• Editoriale
  • La Regione Molise non ha più motivo di esistere

    L’ennesima voce sulla possibile soppressione della Regione Molise, ha suscitato il solito vespaio. Notiamo, per inciso, che quelli che protestano sono sempre, guarda caso, appartenenti alla casta che hanno una qualche poltrona ben remunerata da difendere per il presente o per il futuro. Umanamente comprensibile, si capisce. Meno comprensibile è che costoro non sentano il pudore di ribellarsi ad un disastro cui hanno per lo meno partecipato…

    Ma, anzitutto, la riforma delle amministrazioni territoriali e la creazione delle macroregioni sarà inevitabile, perché sono giunti al pettine i nodi degli sprechi che si son fatti negli anni, centuplicando gli inutili “consigli” politici, creati dai partiti per premiare i loro porta-voti. Così l’Italia ha sperperato fondi, mentre la Germania li accantonava investendoli nel suo futuro, oggi ancora vincente, in piena crisi internazionale.

    La cosiddetta autonomia non è mai stata reale, giacché il Molise si è sempre retto su sostegni ed elargizioni prodotti altrove… che ora vengono a mancare, con grave danno per i Molisani. Difenderla è semplicemente inutile: che si debba andare verso le grandi aggregazioni lo impone senza pietà lo sviluppo storico che stiamo vivendo. Lo aveva capito mio padre Remo, che dell’autonomia del Molise e del suo distacco dall’Abruzzo nel 1963 fu uno degli artefici. Che non si possa andare verso gli Stati Uniti d’Europa con una realtà politica che neppure si vede sulla carta geografica dovrebbe essere intuitivo. Ma – visto che così non è – approfondiamo.

    Già negli anni precedenti, a quella presuntuosa secessione del ’63 si opposero con forza eminenti costituzionalisti (Vanoni, Sullo, Olivetti, Ambrosini, Mortati…) adducendo che una regione così minuscola non avrebbe potuto avere alcuna autonomia economico-politica. Per questo motivo fu negata l’autonomia al Salento, alla Romagna, ad altre entità geo-culturali più importanti del Molise… che invece la spuntò, ma per puri calcoli elettoralistici. Dopo la secessione, dall’ex regione Abruzzo-Molise arrivarono in parlamento  9 senatori democristiani; prima ne uscivano 5 democristiani, uno socialista e uno missino. Per non parlare del deputato molisano che finalmente riuscì a diventare ministro in omaggio al principio che ogni regione doveva averne almeno uno.

    Fiorentino Sullo aggiungeva: “Una piccola regione diviene facilmente preda degli intrighi e degli intriganti, dei semifeudatari, dei giuochi di corridoio. Il tono della vita regionale ne risulterà appiattito. Una sola personalità influente potrà perfino mo-nopolizzare la potenza politica insinuando dappertutto l’adulazione, l’ossequio servile e l’inerzia sostanziale». A quanti di noi queste parole suonano come una profezia?

    Noi abbiamo troppi politicanti,  non “politici”: i politici ci sono, ma sono pochi. I politicanti mirano solo a “far carriera”, mantenuti a vita dai cittadini per ruoli che non servono; per questo ci tengono tanto a quest’insulsa regioncella che fa da sempre il male dei suoi abitanti.

    I Molisani hanno solo perduto a causa della presuntuosa secessione del ’63. La si fece al tempo del boom economico, progettando un eterno mantenimento in perdita da parte del Governo Centrale… mantenimento che non potremo mai più avere.

    L’autonomia ci ha procurato solo un bel po’ di uffici burocratici, che puntualmente stanno chiudendo, uno dopo l’altro. Sono già tornate all’Abruzzo la maggior parte delle agenzie regalateci in quegli anni: dall’Enel, alla Telecom, alle Poste. Tra poco chiuderà anche la scuola carabinieri di Campobasso. Chiudono gli ospedali. L’unica agenzia che non chiude è il Consiglio Regionale inutile. Nei quattro anni in cui ho lavorato alla Regione Molise ho constatato che la maggior parte dei soldi che ci vengono da Roma e dall’Europa vengono bruciati dalle spese del Consiglio stesso. Spese che servono quasi sempre alla conquista clientelare del territorio: ad appagare gli amici e a blandire gli ex nemici, perché lo siano sempre meno.

