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  • Don Alberto Conti su “Avvenire”: «I nostri diritti negati da una politica indegna»

    «Dobbiamo batterci per vivere. Per il diritto alla salute anzitutto, con la sanità decapitata dai tagli. Ci vogliono quaranta minuti di strada dissestata per arrivare al “Caracciolo” di Agnone, che con centocinquanta posti letto una volta era ospedale d’eccellenza e oggi è stato ridimensionato a presidio di zona disagiata. La sua sorte pareva segnata, perciò lo scorso 10 novembre la diocesi ha scelto di far partire dal pronto soccorso una marcia della pace, ma negli ultimi giorni si è riaccesa una piccola speranza di salvarlo. I posti sono di nuovo occupati dai pazienti acuti degli altri ospedali molisani la cui sorte, però, non è chiara».

    E’ un passaggio dell’articolo a firma di Paolo Lambruschi, inviato di “Avvenire“, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, che nei giorni scorsi si è recato in Alto Molise e Alto Vastese per incontrare don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana di Trivento. Il focus dell’articolo è lo spopolamento dei centri montani, pubblicato proprio alla vigilia dell’evento “MontagnAperta” in programma per il fine settimana a Capracotta. E don Alberto Conti non ha usato mezzi termini per dipingere la realtà di chi vive nei comuni dell’entroterra.

    «I nostri diritti, anche quelli fondamentali, sono negati da una politica indegna. Dopo l’estate restare in questi paesi è una forma di resistenza». «Se c’è un simbolo dello spopolamento delle aree interne italiane, che colpisce il sessanta per cento del territorio nazionale, – commenta l’inviato di “Avvenire” – è questa diocesi di 50mila abitanti, tra le più piccole del Belpaese, divisa con i suoi suggestivi borghi arroccati tra Abruzzo e Molise. Perché don Alberto aveva previsto tutto 30 anni fa e oggi ci troviamo nel cuore della desertificazione demografica nazionale».

    Da sinistra don Ciotti, il sindaco Paglione e don Alberto Conti a Capracotta

    «Appena nominato direttore della Caritas – spiega il parroco – commissionai uno studio al Cnca in cui si prevedeva lo spopolamento che si vede oggi. “Nel 2030 ci saranno solo lupi e cinghiali”, titolarono i giornali, ma non mi ascoltò nessuno, anzi». «Intanto il Molise – prosegue don Alberto – perde undici abitanti al giorno, circa quattromila all’anno». Il fatidico 2030 della ricerca si avvicina, eppure questa è definita l’Italia più vera e genuina e va salvata. Si spopola per motivi demografici, per il clima mutato, ma soprattutto per scelte politiche che guardano troppo ai numeri e poco alle persone.

    «Anche la mobilità è difficoltosa. – commenta il giornalista – I collegamenti diretti interregionali tra Alto Vastese e Alto Molise sono bloccati da quattro anni, quando il viadotto Sente Longo è stato chiuso per danni riscontrati dai controlli post tragedia del ponte Morandi a un pilone che reggeva una delle strutture più alte d’Italia. Secondo gli operatori economici locali le tortuose deviazioni per andare da Castiglione Messer Marino, provincia di Chieti, a Belmonte del Sannio, provincia di Isernia, sulla ex statale Istonia hanno fatto perdere il trenta per cento all’economia di due territori depressi. Riaprire il viadotto costa quaranta milioni, l’unica speranza di reperirli è far tornare all’Anas la gestione. Ma anche i collegamenti intercomunali sono precari come dimostra la statale Trignina, strategica per la connessione tra aree interne e costa, ribattezzata “strada killer” per i numerosi incidenti stradali. I sindaci dei paesi molisani e abruzzesi della valle si stanno battendo con le istituzioni per metterla in sicurezza e raddoppiarla».

    Ora cresce l’attesa per l’evento “MontagnAperta” di Capracotta, una tre giorni dedicata proprio allo spopolamento delle “terre alte”. «La montagna ha bisogno di vivere e dunque servono quei servizi essenziali di cui sentiamo sempre e solo parlare: una sanità di prossimità, scuole e mobilità su strade che non siano più “mulattiere“. – ha spiegato il sindaco di Capracotta, Candido Paglione – La montagna può vivere una stagione nuova. In questi tre giorni di “MontagnAperta” non faremo solo chiacchiere, ma daremo una ricetta, tracceremo una strada da percorrere per la quale però ci serve la collaborazione delle istituzioni a tutti i livelli».

    Francesco Bottone

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