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  • Sparatoria di Ardea, Firearms United: «Strage assolutamente evitabile»

    Pubblichiamo, di seguito, le dichiarazioni di “FIREARMS UNITED ITALIA” in relazione alla sparatoria di ieri ad Ardea che è costata la vita a due bambini, un anziano e al killer stesso.

    È necessario chiarire, in maniera più precisa rispetto a quanto possano fare tante fonti di stampa alla rinfusa, quali fattori hanno portato alla tragedia di ieri.
    • La pistola usata nell’insensata sparatoria – una vecchia Beretta 70 calibro 7.65 Browning – apparteneva al padre del responsabile della strage, ex-guardia giurata, deceduto nel novembre 2020.
    • La legge italiana, con riferimento alle armi ereditate, dispone che chi entri in possesso di un’arma da fuoco in seguito alla morte del precedente proprietario conserva gli obblighi di legge, e deve dunque immediatamente presentare apposita denuncia alla Questura, al Commissariato di Polizia o al comando dei Carabinieri competente per territorio; in caso di incompatibilità dell’erede con la detenzione – come in questo caso – le Forze dell’Ordine non “possono” ma DEVONO provvedere a prendere in custodia direttamente l’arma in attesa di determinarne la destinazione: se l’erede è inadatto alla detenzione in base alle condizioni ostative di legge (ancora una volta, come in questo caso), egli o ella deve provvedere a prendere accordi per l’alienazione o la disattivazione, oppure semplicemente lasciare l’arma nelle mani delle Forze dell’Ordine per l’invio in distruzione.


    • Il responsabile della sparatoria di Ardea era già noto per i suoi scatti d’ira, per l’atteggiamento minaccioso, e per i suoi problemi psichiatrici. Questo avrebbe reso sia lui che la madre, in base al principio di convivenza nell’abitazione, inadatti a detenere l’arma.
    • In seguito alla morte del padre, titolare dell’arma in questione, i familiari l’avevano dichiarata “smarrita” senza però mai fare apposita denuncia; a quest’anomalia non avevano però mai fatto seguito azioni da parte delle Autorità competenti.
    • Il responsabile della sparatoria era noto per aver più volte sparato in aria e minacciato i vicini di avere una pistola e di essere pronto a usarla.


    • Le Autorità di Pubblica Sicurezza avevano e hanno già a loro disposizione gli strumenti legali necessari a mettersi sulle tracce dell’arma in questione. L’Articolo 41 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza infatti recita:
    “Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, procedono immediatamente a perquisizione e sequestro“.
    In aggiunta a ciò, l’articolo 4 della legge 152/75 recita:


    “In casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell’autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che alla identificazione, all’immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili.

    Nell’ipotesi di cui al comma precedente la perquisizione può estendersi per le medesime finalità al mezzo di trasporto utilizzato dalle persone suindicate per giungere sul posto (cd. perquisizione veicolare).
    Delle perquisizioni previste nei commi precedenti deve essere redatto verbale, su apposito modulo, che va trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica e, nel caso previsto dal primo comma, consegnato all’interessato.”
    Ciò significa che le Forze dell’Ordine avrebbero potuto – anche solo per indizio – provvedere alla ricerca dell’arma, anche laddove nessuno avesse effettivamente fatto denuncia di tali strani comportamenti.


    Non è un mistero che se un titolare di porto d’armi denunciasse domani la scomparsa o lo smarrimento di un’arma da fuoco, la prima conseguenza sarebbe una perquisizione domiciliare al fine di verificare l’effettivo “smarrimento” dell’arma, e in seguito probabilmente la sospensione del titolo alla detenzione, il sequestro delle eventuali altre armi detenute, e la denuncia per incauta o omessa custodia d’armi in base all’articolo 702 del Codice Penale.
    Parliamo dunque, in questo sfortunato caso, di un’ennesima strage assolutamente evitabile se non si fossero verificati errori e omissioni da parte di chi, per competenza territoriale, aveva l’obbligo di vigilare su una situazione personale e familiare che era ben nota. Una strage, peraltro, commessa di fatto non con un’arma legale, ma con un’arma assolutamente illegale, perché di fatto sottratta alla custodia delle Autorità che avrebbero dovuto averne il controllo e detenuta da chi non avrebbe avuto alcun titolo ad averne una.


    Che non si illudano, dunque, gli anti-armi, di potere ancora una volta sfruttare la morte di innocenti e dipingerci in volto maschere da mostri col di loro sangue per ottenere restrizioni alle prerogative e ai diritti dei legali detentori di armi.
    I fatti di Ardea di ieri sono conseguenza non di leggi troppo poco rigide, ma della mancata applicazione delle stesse. E la nostra comunità non accetterà in alcun modo, per alcun motivo, e nel modo più assoluto, qualsiasi cosa accada e qualsiasi decisione venga presa, di divenire il capro espiatorio di un sistema che troppo spesso cerca di accrescere il suo potere con norme sempre più restrittive per nascondere il fatto di essere incapace di applicare appieno e nella maniera più efficace i poteri che già ha e le leggi che già esistono.

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