• News
  • Emissioni inquinanti nella Val Trigno, le associazioni contro l’ampliamento della Granito Forte

    FRESAGRANDINARIA – Centinaia di tonnellate di emissioni in val Trigno dal Cromo allo zinco passando per polveri, piombo, acidi, cobalto e antimonio. Ricadute anche in Molise.

    Le associazioni: «Il progetto di ampliamento della Granito Forte sia sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale».

    L’impianto vuole raddoppiare la produzione di piastrelle portandola a oltre 1000 tonnellate al giorno. Gli ambientalisti parlano di «ricadute di sostanze quali polveri, ossidi di azoto, alcune con picchi preoccupanti. Criticità nel procedimento, esclusa la Regione Molise e autorizzazioni concesse prima della procedura di V.I.A».

    Pubblichiamo, di seguito, le osservazioni delle associazioni ambientaliste  NUOVO SENSO CIVICO ONLUS, FORUM H2O e STAZIONE ORNITOLOGICA ABRUZZESE ONLUS in merito ad un ampliamento produttivo di un’azienda sulla fondovalle Trigno.

    «Il progetto di raddoppio della capacità produttiva di piastrelle presentato dalla Granito Forte a Fresagrandinaria (CH) in Val Trigno provocherà un fortissimo aumento di emissioni in atmosfera con decine e decine di tonnellate di sostanze inquinanti, dalle polveri al piombo passando per l’acido cloridrico e il cromo. Nuovo Senso Civico, Forum H2O e Stazione Ornitologica Abruzzese chiedono che il progetto venga sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale ed evidenziano alla Regione Abruzzo diverse criticità sulle procedure autorizzative finora seguite dallo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) dell’Associazione dei Comuni del comprensorio Trigno-Sinello. L’azienda intende raddoppiare la produzione di piastrelle superando le mille tonnellate di prodotto al giorno. Per fare questo chiede un’autorizzazione che preveda i seguenti limiti emissivi dalle decine di camini già esistenti e da quelli nuovi derivanti dall’attivazione della linea 7 e del terzo atomizzatore:

    a)Antimonio: 1.045 kg/anno

    b)Polveri: 115,6 tonnellate/anno

    c)Piombo: 823,6 kg/anno

    d)Cromo: 1.045 kg/anno

    e)Cobalto: 715,3 kg/anno

    f)Stagno: 1.045 kg/anno

    g)Acido cloridrico: 13,98 tonnellate/anno

    h)Composti Organici Totali: 139,8 tonnellate/anno

    i)Aldeidi e fenoli: 55,9 tonnellate/anno

    l)Ossidi di Zolfo: 209,7 tonnellate/anno

    m)Ossidi di Azoto: 330,6 tonnellate/anno

    Per moltissime di queste si richiede un aumento dei limiti di emissione annuale di oltre il 60% rispetto all’autorizzazione vigente. Tutte aumentano tranne il Nichel per il quale si avrà una riduzione molto limitata (7,77%). Rispetto alle autorizzazioni oggi vigenti l’Azienda sostiene nei monitoraggi di emettere sensibilmente meno, anche se per alcune sostanze si parla comunque di decine di tonnellate/anno. In ogni caso, l’azienda sarebbe autorizzata ad emettere le quantità sopra indicate ogni anno. Alcune di queste sostanze inquinanti sono persistenti nell’ambiente e possono accumularsi. Inoltre il modello di ricaduta presentato dall’azienda, limitato ad alcune di queste sostanze, segnala episodi di picchi di concentrazioni di polveri molto elevate (oltre 164 microgrammi/mc) nel centro urbano di Fresagrandinaria. I tecnici dell’azienda sostengono, in maniera auto-referenziale visto che non citano alcuna bibliografia, che tali picchi non sarebbero problematici. Le associazioni nelle osservazioni hanno invece richiamato diversi prestigiosi lavori scientifici pubblicati sulle migliori riviste mediche che dimostrano l’esistenza di potenziali danni alla salute anche gravi, soprattutto in bambini asmatici e persone con patologie respiratorie e cardiache, per esposizioni a picchi così elevati di concentrazione di polveri. Per gli ossidi di azoto, invece, lo studio dell’azienda ammette un superamento dei limiti giornalieri per 15 giorni l’anno, sul limite di 18 giorni previsto dalla UE. A parte i fattori di incertezza insiti nei modelli, si evidenzia che non hanno preso in considerazione le emissioni cumulate con quelle delle altre fonti emissive pure presenti nell’area (altre fabbriche, traffico veicolare ecc.). Solo così si può verificare se il limite complessivo di giorni/anno viene superato. Le ricadute di tali emissioni coinvolgono anche due Siti di Interesse Comunitario (IT7140127 “Fiume Trigno” e IT7228226 “Macchia Nera – Colle Serracina”), posti, rispettivamente, a soli 100 e 300 metri dall’impianto. Nonostante le ricadute interessino anche il territorio molisano e, in particolare, il territorio di Mafalda (CB), come evidenzia lo stesso studio depositato dall’azienda, la regione Molise non risulta coinvolta nel procedimento. Lo studio di incidenza non solo è stato allegato alla pratica in maniera frammentaria per estratti, cosa ovviamente inaccettabile, ma questi ultimi sono anche fuorvianti. Infatti appare veramente incredibile (e, diremmo, anche esilarante) la tabella in cui si fa un lungo elenco di specie e di habitat sostenendo che essi sono assenti… all’interno del perimetro aziendale! Beh, se lo chiedevano a noi (o anche ad un passante, in verità) saremmo arrivati, anche con una risposta telefonica o per email, alla stessa conclusione. Oppure volevano chiarire a tutti che il Nibbio reale non nidifica su uno dei camini sul tetto dell’azienda? Oppure che un habitat potesse svilupparsi nel piazzale usato come deposito delle materie prime? L’azienda stessa è esterna ai due SIC ma le ricadute dei fumi avvengono nelle due aree importanti per fauna e flora. È del tutto evidente che le analisi sull’incidenza sui SIC non può che svilupparsi nei SIC stessi dove habitat e specie sono segnalati! Con emissioni di tali portate era indispensabile uno studio approfondito di campo sullo stato attuale della vegetazione e un’analisi critica fondata su bibliografia sui danni che potrebbero essere arrecati alle rare specie di piante presenti, disamina completamente assente nella documentazione depositata. Le associazioni, giusto per esemplificare i potenziali problemi, hanno invece richiamato nelle osservazioni i risultati di ricerche pubblicate su prestigiose riviste scientifiche in cui si mettono in evidenza tutti i gravi impatti di sostanze quali antimonio, cobalto e altre sulla vegetazione.
    Infine le associazioni rilevano quelle che appaiono importanti criticità nell’iter autorizzativo seguito. Due su tutte:
    a) l’impianto è già stato ingrandito nel passato ma questi ampliamenti non risultano essere stati sottoposti a Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. (screening) quando la norma sulla V.I.A. prescrive che ogni ampliamento di una certa consistenza debba essere assoggettato almeno allo screening;

    b )il SUAP risulta aver concluso la procedura di autorizzazione per la realizzazione delle nuove strutture (capannone ecc.) in assenza della Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. che, invece, dovrebbe essere un atto propedeutico a qualsiasi altra autorizzazione. Ricordiamo che la procedura viene svolta su tutti i potenziali impatti e non solo su quelli derivanti dalle emissioni. La legittimità di tali autorizzazioni è, quindi, perlomeno dubbia».

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.