno oltre ad una ventina  a tempo parziale. I fatturati prodotti sono sufficienti a garantire il mantenimento degli equilibri aziendali.

    Che ruolo hanno giocato le istituzioni affinché si potesse realizzare tutto ciò? Il riferimento va ad eventuali finanziamenti regionali e statali.

    Le istituzioni rappresentano i principali attori per lo sviluppo del territorio, e per tale motivo il Comune ha avuto un ruolo molto importante sia nel coinvolgimento della propria comunità e sia nei collegamenti con l’ente regionale per la intercettazione di risorse finanziarie.

    L’Europa in che misura ha partecipato?

    Abbiamo fatto buon uso delle risorse europee che, tramite la Regione e lo Stato, sono state messe a disposizione per lo sviluppo locale. Poche settimane fa la puntata di RegionEuropa su Rai Tre ha raccontato il nostro piccolo comune come modello di buon uso dei fondi europei per creare sviluppo, stili di vita sostenibili, accesso alla tecnologia ed attrazione per nuovi abitanti, in perfetta coerenza con lo slogan: “Pensare globalmente, agire localmente” della nuova strategia della Commissione di Bruxelles per riqualificare la coesione sociale entro il 2019.

    Gentile, perché a suo avviso il Governo centrale non dà giusto risalto alle politiche di sviluppo nei centri dell’Appennino che poi rappresentano la spina dorsale del Paese?

    Non siamo nell’agenda del Paese, il Parlamento ed il Governo hanno altre priorità, trascurando che le aree interne rappresentano più del 50% del territorio dell’Italia. Basta pensare che da quattro legislature non si riesce ad approvare una Legge quadro sui piccoli comuni. Io credo che la questione delle aree interne deve diventare una questione nazionale e su tali aree  del Paese si gioca la sfida più importante per attuare il principio di uguaglianza sostanziale consacrato nella nostra Costituzione.

    Come si convive quotidianamente con una viabilità da Terzo mondo che sicuramente non aiuta le popolazioni dell’entroterra, e quanti, vorrebbero dalle metropoli raggiungere borghi come Castel del Giudice.

    E’ uno dei principali problemi, purtroppo è la conseguenza dell’abbandono dei territori. Si interviene in modo occasionale ed emergenziale sulle infrastrutture trascurando la manutenzione ordinaria generando costi molto alti per gli interventi di recupero e rischi per la incolumità delle persone.

    Tre esempi di come si può arginare il dilagante fenomeno dello spopolamento da lei definito un “terremoto silenzioso” che divora le speranze di giovani  e quanti desiderano vivere nella propria terra.

    Il “terremoto silenzioso“ si contrasta con la creazione di sviluppo (sostenibile) e nuova  economia mediante azioni che siano  in grado di attrarre giovani offrendo loro opportunità di futuro. Noi nel nostro piccolo abbiamo dato vita ad un micro modello di sviluppo locale impalcato su due pilastri fondamentali: da una parte il coinvolgimento della comunità locale e dall’altra il ribaltamento della marginalità e dell’abbandono in un paradossale vantaggio. E con questa filosofia il Comune ha promosso la costituzione di tre Società:  la Società Agricola Melise srl per il recupero dei terreni agricoli in abbandono e la coltivazione di mele biologiche;  la Società San Nicola che, – mediante la riconversione della scuola elementare, chiusa da diversi anni per mancanza di iscritti,-  garantisce accoglienza, assistenza sanitaria, prestazioni di recupero a persone non autosufficienti, anziani e disabili nonché assicura lavoro a diverse persone in un’area in cui ancora adesso si emigra per trovare occupazione; la Vello Spa per il recupero e la rifunzionalizzazione del Borgo Tufi, per la realizzazione di un Albergo diffuso mediante la ristrutturazione delle vecchie stalle del Paese. Da poco abbiamo presentato un progetto per la costituzione di una Cooperativa di Comunità: rappresentano un progetto imprenditoriale finalizzato a fornire alle comunità locali, soprattutto nei piccoli comuni della aree “interne”, uno strumento per mantenere il livello essenziale dei servizi e per garantire la creazione di nuovi posti di lavoro.

    Oggi da uno a dieci quanto è soddisfatto di quello che si fa a livello regionale per le aree interne.

    Qualche risultato l’abbiamo ottenuto facendo rete tra tutti gli attori del territorio: Il finanziamento del Gal dell’Alto Molise ne è la prova.

    Non crede sia arrivato il momento di costituire un task force permanente affinché i centri montani possano una volta per tutte far pesare le loro istanze nei palazzi che contano?

    Assolutamente necessario. Abbiamo una grande occasione sia con l’ attivazione del GAL e con la Strategia delle Aree Interne, nell’ambito della Programmazione dei fondi europei 2014/2020. Devono essere la grande occasione per fare  “sinergia”, non solo tra amministratori locali. Io auspico una grande alleanza tra tutti coloro che vivono nel territorio: abitanti, agricoltori, allevatori, artigiani, commercianti, associazioni, professionisti, rappresentanti della Chiesa, che, in  una visione comune, possano intraprendere un percorso virtuoso che garantisca  una valorizzazione adeguata delle nostre aree mediante nuove  significative opportunità di produzione e di lavoro nei comparti del turismo, dei servizi sociali, dell’agricoltura (dove l’idealità ecologica può divenire politica agricola positiva), della rivitalizzazione e valorizzazione degli antichi mestieri, dove possono combinarsi saperi stratificati e innovazione.

    In un contesto come quello dell’Alto Molise anche lei è dell’avviso che a giocare un ruolo centrale deve essere un comune come Agnone? Perché?

    Agnone è il capoluogo del territorio, nessun lo può disconoscere.

    Castel del Giudice è un paese al confine con l’Abruzzo distante una manciata di chilometri da Castel di Sangro. Quali le differenze socio economiche e progettuali che ha notato con i centri della provincia di Isernia ancora ancorati a politiche di sussidio o clientelari.

    L’Abruzzo beneficia di politiche di sviluppo che sono partite prima, soprattutto sul turismo e poi gode di infrastrutture viarie molto più efficienti.

    ps. il nostro articolo ha attirato l’attenzione del quotidiano l’Avvenire che nelle prossime settimane dedicherà uno speciale a quanto accade a Castel del Giudice. 

    mdo

     

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