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  • Sanità: “Caracciolo” ospedale di Comunità, Agnone si ribella e promette battaglia

    AGNONE. Hanno risposto presente all’appello lanciato dal comitato civico Il Cittadino c’è. Anziani, padri e mamme di famiglia, giovani, imprenditori, artigiani, che nella serata di ieri hanno affollato la sala dell’oratorio San Giovanni Paolo II, troppo piccola per ospitare le tante persone preoccupate per il futuro dell’ospedale “Caracciolo” che i due commissari alla sanità regionale vorrebbero trasformare in presidio di Comunità. Nel parterre Pompilio Sciulli oggi riconfermato al vertice dell’Anci Molise, i sindaci di Capracotta, Belmonte del Sannio, Vastogirardi, Candido Paglione, Anita Di PrimioLuigino Rosato e l’intera giunta comunale di Agnone. Queste ultime presenze hanno smentito un po’ le previsioni della vigilia. «Non abbiamo nulla di cui doverci vergognarci e nulla da nascondere, riteniamo di aver agito e stiamo agendo secondo quelle che sono le tutele del nostro territorio». Il sindaco Lorenzo Marcovecchio azzera subito la polemica sollevata da chi ritiene che l’amministrazione locale si sia fidata troppo sia della giunta Toma sia dei commissari. «Noi per primi ­ ribatte invece il primo cittadino ­ ci siamo lamentati e ci siamo posti come forza di rottura anche nei confronti del governo regionale che, seppure a colore, deve difendere tutto il territorio molisano. Ci sarebbe comunque piaciuto avere prima un incontro con i referenti del Comitato civico, ma solamente per spiegare quelle che sono le situazioni ad oggi, le manovre messe in campo». Marcovecchio ridimensiona le preoccupazioni alimentate dalle ultime notizie sul futuro del Caracciolo «per il quale riteniamo ci sia ancora un futuro» nonostante la bozza del nuovo Pos lo declassi a ospedale di Comunità. Per il primo cittadino si tratta solo di una bozza che «gira nei meandri del Consiglio regionale dal mese di giugno. Noi l’avevamo vista, diciamo in maniera informale. Va letta comunque nella sua interezza. Noi ­ azzarda Marcovecchio ­ non crediamo possa vedere la luce domani e comunque siamo sicuri che sarà soggetta ad ulteriori modifiche. Diciamo che la bozza è l’ultima cosa che ci spaventa. Ci siamo mossi nel frattempo, si è mosso il consigliere Greco che ringrazio, ed abbiamo avuto anche su questo delle rassicurazioni». Tradotto in parole povere: rassicurazioni in merito alla paventata chiusura dell’unico reparto rimasto aperto. A convocare l’assemblea pubblica di ieri sera la portavoce del comitato Enrica Sciullo che da anni ha sposato la battaglia a salvaguardia del diritto alla salute nelle aree interne, quelle più dimenticate e vessate da istituzioni e classe politica. Una chiamata alle armi la sua, per ribadire «che abbiamo dei diritti e che questi vanno comunque difesi come quello ad avere le cure». Severa nel giudizio, molto critica nei confronti della classe dirigente che ha portato l’ospedale di Agnone a un’ agonia «perché la realtà dei fatti ­ dice la portavoce del Comitato c’è ­ è che non ci hanno configurato più come ospedale di area disagiata, un compromesso al ribasso che abbiamo accettato e che oggi paghiamo ­ perché sul nuovo Pos siamo ospedale di comunità e questo è inaccettabile per chi vive questa terra». All’incontro per un saluto veloce anche don Francesco Martino, il sacerdote che malgrado gli innumerevoli ammonimenti ricevuti da colleghi e alte sfere ecclesiastiche sulla convenienza di pensare a celebrare messe, continua a combattere a mani nude la lotta impari instaurata contro Regione Molise, Asrem e i burocrati spediti da Roma. A solidarizzare con l’iniziativa il Soa, sindacato degli operai autorganizzati che ha registrato la presenza del leader Andrea Di Paolo, tuta blu alla Fca di Termoli. Messaggi di incoraggiamento a non mollare sono arrivati dai tassisti di Roma, originari dell’alto Molise e Vastese, che nelle prossime settimane si dicono pronti a scendere nuovamente in strada per dire basta alla scellerata politica di tagli, la quale vede perire, ancora una volta, un’intera area a cavallo tra le province di Chieti, l’Aquila e Isernia. Seduto tra le prime sedie l’unico primario rimasto in servizio, Giovanni Di Nucci, ormai prossimo al pensionamento. Dieci mesi fa dal palco del teatro Italo Argentino lanciò un grido d’allarme sulla carenza di medici. Cosa è cambiato da allora? «Non è cambiato assolutamente nulla ­ risponde secco ­ e se forse qualcosa è cambiato è cambiato in peggio. Perché dopo pochi giorni da quell’incontro è iniziata la serie dei pensionamenti che hanno depauperato completamente il reparto, pensionamenti che hanno determinato anche la chiusura di ambulatori che la nostra divisione riusciva a dare al territorio, l’ambulatorio di cardiologia e successivamente anche quello di diabetologia. Purtroppo questa serie di pensionamenti sta creando grosse difficoltà alla sopravvivenza del reparto se si pensa che per mia sventura o non lo so se per mia fortuna andrò in pensione anch’io». Il futuro del reparto di Medicina così come quello del Caracciolo sembra già scritto. «Già attualmente ­ spiega il primario di Medicina che, numeri alla mano, dà una idea plastica delle difficoltà quotidiane ­ non riusciamo ad assicurare la sicurezza necessaria agli utenti e agli operatori, visto che uno dei tre medici è in scadenza di mandato. Anche se verrà rinnovato, due medici non potranno gestire un reparto di 20 posti letto a cui si sono aggiunti altri tre di lungodegenza che sono rimasti come retaggio del piano sanitario precedente». E allora tutto è perduto, tutto già scritto? Assolutamente no. Per un cambio di rotta immediato «serve una proposta forte, come rinunciare a questo ospedale di comunità, riorganizzare bene l’attività distrettuale territoriale, riproporre con forza l’ospedale di area disagiata di montagna, perché ­ spiega Di Nucci ­ la nostra più che area disagiata è un’area quasi distrutta da una viabilità che ci sta creando enormi problemi». Uno spiraglio per il Caracciolo lo si potrà intravedere anche «riaprendo il discorso dei concorsi, con una possibilità futura di continuare ad operare». Insomma margini di salvezza «bisogna trovarli assolutamente ­ conclude il primario di Medicina ­ ma serve coesione, serve che i sindaci, la classe politica, l’azienda si mettano in testa che questo è un presidio importante, distante dagli ospedali più grandi e anche poco costoso che va tutelato».

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