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  • Il fondo di Franco Cianci/ Populismi pericolosi

    Il lentissimo processo di unificazione dell’Europa, i cui visionari nuovi, vecchi e remoti, contemplativi e idealisti, dal molisano Vincenzo Cuoco, il progenitore di una Europa unita, con il suo famoso “Platone in Italia” (recentemente edito da Laterza, sotto l’egida del Rotary club di Termoli) a uomini della tempra di Altiero Spinelli, Sandro Pertini, che, nell’esilio di Ventotene, pubblicarono, per primi, il famoso, memorando Manifesto di Ventotene, ebbero la visione, quasi delirante, di finalmente porre fine alle guerre fratricide, che si erano consumate in larga parte dell’Europa.

    Ad essi si associarono, nella medesima visione, straordinari uomini politici, come Henry Spaak; Adenauer; Schuman; Alcide De Gasperi; Gaetano Martino; un politico molisano, particolarmente popolare, Francesco Colitto (membro della Commissione dei 75, per la redazione della Costituzione Italiana).

    Ma tale processo viene fortemente, pericolosamente ed ulteriormente, rallentato da idee, che potrebbero anche in qualche parte apparire condivisibili (come ad es., la contestabilità oggettiva del “patto di stabilità” fortemente voluto dal Ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schawble, che già nel 1996 aveva progettato questa sua idea, con la quale, in contrasto con il trattato di Maastricht, privilegiava la “stabilità” piuttosto che la “crescita”), ma in realtà fortemente contro la storia della unificazione europea.

    Queste idee frastornano in verità e corrompono l’idea di una nuova entità unitaria, gli Stati Uniti d’Europa, di forza pari a quella degli Stati Uniti d’America.

    Plateale il volta-spalle dei deputati inglesi di Farage, alla orchestra che il 1 luglio suonava l’”inno europeo alla gioia” di Ludwig Van Beethoven, nella immensa aula del Parlamento europeo, e l’ostinazione a rimanere seduti di Marine Le Pen , di Jean Marie Le Pen, da cui, per fortuna, si sono dissociati i grillini italiani.

    Al tema di una Europa unita, chi scrive, dedicò il proprio Congresso governatoriale del suo anno (95-96), dal titolo : “Dall’Europa delle Patrie agli Stati Uniti d’Europa”.

    In effetti, l’Europa non aveva mai vissuto, dopo la seconda guerra mondiale, un periodo così lungo di pace duratura .

    Frastagliata e divisa da mille tensioni, da mille conflitti, da mille rivalità, da intense dialettiche e da contese spesso sanguinarie sui confini, (come i recenti scontri in Ucraina, sostanzialmente appartenente all’Europa) e così via, essa è stata perennemente in guerra, e, quindi, il sogno di vedere una Europa unita, visionariamente pacifica, tesa a conquistare obiettivi comuni, esaltanti, è pericolosamente affievolito.

    Gli elementi disgreganti sono molteplici e appaiono, in questo particolare momento storico, in cui si sta capovolgendo il mondo, particolarmente pericolosi ed insidiosi.

    Nigel Farage è un politico britannico, leader dell’UKIP, la cui leadership ha svolto anche nel corso del precedente Parlamento Europeo, nel quale è stato deputato (dal settembre 2006 al novembre 2009, e co-presidente del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia dal 1º luglio 2009).

    Il personaggio è sostanzialmente un populista, che cavalcò, già prima, l’idea autonomista, concorrendo alla vittoria delle tesi sul rifiuto della moneta europea (euro), per tutelare la moneta inglese (la sterlina), che aveva in effetti una storia consolidata che non poteva essere demolita con facilità.

    Questi sostiene, ad es, la chiusura totale delle frontiere alla immigrazione, si esprime con termini come : “quando viaggio in treno non posso sopportate gli stranieri e che si parli in rumeno”;gli omosessuali mi fanno schifo”, “non dobbiamo aiutare i bongo bongo” (ovvero i Paesi dell’Africa intera); “l’euro è la tragedia della Unione Europea”, cioè, una serie di spot, che riescono a fare presa e breccia su molta gente, come hanno dimostrato gli ultimi avvenimenti elettorali ,ma che, nella visione anticipatrice ed illuminista di una Europa solidale ed unita, non dovrebbero trovare ospitalità ed ascolto.