    L’ “autonomia” è divenuta isolamento soffocante; ci ha fatto perdere occasioni d’oro: prima dell’attuale crisi finanziaria, lo sviluppo dell’Abruzzo dava cifre doppie rispetto a quelle del Molise. I dati di Altroconsumo del 2006 davano al Molise il 23% di famiglie povere; all’Abruzzo l’ 11%. L’Alto Molise, in specie, con Agnone come epicentro, dal distacco del Molise è stato assassinato: perché il suo tessuto economico commerciale giaceva interamente nei paesi della provincia di Chieti (cui la stessa Agnone apparteneva un tempo) e i confini politici, per così dire, creano distanza geografica, allontanano gli interessi, creano estraneità tra comunità un tempo sorelle. Ne fa testimonianza un opuscolo scritto nel 1947 dal nostro esimio Sacerdote Teologo Marinelli, il quale scongiurava la separazione delle province proprio elencando le disgrazie in cui era incorsa Agnone staccandosi dagli Abruzzi.

    Ma voglio fare un esempio più esteso e concreto: immaginiamo un giovane imprenditore di Trivento o di Termoli che affitta macchine per il caffè agli uffici; sarebbe per lui un ottimo colpo entrare nella rete degli uffici di Pescara, cento volte più ampia e articolata di quella di Campobasso.  Non ci riuscirà… perché tutte le aziende pubbliche e private di Pescara gli preferiranno una ditta di Celenza, che sta dall’altra parte del Trigno e che, perciò, partecipa al tessuto politico dell’Abruzzo, da cui il Molise si è escluso.

    Il presente? Siamo già in regime semi-federale (in Italia si resta sempre nel “semi” perché non si vuole scontentare mai nessuno, perciò non si opta mai definitivamente per una forma o per il suo opposto). Sempre più, le risorse per i servizi essenziali (scuola, sanità,  energia…) dovranno essere reperite in loco. E’ stato calcolato scientificamente che per poterle provvedere ci vuole un numero di contribuenti basato su una popolazione minima di due milioni di abitanti. Non basterà neppure ricreare l’antica regione Abruzzi: ci vorranno pure le Marche!

    L’asse europeo si sposta sempre più ad Est. Si sta sviluppando una direttrice geo-economica importantissima su una linea retta che va da Lisbona a Mosca. I Croati, prima ancora di entrare nell’ Unione Europea, stanno costruendo tutte le autostrade necessarie a collegarvisi. Se i Molisani non entreranno a far parte di un’ entità più grande rimarranno esclusi per l’eterno. Escluso il porto di Termoli da un eventuale sviluppo di porti che va da Ancona al Gargano, proprio nel punto in cui la penisola italiana è più stretta tra l’Adriatico e il Tirreno. Contemporaneamente si sta sviluppando finalmente l’Africa: sta lentamente sorgendo una nuova borghesia africana che potrà acquistare i nostri prodotti: un’occasione epocale per rovesciare l’antico assunto che vede il Nord nel benessere e il Sud negli stenti.

    I nuovi mercati favoriranno le regioni del Sud… a patto che siano costituite da popolazioni numerose capaci di fare corpo per essere vincenti nella concorrenza europea, e per farsi sentire dal potere europeo.

    Ben altro di certi incredibili campanilismi da barzelletta che vengono da certi politicanti uno più orbo dell’altro. Questa difesa della falsa autonomia non ha ne ragioni, né ragionamenti. E’ fatta solo di viscere. O, peggio, di portafogli. Privati. Strettamente privati.

     

    * di Sergio Sammartino

     

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.