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  • ESCLUSIVO – Tumore al seno a 28 anni, Anna Maria: «Ho vinto io»

    CASTELGUIDONE – Il suo nome è Anna Maria Salvatore, 28 anni, di Castelguidone, ma da oltre tredici anni vive a Roma per lavoro. La sua storia è una di quelle speciali, a lieto fine. «Ho vinto io» c’era scritto sulla torta con la quale ha festeggiato nei giorni scorsi. La sua vittoria è la vittoria della vita, nel senso letterale del termine. Perché Anna ha sconfitto un cancro al seno.
    A ventotto anni scoprire di essere malata, di avere un tumore, è una mazzata di quelle che ti lasciano senza fiato. Anna ha decisio di lottare, di non darla vinta a quel maledetto cancro. E alla fine ha vinto lei. Ha vinto la vita.
    E dopo la festa con gli amici Anna ha deciso di raccontare la sua storia in escluvia all’Eco. Una storia che offre alle donne e a tutti i malati fiducia, speranza e felicità, perché il cancro, grazie a Dio e alla medicina, non è più un male incurabile.
    ho vinto io
    Anna, allora, come è iniziato il tuo incubo?
    «Ad agosto sotto la doccia mi accorgo di avere un nodulo al seno sinistro. Ero in vacanza in Grecia. Capii subito che era qualcosa di serio. Turbata, appena rientrata dalla vacanza vado a fare un’ecografia. Il medico vedendo l’immagine ecografica mi ha rassicurata. Non era affatto preoccupato. Mi disse che le ragazze della mia età sono predisposte a cisti ormonali, ma comunque, visto che ero preoccupata, mi disse di fare una visita senologa e mi consigliò la chirurga senologa Smeralda Di Fazio, presso l’ospedale Fatebenefratelli Roma. Il caso ha voluto che lì in ospedale conosco una coppia di amici, Marco e Valeria, che mi hanno aiutata in tutti i modi. Vado al primo appuntamento. La dottoressa Di Fazio mi fa fare subito una serie di controlli. Ogni giorno c’era una visita, analisi da fare. Non ci capivo più niente. I medici non si pronunciano. L’ansia cresce sempre di più. Chiedevo se poteva essere un tumore e niente nessuna risposta. L’ultimo controllo l’ago aspirato. Sette giorni per il risultato e da lì inizia il mio tunnel».
    La diagnosi è stata di un tumore? Cosa hai provato in quei momenti?
    «Appuntamento con la Di Fazio per la risposta. Mi disse “siediti, ho una brutta notizia, hai un carcinoma maligno di 12 cm”. Ed io: Un tumore? Lei: “Sì”. Il mondo mi crolla addosso. Inizio a piangere. Lei mi disse di piangere solo mezzora perché poi mi dovevo tirare su. Una serie di consigli. Esco di lì. Cercavo una finestra, mi sentivo svenire. C’era Valeria. Mi abbraccia senza chiedermi nulla. Appena riprendo coscienza chiamo subito la mia amica Livia, mi sente piangere, ed inizia a farlo anche lei. Dopo questo shock terribile vado a lavoro solo Dio sa come. Non volevo dirlo a nessuno, non volevo che la gente mi guardasse come una persona malata».
    anna con il medico
    E qundi hai tenuto la notizia tutta per te? Lo avrai detto a qualcuno, per farti aiutare?
    «Nei giorni a seguire ne parlo con i miei fratelli Angelo e Antonino; un colpo per loro, mi sentivo in colpa io per averli feriti, ma avevo bisogno di loro . Una settimana dopo arriva anche Luigi, mio fratello che vive in Costa Rica. Diciamo che l’unica cosa bella in quel momento sono stati i miei nipotini che ogni giorno mi distraevano, mi riempivano il cuore. Decido di non farlo sapere ai miei genitori che vivono a Castelguidone, sarebbe stato un problema in più preoccuparmi anche di loro. Non so, forse hosbagliato, ma ad oggi è stato meglio così. Mio fratello Luigi rimane poco in Italia, io nel frattempo continuo a fare visite, tac con contrasto di continuo. Lavoravo ininterrottamente. Cercavo di farmi forza sempre di più mi dicevo: ce la devo fare. La mia amica katia era stravolta, Roberta anche. Io feci loro una promessa, che se ne fossi uscita viva avremmo fatto una bella festa. La seconda opzione sarebbe stato un funerale, ma non doveva succedere».
