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  • Trasformare la scritta “Dux” in “Pax”, lo storico Patricelli: «Patetico sdegno iconoclasta»

    (ANSA) – PESCARA, 30 LUG – «È da respingere, da chiunque abbia buon senso e un minimo di cognizione, l’idea che la storia sia una specie di torta millefoglie di cui ognuno si prende solo lo strato che gli piace, perché nei suoi gusti ideologici». A sostenerlo è il saggista su Resistenza, Fascismo e 2/a Guerra Mondiale, Cavaliere della Repubblica e Bene Merito di Polonia, Marco Patricelli, intervenuto sulla vicenda della scritta ‘Dux’ sulla Penna di Villa S.Maria (Chieti). «Si è fatta molta confusione tra storia e memoria per la vicenda – ha spiegato – che è invece una questione politica imbastita abbastanza grossolanamente nei toni e nei modi». «La proposta poi di cambiare due lettere e trasformare Dux in Pax aggiunge anche un risvolto patetico a quello che è un mero retaggio del passato il cui significato storico e politico è noto a tutti, inutilmente rivangato con immancabile sdegno iconoclasta. Quella scritta va accettata e mantenuta così com’è perché è legata alla nostra storia, ed esprime solo ed esclusivamente sé stessa».

    Per Patricelli «la storia va studiata e conosciuta, non fatta a pezzetti per un uso strumentale politico». «Se passasse quest’assurdo principio sul periodo del Ventennio, come nel caso di Villa Santa Maria – aggiunge – dovremmo scalpellare i fasci littori da migliaia di tombini delle città italiane, dalle fontane dei paesi di montagna, dalle lapidi apposte sulle chiese con i caduti delle guerre di Spagna e di Etiopia, dai numeri civici delle case, dalle targhe celebrative che spiccano persino su palazzi antichi e monumenti».
    «Una damnatio memoriae ideologica – sottolinea – che ci porterebbe per assurdo a cancellare le tracce della romanità, perché quella civiltà portava avanti guerre di conquista e genocidi, praticava la schiavitù e dava i cristiani in pasto ai leoni; a ripudiare la Chiesa perché torturava gli eretici e bruciava le donne ritenute streghe; a cancellare vie e piazze dedicate ai caduti di Dogali perché colonialisti e razzisti. Con questa logica fuori dal tempo e dalla storia, il Maggiolino Wolkswagen non avrebbe mai dovuto essere costruito, perché era l’auto voluta da Hitler e costruita durante la guerra da lavoratori schiavi impiegati anche nelle fabbriche delle oggi multinazionali del farmaco, i cui prodotti assumiamo su scala mondiale senza farci alcuno scrupolo. Nessuno ha mai rifiutato il Premio Nobel, né il pingue assegno, perché istituito da un inventore arricchito con i proventi della dinamite, dei proiettili d’artiglieria e dei cannoni Bofors che hanno provocato milioni di morti. Se pecunia non olet persino nel nome del Nobel per la pace, non si comprende perché i sepolcri imbiancati storcano oggi il naso di fronte all’innocua scritta di Villa Santa Maria».

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