Le immagini pubblicate parlano da sole e raccontano la realtà molto meglio delle parole. Sono scatti che mostrano i danni che ogni giorno orde di cinghiali procurano non più e non solo alle aziende agricole e alle colture, ma ormai anche alle altre attività antropiche. Quel campo arato che si vede in foto, ad esempio, è quel che resta del campo da golf a Miglianico. Cinghiali, a mandrie da quaranta animali e anche più, che entrano nell’abitato, a due passi dalle abitazioni, per nulla spaventati dalla presenza delle persone e devastano terreni e colture, attività e giardini.
Un’emergenza vera e propria, con i sindaci del Chietino che ogni giorno chiamano la Polizia provinciale sollecitando interventi di controllo. Già, quegli interventi che nei mesi scorsi hanno portato ad abbattere migliaia di animali confidenti e problematici, in zone precluse alla caccia e fin dentro l’abitato e che ora rischiano seriamente di subire una battuta d’arresto, anzi l’hanno già subìta. Perché il piano di controllo triennale in vigore scade a fine anno e in Regione Abruzzo, al momento, non si intravede nessuna attività, né tecnica né politica, finalizzata al rinnovo di quello strumento di controllo delle popolazioni di cinghiali.
L’unico provvedimento, nato monco, che la Regione Abruzzo è riuscita a partorire rispetto ad un fenomeno fuori controllo anche in ragione dello stop imposto alla caccia in braccata, è stato l’emanazione di una determina che consente, anche in zona rossa, il controllo del cinghiale, ma solo sulla carta. Infatti quel documento, firmato dalla direttrice del dipartimento Elena Sico, di fatto lega le mani alla Polizia provinciale perché, a differenza del recente passato, non può avvalersi della collaborazione volontaria e gratuita dei selecontrollori all’uopo formati.
La dottoressa Sico, eseguendo molto probabilmente un ordine politico arrivato dall’assessorato di riferimento, ha messo nero su bianco che i selecontrollori possono operare solo ed esclusivamente sui fondi propri. Cioè se io selecontrollore ho una mandria di cinghiali intenta a devastare il terreno accanto a quello di cui sono conduttore o proprietario non posso sparare, non ne ho facoltà, sarei un volgare bracconiere.
E così, all’atto pratico, la Polizia provinciale si trova a far fronte all’emergenza cinghiali potendo contare solo su qualche agente del corpo munito di licenza e un pugno di guardie venatorie, meno di una decina di persone che, secondo la Sico e qualche genio che le ha suggerito un simile provvedimento di matrice chiaramente politica, dovrebbero coprire l’intero territorio della provincia di Chieti, da San Salvo a Miglianico, da Gissi a Francavilla al Mare. Una follia, un non senso, che si traduce infatti nel crollo a picco degli abbattimenti. E, come ovvia conseguenza, si registra un’impennata esponenziale dei danni causati dai cinghiali e degli incidenti stradali. I sindaci del Chietino ne sanno qualcosa.
A chi prende decisioni politiche e si lascia influenzare dalle veline che magari arrivano da chi è dichiaratamente ostile alle operazioni di controllo, bisogna allora ricordare che si assume l’enorme responsabilità politica, ma anche di altra natura e in altre sedi evidentemente, di aver di fatto paralizzato l’unico strumento di contenimento della popolazione di cinghiali sul territorio.
I danni che quei cinghiali stanno facendo qualcuno dovrà pagarli e la recente sentenza del Tribunale di Campobasso che ha condannato la Regione Molise a risarcire un automobilista danneggiato proprio in seguito ad un incidente con fauna selvatica dovrebbe far suonare un campanello d’allarme anche dentro gli uffici tecnici e dell’assessorato della Regione Abruzzo.
Francesco Bottone
P.S.: Se i risarcimenti dei danni, invece che dalle casse pubbliche della Regione Abruzzo, uscissero dalle tasche dei suggeritori occulti (ma mica tanto, ndr) dell’assessore Imprudente, probabilmente si farebbero scelte più logiche e in linea con quelle concretamente operative del recente passato.