“Parlare di sanità è ormai diventato lo sport più praticato. È comprensibile: parliamo di un servizio essenziale, percepito dai cittadini come vitale per la propria salute, più ancora dei trasporti, dell’istruzione o della sicurezza. Ma occorre farlo con competenza, conoscendo norme, numeri e meccanismi del sistema. Senza queste basi, si cade facilmente nel populismo”.
E’ l’attacco del chilometrico comunicato stampa (che riportiamo integralmente alla fine) dei commissari alla Sanità molisana, Marco Bonamico e Ulisse Di Giacomo che in un passaggio parlano dell’ospedale di Agnone: il San Francesco Caracciolo ad un passo da diventare presidio di comunità come riportato nel Pos 2025-2027. Su questa decisione Bonamico e Di Giacomo non indietreggiano malgrado la protesta di sindaci e cittadini nonché gli annunci di ricorrere alla giustizia amministrativa. Non è tutto, visto che nel confermare le loro scelte, il tandem commissariale, rivela un retroscena non di poco conto. Ovvero che l’ospedale stava per finire ad una gestione extraregionale. Tentativo di fatto poi fallito.

“Il recente caso del TAR Campania, che ha accolto il ricorso contro il diniego all’uscita dal Piano di Rientro, ne è l’esempio. Qualcuno in Molise si è subito chiesto “perché da noi no?”, ignorando che per uscire dal commissariamento bisogna garantire due condizioni contemporanee e per almeno due anni: pareggio di bilancio e piena erogazione dei LEA in tutte le tre aree (ospedaliera, territoriale, prevenzione). Senza questi requisiti, nessuna regione può uscire dal Piano. È proprio per questo che il Molise deve voltare pagina – scrivono Bonamico e Di Giacomo in una nota – E alcuni dei nodi più urgenti riguardano la riorganizzazione della rete ospedaliera, incluse le strutture dell’area interna.
IL CASO DI AGNONE: IL PUNTO REALE DELLA QUESTIONE
Il Presidio Ospedaliero di Agnone – si legge nel comunicato – classificato come ospedale di area disagiata, nel 2024 ha ricoverato 328 pazienti in 20 posti letto: meno di un ricovero al giorno. Nel 2025 i numeri sono ancora inferiori. Parallelamente, il Pronto Soccorso viene mantenuto aperto grazie a medici a contratto libero professionale, poiché non si riesce a reperire personale da stabilizzare.
La realtà, dunque, è chiara: un ospedale senza personale sufficiente e senza un numero di pazienti che ne giustifichi l’attuale assetto.
La scelta di trasformare Agnone in Ospedale di Comunità, sul modello già operativo a Venafro e Larino, nasce esattamente dalla volontà opposta rispetto a quella che qualcuno vuol far credere: garantire finalmente assistenza vera, continuativa e sicura all’Alto Molise, oggi di fatto privo di servizi realmente funzionanti, soprattutto nelle emergenze tempo-dipendenti.
La Struttura Commissariale ha valutato e tentato ogni possibile alternativa, compresa una proposta di gestione sperimentale in collaborazione con una struttura extraregionale. Tale ipotesi avrebbe permesso di mantenere il presidio in forma ospedaliera, ma non si è concretizzata per ragioni non dipendenti da noi. Il sindaco di Agnone, Daniele Saia, ne è testimone diretto.
PERCHÉ LA RIMODULAZIONE È NECESSARIA
La riorganizzazione non nasce da logiche punitive né da presunti tagli “contro” l’Alto Molise:
nasce dall’obbligo di garantire cure sicure e interventi salva-vita, oggi impossibili da erogare in un ospedale con numeri così bassi, personale insufficiente e attività cliniche non continuative.
L’Ospedale di Comunità permetterà invece:
- assistenza territoriale potenziata;
- continuità di cura reale e non solo teorica;
- integrazione con medici di medicina generale, infermieri e specialisti;
- presa in carico dei pazienti cronici e fragili, che rappresentano la maggioranza dell’utenza del territorio.
Questa non è una scelta facile, ma è una scelta necessaria. Chi invoca il “no” a prescindere, senza alternative praticabili e sostenibili, contribuisce solo a bloccare il Molise in una situazione che impedisce di uscire dal commissariamento e di offrire servizi efficienti ai cittadini.
Di seguito il comunicato integrale a firma dei due commissari
Parlare di sanità, ormai, è diventato lo sport più praticato. Ogni giorno e dappertutto.
Ed è anche comprensibile, dal momento che si tratta di un servizio fondamentale avvertito dalla gente come essenziale per la propria salute e a volte per la propria stessa vita, molto più dei trasporti, dell’istruzione e della stessa sicurezza personale.
Ma per parlare di Sanità occorre che si abbia conoscenza delle leggi e delle norme, che si conoscano i numeri e che si possieda una solida base di esperienza nel settore.
Altrimenti si rischia di scadere nel populismo e nella ideologia.
Esempio più recente è la decisione del TAR della Campania di accogliere il ricorso del Presidente della Regione contro il diniego del Tavolo Tecnico di Verifica di decretare l’uscita della Campania dal Piano di Rientro.
Immediatamente in Molise qualche sprovveduto ha sentenziato: perché in Molise no?
La risposta è tanto semplice quanto banale.
Perché per uscire dal Commissariamento (e dal Piano di Rientro) è necessario non solo raggiungere il pareggio di bilancio e mantenerlo per due esercizi consecutivi, ma essere adempienti al contempo nell’erogazione dei LEA per lo stesso periodo e in tutte e tre le aree: ospedaliera, territoriale e della prevenzione.