    Già determinata sin dall’inizio a sconfiggere il tumore. Poi cosa è successo? Hai fatto qualche intervento chirurgico?
    «Dopo un mese di visite e accertamenti l’intervento, a ottobre. Non vedevo l’ora di togliere questo mostro che cresceva sempre di più. Ed ecco il ricovero al Fatebenefratelli, un ospedale niente male a differenza di altri. La mia stanza piena di vecchiette con lo stesso male, ero la più giovane e la più coccolata da medici ed infermieri. Hoincontrato gente meravigliosa e di cuore. Ricordo i medici che mi guardavano stupidi e preoccupati. Il giorno dell’ intervento ero felice e senza paura entrai in sala operatoria. La dottoressa Di Fazio prima dell’anestesia mi si avvicina, dandomi una carezza sul viso, un gesto di conforto. La suora invece mi misura la pressione, era molto bassa, mi guarda e mi dice: “Ma sei viva? Di solito qui sotto hanno tutti paura, tu no”. Ed ecco l’anestesista che tra un giro di chiacchiere mi addormenta. Quel giorno ero circondata di gente, nella mia stanza, ma ovviamente l’anestesia era forte, ero stordita. Il giorno dopo stavo benino, mi sono alzata e mi hanno dimesso dopo soli quattro giorni dall’intervento che è andato bene grazie a Dio».
    anna festeggia
    E così hai tolto quel “mostro” dal tuo corpo. Poi, il dopo intervento?
    «Bisognava aspettare il risultato istologico, così ancora dieci giorni di terrore. Bisognava capire quanto era cattivo il tumore. Il risultato negativo, i valori ormonali erano alti, ma non avendo metastasi non c è stato bisogno di chemioterapia, così l’Oncologia decide di farmi fare una cura ormonale. Per cinque anni menopausa chimica e radioterapia  per die mesi. Inizio subito la radio. E’ dura, è stato uno strazio infinito per due mesi. Attraversavo la capitale ogni giorno per la radio e poi al ritorno, sfinita, di corsa a lavoro in tabaccheria, fino alle 23.30. Finisco di lavorare e alle 13 di nuovo la mia dose di radiazioni. Anche in radioterapia mi hanno accolta e presa a cuore tutti. Era ogni giorno un sorriso, un bacio e abbracci per me. Anche lì tutte vecchiette».
    Lavoro e ospedale, per lunghi mesi, hai dimostrato una forza d’animo incredibile. Poi il lieto fine, giusto? 
    «L’ultimo giorno di radio, il giorno più bello: il 28 febbraio. Finisco la radio nel mio buncker. Esco e mi trovo tutti i tecnici di radioterapia che mi aspettano fuori per farmi un applauso. Io ero sfinita, ma felice, felice, felice. Uscendo di lì scendo sotto il lungotevere e do un urlo liberatorio, da pazza, ma ne avevo bisogno. Ora sono guarita e sto riprendendo in mano la mia vita».
    ho vinto
    E come ti ha segnato questa esperienza? 
    «Sono una persona diversa, ma migliore. E’ stata un’esperienza terrificante, ma sono donna con la D maiuscola, come dice la mia psicologa».
    E ha ragione la tua psicologa. E quindi poi hai dovuto mantenere la promessa, la festa con le amiche.
    «Certo, la festa con tutte le persone che mi sono state vicino, ciascuna a modo suo. Eravamo circa trenta, tutti per me, tutti felici. All’arrivò della torta un minuto di silenzio… e poi il delirio di applausi e abbracci. Adesso dovrò fare controlli periodici, ma posso dire che ho vinto una guerra davvero».
    Non una guerra, ma la guerra. La guerra per la vita. La sua vita.
    «Noi giovani viviamo di sogni. Il mio sogno era solo guarire».

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

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