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  • Verso il voto delle Comunali, Agnone tra belati vecchi e ruggiti nuovi

    Non sappiamo quale delle tre liste in lizza vincerà le elezioni per condurre il Comune di Agnone nei prossimi anni. Di una cosa però ci possiamo beare: nelle singole presentazioni, come nel dibattito “all’americana” del sabato 12 scorso, abbiamo notato in tutti e tre i candidati sindaci  (come in certi loro seguaci) una notevole preparazione “tecnica”, una consapevolezza fondata di come risolvere i problemi; abbiamo sentito nominare delle cifre, comunicare la provenienza eventuale dei fondi e il progetto per la loro destinazione. Inevitabilmente, uno mi è parso un po’ più ferrato e realista degli altri, ma – per leale “par condicio”- ne tacerò il nome.

    Daniele Saia di Nuovo Sogno Agnonese

    Lasciatemi però dire che, nel complesso, mi è parso che la politica di Agnone abbia compiuto un notevole salto di qualità. Sembrano definitivamente superati i tempi delle parole esagerate e delle promesse a vanvera; sembra oramai penetrato, in quelli che si propongono agli elettori, un bisogno spontaneo di preparazione e di concretezza. Ed aggiungo che anche il comportamento civile e cortese dei tre, sul palco, mi è parso il segno di una stagione nuova. Il sottoscritto si sente dire spesso: “I tempi di Remo Sammartino non tornano più”.

    Ebbene, io credo che quei tempi siano sì irrimediabilmente passati, perché la società odierna è divenuta molto più complicata e intricata; e i tre candidati di questi giorni mi sembrano molto adatti a incarnare questi tempi, come di certo Remo Sammartino e quelli del suo tempo non avrebbero potuto, perché vivevano in una società molto più coerente e molto meno complicata, tecnologica e “internazionale” di quella odierna. Di sicuro in molti degli uomini che videro la nascita della Repubblica c’era un senso della “cosa pubblica” ed una rettitudine che oggi pare difficile da riscontrare. E di sicuro la forza dei parlamentari – specie prima che si creassero i Consigli Regionali – era notevole. E se uno di loro aveva la sufficiente determinazione, poteva dare alla propria terra delle occasioni davvero poderose.

    Ma, accantonando i rimpianti superflui, mi piace dire che oggi, in diversi candidati delle tre liste vedo idee chiare e preparazione, e non riesco ad intravedere alcun possibile interesse egoistico; mi sembrano dunque persone che ci “mettono la faccia” (come ha detto Maurizio D’Ottavio presentando il dibattito) per il bene “della patria”; e Dio li benedica.

    Una sola nota dolente: le tre diverse “tifoserie” nel confronto a tre, tendevano ad applaudire soltanto le parole dei loro beniamini, anche se gli altri due dicevano le cose più sacrosante che si possano intendere. Dietro questa tendenza s’intravede ancora lo stesso spirito di contraddizione faziosa che ci ha fatto perdere fior di occasioni nei 50 anni passati: perché per far dispetto ad un avversario, si danneggiava l’intera comunità, mandando in fumo gli sforzi di quello, anche se avrebbero portato il maggior beneficio di tutti. E’ bene che questo vizio machiavellico cessi; è bene che, se l’avversario si propone delle buone cose, gli altri lo appoggino, è bene che tutti facciano proprie le idee dell’altro, se un’attenta analisi le rivela come atte a favorire il bene comune.

    Agostino Iannelli di Esserci

    Un’altra più spinosa questione: il collegarsi a logiche di partito, da parte di alcuni gruppi locali, porta con sé l’inevitabile omaggio a “quelli di Campobasso”, che fino ad oggi non hanno fatto nulla per aiutare la nostra area, ed anzi sembra che abbiamo congiurato – col sorriso sulle labbra – per affossarla. Io dico spesso ai miei allievi che i santi e gli eroi esistono … ma sono maledettamente pochi. I più si adeguano a soddisfare le richieste di un singolo – o di una comunità – soltanto se quelli possono o promettere favori … o minacciare danni. A “quelli di Campobasso” difficilmente possiamo proporre favori ulteriori. Ma possiamo minacciare un danno grosso: la Regione Molise è già minuscola (quest’assurda, rachitica istituzione, limitante e carcerante, che ha soffocato i Molisani, e l’Alto Molise in specie, da quando nacque, con la presuntuosa e irresponsabile secessione, nel ’63):  se Agnone organizza un referendum per il passaggio all’Abruzzo – coinvolgendo altri Comuni dell’area – toglie all’intera Regione una fetta importante alla sua già ridicola estensione politico-territoriale. E se contiamo che nel Termolese si sta facendo lo stesso movimento, il rischio grosso è che – privata di queste due aree parallele – la Regione rimanga talmente microscopica che il Governo non potrà permetterle di sussistere. Tanti Comuni hanno compiuto l’iter di cambiare regione, ad esempio in Veneto e nelle Marche. Che le macroregioni si rendano necessarie a sanare i bilanci dello Stato è certo (le spese di ben 20 Consigli Regionali sono il più macroscopico  “buco finanziario” perpetuo); che molti lo sappiano è sicuro, anche se pochi lo dicono chiaro. Ma – per intanto –  Agnone ritrovi, in colui che la guiderà, un suo antico ruggito, dopo aver belato troppo a lungo. (foto concesse da Danilo Di Nucci)

    di Sergio Sammartino

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