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  • Una petizione on line per zittire l’Eco: la libertà di stampa vista dalle maestrine di sinistra

    AGNONE – “Per la libertà di stampa e contro #hatespeech sui giornali dell’Alto Molise-Alto Vastese”. Si chiama così la petizione lanciata on line contro l’odio razziale seminato dai cronisti dell’Eco. Una petizione indirizzata all’Ordine dei giornalisti del Molise e dell’Abruzzo, che da ieri a oggi ha avuto già o appena, fate voi, trentasei sottoscrittori.

    Pubblichiamo di seguito, compreso di errori ortografici e grammaticali, il testo integrale della petizione lanciata on line da alcuni agnonesi.

    Egregio Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Molise,
    Egregio Presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Abruzzo,

    sottoponiamo alla Sua attenzione la nostra azione a difesa della libertà di stampa e contro la diffusione del #hatespeech.

    A tale fine, segnaliamo quindi un fenomeno che con il passare del tempo si ripete in maniera sistematica ad opera della redazione e di alcuni giornalisti del periodico e del sito internet “Eco dell’Alto Molise e Alto Vastese”, con registrazione presso il Tribunale d’Isernia n. 2 del 12 marzo 2014.

    A titolo di esempio, vorremo attirare la Sua attenzione e dei Suoi egregi colleghi sull’articolo intitolato “Profughi al lavoro nei Comuni per non far credere che mangiano a sbafo” del 7 luglio 2017. Si tratta di un articolo non firmato, ma difeso e la cui legittimità è stata rivendicata con seguente articolo intitolato “L’Eco non è la Pravda” dal giornalista Francesco Bottone, iscritto presso l’albo dell’Ordine dei Giornalisti dell’Abruzzo dal 21 febbraio 2007.
    Un esempio lampante di come, al di là dell’uso inproprio di un titolo, che presumurebbe una verifica dei fatti, l’autore si arroghi la competenza a decidere chi debba essere meritevole di tutela internazionale e chi no. L’articolo contiene inoltre un linguaggio e terminologie contrarie al Testo unico dei doveri del giornalista, approvato dal Consiglio Nazionale nella riunione del 27 gennaio 2016 ed in particolare all’articolo 7 e relativo allegato n. 3.

    Finanche la rubrica di un’articolo di un atto legislativo dell’ordinamento giuridico della Repubblica italiana è stato emendato, arrogandosi anche competenze legislative, oltre che giudiziarie. Di fatti,  l’art. 22-bis, introdotto con decreto legge n 13/2017 è intitolato “Partecipazione dei richiedenti protezione internazionale ad attività di utilità sociale”. Al contrario, l’articolo del giornale de quo afferma che il tema dell’articolo 22-bis è la partecipazione dei migranti ad attività di utilità sociale. L’aver sostituito una sola parola non rappresenta affatto un’economia nell’utilizzo dei caratteri nel testo, o una scelta stilistica. Di fatti, collegata con il titolo  “Profughi al lavoro nei Comuni per non far credere che mangiano a sbafo” e con la referenza ai “finti profughi” contenuta nell’articolo “L’Eco non è la Pravda” rappresenta, ancora una volta, un’arrogazione di competenze a decidere lo status di esseri umani, a decidere quindi, se si tratti di richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta o migranti e delle conseguenze giurico amministrative che ne conseguono.

    Così come riportato dalla Carta dei doveri del giornalista, il migrante è infatti colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.

    Questa competenza a decidere lo status dei richiedenti protezione internazionale spetta, non al giornalista, ma ai giudici che compongono le sezioni specializzate e che sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze.

    Auspichiamo quindi, che ognuno allora faccia il proprio lavoro, e nel fare il proprio lavoro siano rispettati i criteri deontologici della categoria di appartenenza e nel caso dei giornalisti, anche l’art. 7 del Testo unico dei doveri del giornalista.

    Pertanto, con la presente si richiede di non restare passivi di fronte ai discorsi d’odio che spesso vengono pubblicati dai giornali attraverso dei titoli che sempre più sono disegnati al fine di sostituire i fatti con le opinioni personalissime del giornalista.

    Titoli del genere di fatti, trovando il loro fondamento nel razzismo, rappresentano una brutale falsificazione della realtà e contraddiconoi principi basilari della convivenza civile.

    E’ un dovere professionale confutare le affermazioni razziste, chiarire ai lettori e agli utenti la loro falsità intrinseca.

    Una responsabilità, quella dei giornalisti e dei suoi ordini regionali, a cui crediamo non ci si può sottrarre.

    Chiediamo, quindi che sia rispettata l’iniziativa voluta dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Politici (UNHCR) e in particolare il derivante “Protocollo deontologico concernente i richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti”, che il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana hanno sottoscritto e recepito nel testo unico dei Doveri del Giornalista, all’articolo 7.

    In particolare, chiediamo un impegno concreto affinché, giornalisti e redazione dell’Eco dell’Alto Molise Alto Vastese:

    – onorino il criterio deontologico fondamentale “del rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati” contenuto nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti italiani;

    – adottino termini giuridicamente appropriati, al fine di restituire al lettore e all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri (o inventati). Spesso il glossario non viene rispettato e viene creata confusione tra i diversi status;

    -evitino la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti;

    – provino a razionalizzare sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, odio razziale, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti.

    Ci teniamo a sottolineare che questa non è assolutamente una richiesta di censura. Bloccare l’hate speech è un dovere professionale per chi fa informazione e dell’ordine professionale di apparteneza, nonché un dovere civico di noi lettori.

    Cordialmente,

    I cittadini alto molisani e dell’alto vastese

    PS: Per chi volesse firmare contro l’Eco, il link è QUESTO . Io l’ho già firmato, sono stato il 37°.

    Però mi sorge spontanea una domanda: ma uno che scrive «un’articolo» con l’apostrofo e «inproprio» con la N di nano, può permettersi di lanciare una petizione contro un giornale?

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

    tel: 3282757011

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