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  • I vescovi molisani: «Custodire l’identità dei borghi e offrire una sanità di qualità»

    Non resta nelle sacrestie la Pasqua. Ma si diffonde e cambia il volto ed il cuore di chi crede e di chi tu incontri. E diventi punto di luce, non di morte. Non trascini verso il basso, ma elevi al gusto delle vette.  Proprio come ci spiegò un giorno il frate guardiano della certosa di Serra san Bruno, nella visita all’abbazia. Iniziò dal cimitero: Cominciamo da qui – ci disse – poiché la vita non va vista dalla nascita alla morte. Ma al contrario: dal punto finale della vita a quello iniziale. Se infatti è nella luce il momento finale, tutta la tua vita resta nella luce. Ma se disgraziatamente fosse nelle tenebre, tutta la tua vita sarebbe avvolta dalla notte! Ma perché possa essere nella luce quel momento finale, che nessuno di noi conosce, dobbiamo vivere ogni giorno nella luce.
    La Pasqua, amici carissimi, ve lo diciamo come vostri pastori, è proprio quel momento finale che getta luce su tutta la vita, illuminando l’intero mistero dell’esistenza. Un mistero che si fa sempre più fitto, davanti ai tanti eventi pieni di contraddizioni. Possiamo parlare al nostro cuore turbato  proprio utilizzando i tanti segni di grazia della Bibbia, come le parole chiare di Pietro, che aveva conosciuto la sua fragilità nella misericordia delle lacrime di Cristo: non guardate al fuoco del crogiuolo, ma fissate lo sguardo sull’oro che ne esce. Poiché tanto più intenso è il fuoco, tanto più raffinato sarà l’oro!
    Così la potatura durante la primavera. I contadini non guardano mai il ramo che cade, ma già “intravedono” nelle gemme, su rami fragili, l’abbondanza del raccolto.
    Questo tempo complesso che viviamo ci deve educare, non spaventare. Per consegnare ai nostri ragazzi ideali alti, oltre la semplice tecnica strumentale. Sono le motivazioni finali che oggi mancano. Manca il filo della collana, non le perline colorate. Ne hanno fin troppe di cose i nostri figli. Si muore, infatti, oggi, più per carenza di fini che per mancanza di mezzi. Una “Laicità” esasperata, che teme di confrontarsi ed esclude, alla fine si fa paura del domani. E’ ancora il dolore che ci salverà!
    Con il monito insegnato da papa Paolo VI, nella Populorum Progressio che la diocesi di Campobasso ha studiato per tutto l’anno. Al numero 32 così recita: “La situazione presente deve essere affrontata coraggiosamente e le ingiustizie che essa comporta combattute e vinte. Lo sviluppo esige delle trasformazioni audaci, profondamente innovatrici. Riforme urgenti devono essere intraprese senza indugio. A ciascuno di assumervi generosamente la sua parte, soprattutto a quelli che per  la loro educazione, la loro situazione e il loro potere si trovano ad avere delle grandi possibilità di azione. Che, pagando esemplarmente di persona, essi non esitino ad  incidere quello che è loro, come hanno fatto diversi martiri attuali!”.
    Le trasformazioni audaci da intraprendere, oggi, in Molise, sono soprattutto quelle di custodire l’identità dei nostri borghi. Di offrire una sanità di qualità, per tutti, integrata, poichè “connessi” si offre di più. Non uno contro l’altro, ma insieme. Riscoprire la bellezza delle nostre campagne, ma difese dalle rapine di un mercato che non rispetta la nostra tipicità. Non andare a fare la spesa né di domenica né tanto meno a Pasquetta, perché anche le commesse di questi centri hanno diritto a far festa con i loro bambini. Di procedere con determinazione nella riforma della GAM, certi che i sacrifici oggi necessari saranno fecondi domani. Di tenere sempre alta la forza della Parola di Dio, che cambia le nostre comunità, dando precedenza all’adorazione e alla preghiera del silenzio. Di avere giovani che non si stancano di sperare, creando spazi di auto imprenditorialità diffusa.
    Cristo, tu ci sei necessario! Esclamava Paolo VI. Ed anche noi lo ridiciamo, a tutti, correndo con Maria di Magdala a svegliare gli apostoli, in corsa sinodale. Buona pasqua a tutti.

    I vostri Vescovi, Giancarlo, Camillo, Domenico, Gianfranco

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