• Editoriale
  • Il disastro della sanità in Molise

    Lunedì 22 luglio a Campobasso si è tenuta un’assemblea pubblica in Piazzetta Palombo organizzata dai comitati di base in difesa della sanità pubblica.

    Ovviamente, come tutti i cittadini sensibili alla soluzione dei problemi della società in cui vivono, eravamo presenti e abbiamo anche cercato di manifestare le nostre idee in proposito.

    Abbiamo anzitutto espresso la riconoscenza a quanti insieme a noi nel Forum per la sanità pubblica e negli altri comitati si sono impegnati in un’opera di elaborazione di idee e nell’organizzazione di un confronto serrato con le istituzioni per impedire il percorso sciagurato della privatizzazione del sistema sanitario che da anni avanza a danno soprattutto dei cittadini più indigenti che non possono permettersi il pagamento delle prestazioni.

    A Piazzetta Palombo c’era qualche sindaco e diversi esponenti del mondo politico regionale che, ad eccezione del sindaco di Isernia rimasto fino alla fine ed intervenuto nel dibattito, si sono fermati un po’ davanti alla telecamere,  hanno ascoltato qualche intervento e poi sono spariti alla spicciolata.

    Presenti i rappresentanti dei diversi comitati di base regionali da Campobasso, Isernia, Venafro, Termoli, Larino e Agnone; c’erano anche diversi iscritti a Libera Molise con il loro coordinatore regionale, mentre mancava il mondo dell’associazionismo cattolico.

    Poco la spazio che la stampa locale ha dedicato all’evento.

    Il lavoro fatto nelle associazioni ha avuto una sua funzione fino alla manifestazione del 18 maggio del 2016 che vide a Campobasso la presenza di circa cinquemila partecipanti; poi non si è riusciti a capitalizzare quella forte coscientizzazione dei cittadini perché a nostro avviso si è commesso il grave errore politico di abbandonare la lotta e di privilegiare i ricorsi amministrativi e la richiesta di confronto con i diversi livelli istituzionali o commissariali di cui non si è capito che in effetti erano cinghie di trasmissione delle decisioni prese dai diversi governi di centro-destra, di centro-sinistra e giallo-verde, tutti orientati a ridimensionare il welfare e a privatizzare la sanità attraverso P.O.S. che sistematicamente tagliavano i servizi nel pubblico e aumentavano i finanziamenti alla sanità privata.

    Dovremmo avere tutti con chiarezza il percorso politico decisionale che ha portato allo sfascio della sanità pubblica con la chiusura di intere strutture ospedaliere o di loro reparti perfino nella neurochirurgia, mentre anche nella diagnostica la situazione si aggrava nel pubblico e spuntano invece come funghi poliambulatori privati in diversi centri della regione.

    La medicina territoriale è catastrofica e da poco ci troviamo di fronte ad un comunicato dell’ASREM che recita come segue Si comunica che l’attività operatoria di neurochirurgia in emergenza non possono essere più assicurate presso l’Ospedale Cardarelli di Campobasso e pertanto é prevedibile che i Pronto Soccorso dei plessi ospedalieri dell’Asrem possano indirizzare eventuali emergenze neurochirurgiche verso l’ospedale di Teramo dove é presente l’Unitá Operativa di Neurochirurgia”.

    È chiaro a tutti, almeno speriamo, che in presenza di più patologie tempo-dipendenti in regione un malato viene spedito presso un centro ospedaliero la cui raggiungibilità, soprattutto nel periodo invernale, diventa davvero ancora più problematica ed altamente rischiosa per la vita.

    Questo disastro della sanità pubblica nel Molise, ma in generale in Italia, ha come cause fondamentali la regionalizzazione del servizio sanitario, il Decreto Balduzzi, l’assoluta incapacità delle classi dirigenti regionali a gestire il fenomeno, la diminuzione dei fondi del budget pubblico e l’aumento di quello alla sanità convenzionata, l’intramoenia gestito come sanità privata nel pubblico e da ultimo la nomina dei cosiddetti commissari ad acta che ovviamente non solo non mettono mai le mani sugli errori gestionali dei fondi pubblici, ma continuano nel percorso indicato loro dai governi.

    L’errore fondamentale fatto dalla politica in Molise è stato quello di gestire la sanità come un bancomat per le campagne elettorali, di sperperare soldi sulle moltiplicazioni delle unità operative e di lasciar pensare ai cittadini che i servizi di eccellenza si potessero avere solo con strutture private e non con quelle pubbliche come normalmente è invece avvenuto altrove nel nostro Paese.

    Dunque quanti di noi hanno operato da anni in difesa della sanità pubblica si trovano davanti a sconfitte dalle quali bisogna ripartire per capire che solo l’eliminazione dei finanziamenti alla sanità privata e una gestione razionale di quella pubblica può creare un’inversione di tendenza nel processo in atto.

    L’imprenditorialità privata ha diritto di esistere, ma deve autofinanziarsi e non essere sovvenzionata dallo Stato pur potendosi scegliere a suo vantaggio i servizi da erogare per un profitto senza rischi.

    Lo Stato deve rivedere l’intera politica sul welfare che in Italia era uno dei migliori al mondo e che oggi sta davvero precipitando nell’inefficienza.

    Tutti i comitati di base allora, che dovrebbero pensare seriamente ad un loro coordinamento o addirittura ad una loro unificazione per evitare posizioni localistiche o settoriali, hanno anzitutto la necessità di lavorare in sinergia per definire quelle che dovrebbero essere le linee per il prossimo P.O.S.

    Su ipotesi di ricostruzione razionale di una sanità pubblica di qualità sarà possibile poi coscientizzare i cittadini molisani su un percorso di lotta che deve essere innalzata, portata direttamente al governo nazionale superando la stanca e inutile richiesta di confronti alle classi dirigenti locali o ai Commissari ad acta che fin qui non hanno dato alcuna garanzia per la tutela della salute dei molisani.

    Portare in alto il livello della lotta per una popolazione intorno ai trecentomila abitanti, come abbiamo scritto già in passato, richiede lo studio di strategie operative che potrebbero partire da una grande manifestazione a Roma e proseguire nella richiesta di dimissioni collettive ai sindaci o nell’astensione dal voto in tutte le tornate elettorali.

    Questa a noi sembra un via radicale ma percorribile per ottenere diritti negati in un settore così delicato quale quello della sanità.

     

     

     

     

     

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.