La Campania ritiene di averlo fatto, e tenterà di dimostrarlo ai tavoli ministeriali che nel frattempo hanno preannunciato ricorso al Consiglio di Stato.
Questo preambolo è necessario per spiegare che in Molise, se non si volta pagina in Sanità, le condizioni per chiudere la lunga stagione del commissariamento non si realizzeranno mai.
Emblematico a tal proposito è quanto sta succedendo sulla Rete Ospedaliera e sulle Reti tempo dipendenti.
Fino a un mese fa, chi in Molise aveva la sfortuna di essere colpito da un ictus cerebrale veniva ricoverato presso la Stroke Unit del Cardarelli in caso di ictus ischemico, o trasferito fuori regione in ambulanza o in elicottero in caso di ictus emorragico o di ictus ischemico con indicazione alla trombectomia.
Oggi, con l’entrata in vigore della nuova Rete Ictus, il paziente con ictus ischemico continuerà ad essere ricoverato presso il Cardarelli, mentre chi presenta un ictus emorragico, oppure ha bisogno di una trombectomia, invece di essere trasferito in altre regioni sarà curato in Molise presso l’IRCSS Neuromed, struttura di altissima specialità riconosciuta tale a livello nazionale, riducendo i tempi di intervento medico, alleviando i disagi al paziente e alla famiglia, e producendo anche un notevole risparmio in quanto le prestazioni eseguite in Molise hanno un costo minore rispetto a quelle erogate nelle regioni limitrofe.
Dovrebbe essere considerata una scelta di buon senso, oltre che di migliore efficienza terapeutica, ma qualcuno ha ritenuto di presentare ricorsi al TAR Molise.
Ricorsi che riteniamo siano contro un provvedimento salvavita di assoluta evidenza e di sicura efficacia.
Altrettanto significativa è la sterile disputa sui Laboratori di Emodinamica, e anche in questo caso è necessario spendere due parole per fare chiarezza.
In Molise due laboratori su tre sono sottosoglia per numero e tipologia di prestazioni di angioplastica.
Questo dato compromette la qualità e la congruità degli interventi indipendentemente dalle capacità e dalle competenze dei singoli professionisti e mette a rischio la salute e la vita stessa dei pazienti infartuati.
Lo dice il DM 70/2015, e non i Commissari. La Struttura Commissariale ha solo il compito (anzi l’obbligo) di fare in modo che anche in Molise venga rispettata una norma nazionale a salvaguardia della salute e della vita dei molisani colpiti da infarto miocardico, riducendo il numero di strutture di emodinamica non certo per un calcolo economico bensì proprio per tutelare la salute dei cittadini.
Stesso discorso per le sedi di Continuità Assistenziale.
In Molise se ne contano oltre 40, il numero in percentuale più alto del nostro Paese.
I medici di cui disponiamo non riescono a coprire tutti i turni, con la prassi ormai consolidata di tenere in piedi diverse sedi prive del personale medico necessario o di alternarne il funzionamento.
Si è proceduto quindi a riorganizzare la sanità territoriale riducendo il numero delle sedi e ricomprendendole nelle Case di Comunità, dove lavoreranno insieme agli specialisti, agli infermieri e alle altre figure professionali, cosa, questa, che, con l’ausilio della Telemedicina, comporterà un aumento del numero delle ore di presenza dei medici di Medicina Generale e la copertura dei turni anche nelle ore diurne.
A fronte di questa riorganizzazione della sanità territoriale, epocale per la nostra regione, chiediamo a tutti una presa di coscienza affinché ci si apra al nuovo e non si scelga di restare ancorati a vecchi modelli chiedendo di conservare la propria sede: sotto casa, ma senza medici.
E veniamo al problema del P.O. di Agnone.
Come Ospedale di area disagiata nel 2024 ha ricoverato nei suoi 20 posti letto 328 pazienti con patologie di bassa e media intensità, ossia meno di un ricovero al giorno.
E nel 2025 i numeri sono ancora più bassi. Il Pronto Soccorso è tenuto in attività da medici con contratto libero professionale perché non si riesce a reperire il personale necessario da contrattualizzare; dunque, ci troviamo di fronte a un ospedale senza personale sanitario e senza pazienti.
Le ragioni che ci hanno spinto a rimodulare questa struttura in Ospedale di Comunità (sul modello di Venafro e Larino) non sono affatto di avversione alla popolazione dell’Alto Molise, come qualcuno tenta di far credere, ma al contrario rappresentano l’estremo tentativo di garantire prestazioni sanitarie, in primis quelle salva vita, ad un’area del Molise che in questo momento non riceve, di fatto, nessuna assistenza ed è bene sottolineare che prima di assumere questa decisione sono state immaginate e tentate, purtroppo senza successo, tutte le alternative possibili, non ultima la possibilità di un progetto di collaborazione con una struttura extraregionale che prendesse in carico la gestione del presidio di Agnone, su un modello sperimentale che noi commissari ci eravamo resi disponibili a sostenere ai Tavoli ministeriali.
Non se ne è fatto nulla, non certo per nostra responsabilità, e il sindaco di Agnone Daniele Saia ne è testimone.
Sono poche ed elementari considerazioni, le nostre, che vorrebbero convincere coloro che sono avvezzi alla politica del “no” (peraltro priva di controproposte concrete o attuabili), che in Sanità bisogna cambiare e che una nuova organizzazione sanitaria è doverosa, anzi obbligata, in una regione che voglia uscire dal Commissariamento e dare servizi efficaci ed efficienti ai cittadini molisani.
I Commissari per il Piano di Rientro dai disavanzi in Sanità
Avv. Marco Bonamico – Dr. Ulisse Di Giacomo