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  • Wi-fi in tutta Italia attraverso le antenne Rai

    La Rai è onnipresente sul territorio italiano. Invia il segnale televisivo praticamente ovunque e da lì è nata un’idea: diffondere attraverso quelle stesse antenne il segnale wi-fi. A promuovere l’iniziativa è Leonardo Metalli, redattore del TG1 che il 5 aprile l’ha postata sul forum del Movimento 5 Stelle.

     

    NATA DAL BLOG DI GRILLO – «L’idea è nata dopo l’uscita di Grillo di vendere i due canali Rai», spiega Metalli aCorriere.it. «Gli ingegneri di Rai Way – la società che possiede la rete di diffusione del segnale radiotelevisivo – tempo fa avevano studiato la possibilità di trasformare i 2200 ponti di trasmissione che punteggiano tutto il Paese per distribuire non solo il segnale televisivo ma anche il wi-fi. Cosa peraltro che già stiamo facendo dando i ripetitori in uso alla Polizia e alle compagnie telefoniche private come Telecom e Vodafone».

     

    IL DOCUMENTO DI RAI WAY – Corriere.it è riuscito ad entrare in possesso di quel documento riservato, datato 2006, in cui si rileva come la diffusione della banda non sia solo fattibile ma «si potrebbero raggiungere alcune aree del nostro Paese dove la conformazione orografica del territorio e/o la scarsa densita abitativa rendono economicamente proibitive soluzioni wired». Nelle zone a scarsa concorrenza «favorirebbe la concorrenza e consentirebbe l’incremento di offerta dei servizi offerti dalla banda larga» mentre per la Pubblica Amministrazione contribuirebbe a «collegare le diverse sedi locali tra di loro con l’utilizzo di reti intranet e la Pubblica Amministrazione stessa con il cittadino attraverso internet».

    NON SI SOSTITUISCE ALLE TLC – La proposta di Metalli non è di sostituire la Rai alle compagnie telefoniche ma di offrire «un segnale base, con una banda limitata, per le applicazioni più leggere» mentre «per le applicazioni più pesanti in termini di traffico dati si ricorrerebbe comunque alle compagnie telefoniche tradizionali».

     

    SI PAGA CON IL CANONE – Il tutto sarebbe pagato tramite il canone, senza aggiungere costi, il cui pagamento risulterebbe anche «meno indigesto». «L’azienda beneficerebbe di un abbonamento che interessa tutti e godrebbe di un’operazione simpatia», afferma Metalli. «Aumenteranno gli abbonati e pagheranno con maggiore felicità visto che chi non vede Rai comunque avrebbe la connettività».

     

    IL RUOLO DEI COMUNI – Ma cosa manca per attivare questo ipotetico sistema? Ad un primo sguardo il giornalista del TG1 prevede la necessità di un’accordo con l’ANCI, l’associazione italiana dei comuni italiani, «affinché i comuni installino degli hot spot per potenziare il segnale. La parte più costosa a livello effettivo l’abbiamo già pagata realizzando le strutture che ripetono i segnali». Strutture che fanno gola visto che nel lontano 2001 il gruppo texano Crown Castle, secondo operatore mondiale del settore, aveva tentato di acquistare il 49% di RaiWay per sviluppare assieme il business della Tv digitale, terrestre e, guarda caso, delle telecomunicazioni.

    L’ITALIA HA BISOGNO DELLA RETE – Insomma, l’idea di Metalli sembra non fare una grinza ma per avere maggiori delucidazioni ci siamo rivolti a Filippo Renga, coordinatore dell’Osservatorio Mobile del Politecnico di Milano. «Tecnicamente si può fare e ben venga se una struttura del genere possa abilitare la banda larga», esordisce l’ingegnere. «Porterebbe benefici al sistema Paese come accaduto in passato con il telefono e tanto più che la struttura sarebbe pubblica».

    CAPIRE CHI PAGA – Certo, ci sono anche delle problematiche. «Prima di tutto si dovrebbe capire chi paga quella banda», afferma Renga. «Offrire connettività è come come costruire strade o fornire energia. Ha costi più bassi delle infrastrutture fisiche ma comunque ha dei costi. Però lo stato potrebbe farsene carico come accade per le autostrade tedesche. Non basta mettere delle antennine perché il sistema funzioni e comunque anche quelle vanno pagate».

    MISURARE I COSTI – Seconda problematica: la gestione. «Le antenne sono una risorsa di proprietà della Rai e vanno pagate, la Rai non è un fornitore di connettività», osserva Renga. E dal punto di vista tecnico «gli sforzi da sostenere vanno commisurati al beneficio. Bisogna capire se vale la pena drenare risorse da altre applicazioni più performanti per trasformare le antenne».

    MAGGIORE COMPETIZIONE – Terzo punto, già riscontrato nel documento di Rai Way, è la competitività. «Un sistema del genere, se offerto a costo zero, porterebbe una forte spinta competitiva nel settore», afferma Renga. «Nei Paesi in cui viene offerto gratuitamente il wi-fi non sostituisce la necessità di una banda in casa, semplicemente dà una pressione competitiva. E se non sono i costi ad abbassarsi allora è la qualità a migliorare». La chiusura poi non lascia dubbi: «La disponibilità di maggiore banda in Italia è solo che positivo».

    tratto da www.corriere.it

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