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  • I cinghiali di troppo sfameranno chi è in difficoltà

    In tempi di crisi la carne di cinghiale potrebbe essere considerata un lusso, «roba da ricchi», ma da domani finirà a costo zero sulle tavole dei bisognosi.  

    Grazie a una convenzione stipulata con il Banco Alimentare, i capi in esubero abbattuti nel Parco del Po saranno destinati alle mense allestite per i 125 mila indigenti piemontesi. Fino a poco tempo fa una parte degli animali catturati dai guardiaparco nell’ambito del programma di controllo regionale, a causa di protocolli molto rigidi, dovevano essere eliminati. Adesso, invece, diventano una risorsa «sociale» di prima qualità.

    Piano di selezione

    Se le associazioni animaliste temono che possano aumentare «prelievi» e le battute di caccia, l’assessore regionale alle Aree Protette, Gian Luca Vignale fuga ogni dubbio: «Nulla cambierà rispetto ai piani faunistici oggi in vigore. Sul nostro territorio abbiamo una presenza di cinghiali tre volte superiore alla norma e l’accordo con il Banco Alimentare si inserisce nell’ambito degli abbattimenti già programmati».

     

    In mensa

    Di certo si tratta di un’iniziativa che non ha precedenti e per il momento i primi 400 chili di carne a «chilometri zero» sono stati già distribuiti, a livello sperimentale, sulle mense torinesi. Il tasso di gradimento è stato altissimo e per il Banco Alimentare del Piemonte è iniziata una rivoluzione:

    «Finora non avevamo mai trattato carne fresca – conferma il presidente Roberto Cena -. Adesso serviamo un prodotto di qualità, dall’alto valore proteico e nutrizionale». Nella sola provincia di Torino il numero dei bisognosi che si rivolgono al Banco ha superato quota 70 mila unità: «I nostri assistiti sono in continuo aumento, ma oggi abbiamo una risposta in più».

     

    Cinghiale come risorsa  

    L’idea del «cinghiale per i poveri» è frutto dell’esperienza pratica: «Spesso gli animali abbattuti durante le campagne di selezione sono stati inviati all’incenerimento con aggravio di costi per il Parco», spiega il direttore Ippolito Ostellino. Che aggiunge: «Le procedure per la commercializzazione della selvaggina sono molto rigorose e i macelli autorizzati pochissimi». Grazie a un accordo con una grande azienda di San Francesco al Campo si è però riusciti a superare l’ostacolo. I gestori si fanno carico dei costi, trattenendo una percentuale di carne per coprire le spese, e nei magazzini del banco arrivano confezioni sottovuoto da 2 chili. «Grazie a questo progetto diamo risposte agli agricoltori che si lamentano per i danni subiti dagli ungulati e, non dobbiamo vergognarci a dirlo, riusciamo anche a contenere i costi delle campagne di selezione – conclude il presidente, Giuseppe Bava -. Ma soprattutto aiutiamo migliaia di famiglie sul territorio».

    da www.lastampa.it

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