• Editoriale
  • Un lumicino per l’Alto Molise – Vastese? Non è mai troppo tardi

    Quando il guaio è fatto inutile diventa ogni recriminazione. Urge darsi da fare. Ed io personalmente ammiro tanto i colleghi giornalisti Maurizio d’Ottavio e Francesco Bottone per l’impegno messo nella lotta contro lo spopolamento dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese e, adesso, pure contro l’inerzia istituzionale riguardo il Ponte Longo-Sente, la cui chiusura ha destabilizzato davvero tanto gli equilibri socio-economici del nostro territorio interregionale. E, ovviamente, ammiro assai tutti coloro che mercoledì mattina 18 settembre 2019 sono stati presenti in loco per deporre lumini di protesta simbolica ed anche di rabbia. Ci sarei andato pure io, ma impegni improrogabili mi hanno trattenuto altrove. Quindi, non avendo potuto esserci personalmente, cerco di rimediare con questa presenza. Una presenza che, a dirla tutta, è un’allerta continua dura da oltre trenta anni e, in particolare, dal 1993 come “Università delle Generazioni”.  Tutto scritto. Tutto documentato. Come il testo del 1987 che qui di seguito unisco come uno dei miei primi allarmi operativi. Infatti da allora cerco (purtroppo invano) chi si candidi alle Europee per portare le istanze dello spopolamento.

      Infatti, vorrei cortesemente invitare chi sta leggendo a degnare d’attenzione pure l’articolo allegato che è stato pubblicato dal mensile agnonese “L’Eco dell’Alto Molise” (anno 7  – fascicolo n. 11 – pagina 6)  il 20 novembre 1987 (ben 32 anni fa) con il titolo “Lo spopolamento dei nostri paesi è un problema europeo”. Non ho sottomano, altrimenti avrei proposto anche la lettura del Manifesto dei Sindacati sulla “vertenza per non morire” precedente al Manifesto del 1990 scritto dall’allora vescovo di Trivento Antonio Santucci contro l’autodistruzione (soprattutto politica) del territorio della sua Diocesi. Altro allarme sull’isolamento di queste montagne era stato gridato dal dottore Enzo Carmine delli Quadri nel 1991 quando, attraverso l’ARAM, cercava di svegliare le menti ed i cuori a reagire contro la desertificazione di queste montagne (“L’ultimo che esce spenga la luce”).

    Troppi decenni persi, persino nella derisione di chi invitava i responsabili delle Istituzioni e l’opinione pubblica ad essere uniti e a lottare seriamente contro lo spopolamento e contro la conseguenziale morte dei nostri borghi e delle nostre campagne. Adesso lottare diventa sempre più difficile. Forse siamo giunti ad una fase di “non-ritorno”. Si sta entrando nell’insignificanza. Alti e bassi della Storia. Poi, magari, chissà quando, ci sarà la resurrezione. Ma adesso …

    Lo spopolamento dei nostri paesi è un problema europeo

    Il 7 ottobre 1986, il quotidiano IL TEMPO, con il titolo <<BADOLATO PAESE IN VENDITA IN CALABRIA>>, pubblicava su pagina nazionale questo mio SOS per salvare dall’abbandono più completo il mio paese natìo, Badolato, uno dei più caratteristici borghi medievali di tutta l’area mediterranea. Qualcuno di voi ricorderà di averne sentito parlare perché questo SOS ha fatto il giro del mondo ed ha destato tanto di quel clamore ed interesse che in tutti questi mesi Badolato è stato un continuo andirivieni di giornalisti, troupes radio-televisive, studiosi, curiosi ma anche di compratori da tutti i continenti.

    Delle 800 case disabitate sono state vendute in un anno circa cento, dopo che la Regione Calabria aveva detto NO alla vendita in blocco del borgo alle immobiliari e alle multinazionali delle vacanze che avrebbero voluto trasformarlo utilmente in vero e proprio <<Paese-albergo>>.

