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  • Tubercolosi, la Asl: un profugo su quattro è positivo al test di Mantoux

    Sono circa tremila i migranti giunti in provincia di Chieti negli ultimi quattro anni, di cui 1.300 attualmente residenti nei 28 centri di accoglienza presenti sul territorio. Numeri importanti, che hanno generato anche una domanda assistenziale sanitaria significativa, sia in termini di prevenzione sia di cura, a cui l’Azienda sanitaria locale Lanciano Vasto Chieti ha fatto fronte con l’istituzione, quasi pionieristica, di una task force dedicata, indicando in Emidio Rosati (a destra nella foto, ndr) il referente aziendale per la gestione dei flussi migratori.

    L’idea era nata in realtà già nel 2014 e si è rivelata nel tempo più che efficace, a fronte di un fenomeno che ha assunto le dimensioni ormai note, e che ha determinato la necessità, da parte delle Asl, di organizzare servizi adeguati a tutela della salute dei migranti e dei nostri concittadini. Pochi numeri bastano a descrivere una realtà che in provincia di Chieti nel giro di qualche anno è letteralmente esplosa in quanto a presenze: dalle due strutture di accoglienza esistenti tre anni fa, oggi se ne contano 28, dove trovano rifugio i 1.300 richiedenti asilo di oggi, a fronte dei 120 del 2014.

    «Ci siamo organizzati per dare la necessaria assistenza agli stranieri temporaneamente presenti – chiarisce Rosati, medico con alle spalle diverse esperienze in Africa, conoscenza delle lingue e coinvolgimento diretto in due missioni Mare Nostrum ,- vale a dire quanti, non essendo in regola con il permesso di soggiorno, non sono a carico del Servizio sanitario regionale, ma hanno diritto a cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, per malattia e infortunio, e a programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva».

    Sono dunque garantiti  la tutela della gravidanza e della maternità, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale, profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai, cura e riabilitazione in materia di tossicodipendenza.

    Contestualmente viene effettuato il Test di Mantoux per la prevenzione della Tubercolosi, cui segue, in caso di positività (attestata attorno al 30% degli esaminati), un’indagine radiologica che, se risulta negativa, è indice di  malattia latente che solo nel 5% dei casi potrebbe divenire attiva. In caso di positività, invece, il paziente viene ricoverato nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale competente per territorio, per le cure del caso. E’ comunque previsto che in caso di malattia latente si effettui un ciclo terapeutico specifico.

    Oltre queste procedure messe in campo, l’Azienda sta valutando la possibilità di eseguire sui migranti anche una serie di test finalizzati alla ricerca di infezioni da HIV, epatiti, malattie sessualmente trasmesse e altro, al fine di una più efficace tutela della salute pubblica.

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