    Egli ha prodotto, nelle elezioni, una consistente crescita del suo movimento, facendosi rieleggere, come Parlamentare europeo, e tenta di intrecciare rapporti con altri gruppi, facendo fatica a trovare i numeri sufficienti per la formazione di un gruppo consiliare nel Parlamento Europeo, costituito in larga misura da tre grandi raggruppamenti politici: il Partito Popolare, il Partito Socialdemocratico; il Partito Liberale .

     Marine Le Pen , a sua volta, oggi a capo della F.N., figlia ed erede di Jean Marie Le Pen, il fondatore del movimento, ha sconvolto ogni previsione, schiacciando e riducendo, a cifre mai così basse, il Partito Socialista francese, ed è, più o meno, sulle medesime tesi di Farage.

    Anche per lei la bestia nera sono le frontiere meridionali dell’Europa a cagione della massa di immigrati (effettivamente inquietante – oltre 40 mila dall’inizio dell’anno – ), contro cui esprime l’intento di chiuderle tutte e di respingere brutalmente in mare ogni tentativo di approdo, disperato e spesso mortale, sulle coste meridionali d’Europa, ovvero le masse di rifugiati politici, di perseguitati, di torturati.

    La tesi in qualche modo seduce, ma si pone del tutto in contrasto con la grande idea di una Europa Unita.

    Si dimentica evidentemente che gli USA nel diciannovesimo secolo, e, in parte, nel ventesimo secolo, si arricchirono, potenziando enormemente le loro strutture, grazie alle aperture, quasi bibliche, ai flussi, creativi e meravigliosi di quelli che sarebbero stati, poi, chiamati gli afroamericani (basti pensare alle musiche di New Orleans e a tutto il jazz e al blues, all’atletica, alle predicazioni e ad altro).

    Grazie agli immigrati vi furono dissodamenti, le grandi colture di cotone, le conquiste pionieristiche di larga parte del territorio americano (si ricordi Furore di Steinbeck e i grandi romanzi di Faulkner). L’America divenne così la più grande potenza del mondo.

    Il Mar Mediterraneo – luogo terribile, di transizione, di passaggio e di navigazione, spesso mortale, che sarei tentato di assimilare al fiume dantensco, con i traghettatori Caronte di turno – non interessa affatto né smuove la pìetas di Le Pen e degli altri guru degli odierni populisti.

    Ed ecco Grillo – il cui partito è uscito ridimensionato nelle elezioni del 25 maggio – che lancia messaggi furenti contro tutto e tutti, eleggendo a bersaglio principale il Presidente della Repubblica, pronunciando tesi estreme come il processo già da me citato, contro l’Europa, contro le più svariate classi sociali, svelando, a Bruxelles, il suo vero volto, in sintonia con il leader inglese e pattuendo con lui indecifrati obiettivi di internazionalismo, nel Parlamento Europeo, e così rivelando le sue intime convinzioni. Matteo Salvini, leader della Lega nord, propone, a sua volta, sempre a Bruxelles, alleanze e collaborazioni, nel Parlamento Europeo, mediante la costituzione di un gruppo comune con Marine Le Pen.

    Il quadro prevalente di una destra europea, che va dall’Inghilterra alla Francia, all’Italia, all’Austria (Carinzia in prevalenza, la patria di Hitler) alla Bulgaria, all’Ungheria, costituisce il travaglio più difficoltoso nel processo di gestazione e di formazione completa della comune Europa.

    Cosa si attende? Quale la fine di questa impollinazione di sementi di destra estrema, che si posano da una gemma ad un’altra dei populismi europei?

    Non che questi movimenti non abbiano una qualche legittimazione e seduzione, ma l’obiettivo comune è quello della unità dell’Europa, già remotamente cuochiana, dell’approfondimento delle sue politiche comuni ovvero l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa: una comune politica estera; una difesa comune; un programma di crescita economica e dell’occupazione; di una green economy, di una lotta senza quartiere, contro le forme di surriscaldamento del pianeta; di collaborazione stringente con gli altri grandi gruppi sociali emergenti, con PIL strepitosamente crescenti. E infinite altre forme di collaborazione comune anche con i Paesi africani, se si vuole evitare la emigrazione senza misura. Una politica, dunque, di grandi ideali, storici, culturali, economici, di pace. E’, questo, il solo quadro da opporre ai populismi pericolosi e, capaci, di destabilizzare le grandi visioni di una Europa Unita. In altri termini salvare ed approfondire lo spirito di Ventotene, di Schuman, di Spack, di De Gasperi, di Martino.

     

     

    di Franco Cianci

     

     

     

     

     

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