• Editoriale
  • Piangere non serve, ma aiuta a capire

    Buia come la notte. E’ la pagina scritta ieri sera ad Agnone. Quella colonna di sirene rimarrà a lungo nella storia di un paese incapace di reagire mentre gli viene strappata la memoria. Una comunità ferita che difficilmente riuscirà a cicatrizzare il dolore lancinante. Verrà il tempo delle responsabilità, quando (forse) la Procura farà il suo dovere, si spera in tempi ragionevoli. Intanto ci si sveglia portando il segno del fendente incassato dal miglior amico. Quello di cui ti fidavi, che diceva che non ti avrebbe mai tradito: lo Stato. Perché se una Regione inetta e insignificante come il Molise non sa dare risposte, irriconoscente nei riguardi di chi ha ricostruito il Paese dalle macerie della guerra, doveva essere lo Stato, o i rappresentanti presunti tali, ad impedire quelle scene. Invece non lo ha fatto. Ieri sera in via Pietro Nenni, davanti quelle ambulanze e personale eroico, più di qualcuno ha lasciato un pezzo di cuore. E ha pianto. E’ vero: piangere non serve, soprattutto se si fa il giornalista. La professione lo impone. Chi filma, fotografa e racconta i fatti deve mantenere distacco. Ma a volte piangere aiuta a capire. E quello che si è capito è una sola cosa: basta parole, servono fatti e chi ci tutela. In questi giorni ne abbiamo viste tante con personaggi prestati alla politica che continuano a ridacchiare mentre ingrossano il portafogli, seduti con le flaccide natiche sulla poltrona pagata dai contribuenti in cambio dello zero assoluto, ovvero di un impegno per il bene comune mai messo in campo. Ridacchiare e sparare cazzate, mentre i nostri nonni, la memoria di un paese, viene scaricata con lo sciacquone. Per questi miserabili delle auto blu,  arriverà il giudizio del popolo che tuttavia non dovrà cancellare quella colonna di sirene in via Pietro Nenni. Una fotografia che ognuno di noi dovrà conservare nella mente e portare in tasca, in particolare nella cabina del prossimo seggio elettorale per soffermarsi a guardarla e, prima di apporre la croce, pensare a quanti non hanno mosso un dito per evitare si scattasse. Intanto diciamo grazie a Venafro e alla sua gente con la certezza che saprà accarezzare, abbracciare e coccolare i nostri nonni. Circostanza che noi non siamo riusciti a fare.

    Maurizio d’Ottavio

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