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  • Murati per isolare gli infetti in quarantena, l’esempio arriva dalla provincia di Isernia

    (ANSA) – ISERNIA, 16 MAR – Dal Molise che non esiste al Molise esempio virtuoso ai tempi del Coronavirus, in particolare per i dati che arrivano dalla provincia di Isernia, al momento libera da casi accertati di Covid-19. Ma come andarono le cose durante le pestilenze del passato? “Non esistono documenti specifici sull’intero territorio pentro – racconta lo storico isernino Franco Valente – bisogna sempre far riferimento alla Storia del Regno di Napoli, ma esiste una relazione dettagliata di ciò che accadde a Venafro durante la peste del 1656, compilata da un medico del posto, Ludovico Valla, pubblicata nel 1975 da Gennaro Morra“. Straordinari i dettagli che il medico fornisce relativamente agli scafandri utilizzati per evitare il contagio e alla quarantena, oggi come allora unico modo per bloccare l’epidemia. “I venafrani non colpiti dal morbo del ‘600 – racconta Valente citando la relazione di Valla – furono isolati murando due archi: quello di Porta Nuova e quello di San Lazzaro. La zona fu resa, così, inaccessibile a tutti e si salvarono 1000 persone, come ricorda una lapide in Piazza Cimorelli”.
    Quanto agli scafandri “il medico li descrive come simili a becchi di uccello per proteggere le vie respiratorie”.
    L’ospedale, il lazzaretto, fu allestito nell’area della chiesa e del convento di San Nicandro. Per la città di Isernia da un diario capitolare si evince che morirono 2030 persone. (ANSA)

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