• Editoriale
  • Cinghiali: le catture nei Parchi sono maltrattamenti, solo gli abbattimenti selettivi sono etici

    Cinghiali: le catture fatte nei Parchi sono maltrattamenti, meglio gli abbattimenti selettivi.

    Il recente video mandato in onda su Rai Tre nel corso della puntata di “Indovina chi viene dopo cena“, palesemente anti-caccia, evidenzia, forse involontariamente, alcune stranezze praticate all’interno delle zone dove la caccia è vietata. E gli animalisti ipocriti restano il silenzio.

    Anche il più fanatico animalista dovrà ammettere, infatti, che i metodi utilizzati all’interno dei Parchi e ripresi dalle telecamere, cioè la cattura con gabbie e il successivo trasporto al macello, rappresentano qualcosa di molto simile ad un maltrattamento animale.

    Quelle immagini, infatti, sembrano contraddire quello che viene ripetuto pubblicamente dai vari tecnici, stipendiati dai Parchi, in merito alle catture. I cinghiali appaiono stressatissimi, terrorizzati per la cattura. Basta riguardare il video (QUI, ndr) per vedere chiaramente che i cinghiali catturati non sono affatto tranquilli, anzi, si dimenano e spesso si feriscono nel tentativo disperato e vano di liberarsi. Basterebbe rilevare nell’animale catturato il cortisolo o le endorfine per verificare il livello di stress raggiunto. Una pratica sicuramente in contrasto con la normativa sul benessere animale.

    Tra l’altro in quel filmato si raggiunge il massimo del paradosso quando vengono liberati piccoli. Anche il più scalcinato e sprovveduto tecnico faunistico sa che sono proprio i piccoli, i cosiddetti classe zero, a fare maggiori danni alle colture agricole, perché mangiano di più e si muovono di più. Liberare i piccoli è allora un non senso dal punto di vista della gestione faunistico-venatoria, è un errore scientifico che contribuisce a destrutturare la popolazione di cinghiali e ad amplificare i danni alle colture. Sempre nel video si vede che una scrofa viene inseguita da un veicolo a motore nel tentativo di farla scappare dopo che i suoi figli sono stati catturati. Inoltre il cinghiale ha una struttura sociale ben organizzata e vive in gruppo, la separazione degli individui è già una forte fonte di stress.

    Insomma, altro che metodi incruenti, non stressanti ed etici di contenimento della specie cinghiale. Sono metodi ipocriti quelli messi in atto nei Parchi: se le catture, fatte in quel modo come mostrato in video, venissero praticate al di fuori di un Parco sarebbero additate come maltrattamenti verso gli animali e scatenerebbero le ire degli

    animalisti. Siccome però quei metodi sono utilizzati da un ente Parco vanno bene. Pura ipocrisia, visto che poi quegli animali finiscono macellati, venduti e mangiati. Ma se non si vede il sangue va tutto bene per gli animalisti…

    Questa pratica delle catture, tra l’altro, è una invenzione tutta italiana, perché non ci risulta che nel resto d’Europa si utilizzino questi maldestri strumenti per la gestione della fauna selvatica, tra l’altro forse anche in contrasto con la normativa comunitaria.

    Ovunque, in tutto il mondo, la gestione della fauna selvatica viene fatta mediante abbattimenti selettivi. Una fucilata ben piazzata in zona vitale, mentre l’animale è al pascolo, libero e tranquillo. Nessuno stress, perché l’animale muore sul colpo, senza nemmeno accorgersene. Un prelievo pulito, efficace e selettivo, perché il cacciatore di selezione sceglie, in base ad un piano di prelievo stabilito, l’animale da tirare: sesso e classe d’età.

    Ma davvero gli animalisti e i colleghi stipendiati con denaro pubblico di Rai Tre fanno fatica a comprendere queste ovvietà? E perché nessuna associazione venatoria usa questi argomenti per replicare ai fanatici anti-caccia?

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

    tel: 3282757011

     

     

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