    Come sono arrivato ad avere l’idea di mettere in vendita il mio paese? Questa idea parte da molto lontano e passa anche per Agnone, Villacanale, l’Alto Molise e attraverso tutte quelle realtà nazionali ed internazionali che ho avuto modo di osservare da vicino o di studiare. Nell’autunno 1985 c’è un’avvisaglia di quanto a riguardo andava maturando nella mia mente: ho descritto proprio sulle pagine de <<L’ECO>>, sotto il titolo <<amici di Agnone>>, il desiderio del dott. Pierfrancesco Zarcone (che aveva partecipato al Convegno di Erotologia) di comprare casa nel centro storico di Agnone per trascorrere i fine settimana e i periodi di vacanza.

    Agnone, quindi, per le sue caratteristiche poteva avere tanti di questi amici che, sebbene periodicamente, potevano ristrutturare case medievali e ripopolare il centro storico, che viene piano piano abbandonato a favore delle case nuove, ritenute più confortevoli. Villacanale, semivuota e destinata ad un lento e progressivo abbandono, mi ha fatto riflettere sull’utilizzo del patrimonio edilizio che si sta sgretolando. In una parola, il degrado urbano, ambientale e sociale dei nostri paesi (travolti dall’emigrazione e dal secolare rapporto città-campagna) deve finire: ecco perché questo SOS del paese in vendita è stato <<provocatorio>>.

    Ed ha provocato un acceso dibattito sui mass-media, nei convegni, nelle università, tale da far scoprire una realtà drammatica che si andava consumando in silenzio da anni e che sembrava appartenesse soltanto al caso limite dei <<Sassi di Matera>> (per i quali lo Stato italiano, scosso da tutta una letteratura a riguardo, è intervenuto con numerose leggi, ultima la n. 771 dell’11 novembre 1986).

    E recentemente da alcuni ambienti si sta sollevando l’urgenza di salvare dal degrado persino l’isola di Capri, che è pur meta di un ricco turismo internazionale. Chi avrebbe soltanto sospettato che una delle più ricercate isole del mondo corresse un simile rischio? Eppure si chiede una <<legge speciale>> per Capri come quella che serve a salvare Venezia.

    E, allora, c’è da chiedersi: bastano le leggi speciali e settoriali quando invece si è scoperto che il problema è ben più ampio e grave ed in pratica si tratta di salvare (tanto per restare a casa nostra) il passato europeo, cioè quella civiltà europea, rurale e cittadina, che bene o male è servita a portare all’Europa di oggi?

    Io personalmente (che da <<animatore culturale>> per forza di cose sto diventando <<rianimatore culturale>>) ritengo che si debba almeno tentare di realizzare un PROGETTO UNICO EUROPEO. Un progetto per salvare quelle aree impoverite da secoli di abbandono prima e adesso dalle massicce emigrazioni causate dalla civiltà industriale e post-industriale.

    Le aree ricche e metropolitane non hanno forse un debito verso le aree povere e periferiche? Il dibattito internazionale, scaturito in sèguito al  <<caso Badolato>>, ha evidenziato che sono quasi dodicimila i paesi e i villaggi in via di estinzione e quasi mille quelli già considerati morti; mentre ben 40 milioni sono i casolari di campagna di un certo pregio ad essere in rovina … e, questo, soltanto in Europa.

    L’evoluzione storica ci sta portando ad un NUOVO MERIDIONALISMO, poiché tutto ciò oltrepassa i termini della <<questione meridionale>> e dei rapporti Nord-Sud dell’Europa, dal momento che casi simili sono dolorosamente presenti in Stati <<al di sopra di ogni sospetto>>, come ad esempio l’Inghilterra (vedi L’Espresso dell’11 ottobre 1987 <<Old England vendesi>> pagina 77), la Francia, la Germania, l’Austria e la pur ricca Svizzera.

    Sarebbe, quindi, urgente portare tutta questa problematica al vaglio del Parlamento Europeo di Strasburgo, dell’Unesco e di tutti quegli organismi che possano almeno tentare di avviare quel <<Progetto Unico>> per salvare utilmente una vera e propria <<civiltà>> (quella dei nostri padri), parte integrante del nostro presente e della nostra Storia.

    Dare un futuro al nostro passato è uno dei compiti che aspettano noi e le generazioni che ci tocca formare a queste urgenze, a questi <<ideali reali>> … a Badolato come ad Agnone, a Capri, a Venezia, a Matera, in Cornovaglia, in Ticino, in Beozia, in Dalmazia ed ovunque c’è un paese, una realtà che rischia di morire.

    Domenico Lanciano

     

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