«L’indice composito di fragilità comunale fornisce una misura di sintesi della fragilità dei Comuni, intesa come l’esposizione di un territorio ai rischi di origine naturale e antropica e alle condizioni di criticità connesse con le principali caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo». Ne ha parlato, nei giorni scorsi, Matteo Mazziotta, dirigente dell’Istat e inventore dell’indice di fragilità stesso, ospite della seconda lezione della Scuola dei piccoli Comuni di Castiglione Messer Marino, coordinata e diretta dal professor Rossano Pazzagli dell’Unimol.
L’indice è la combinazione dei seguenti indicatori: superficie a rischio di frane, consumo di suolo, indice di accessibilità ai servizi essenziali, tasso di motorizzazione ad alta emissione, raccolta indifferenziata dei rifiuti urbani, aree protette, indice di dipendenza della popolazione aggiustato, popolazione tra i 25 e 64 anni con bassi livelli di istruzione, tasso di occupazione nella fascia di età 20-64 anni, tasso di incremento della popolazione, densità delle unità locali dell’industria e dei servizi, addetti delle unità locali a bassa produttività nominale del lavoro di settore per l’industria e i servizi.
L’indice è espresso in classi, dove la classe uno è di minima fragilità, mentre la decima è di massima fragilità appunto. Scorrendo le tabelle dell’Istat, si apprende che Agnone, ad esempio, è in classe cinque, quindi a medio livello di fragilità. Approfondendo, balza all’occhio l’indice di dipendenza della popolazione aggiustato, cioè l’indicatore del rapporto percentuale tra la popolazione in età 0-19 anni e oltre 64 anni e la popolazione in età 20-64 anni, in pratica tra i lavoratori e i non lavoratori. Questo specifico indicatore, per Agnone, è crescente, sia pure lentamente. La sua polarità è concorde, cioè al crescere dell’indicatore cresce anche il livello di fragilità del Comune. Tradotto, significa che la popolazione sta invecchiando e i pensionati e studenti sono sempre di più rispetto agli occupati.
Decisamente peggio Belmonte del Sannio, che ha un indice composito di fragilità comunale pari a dieci, quindi il massimo livello di fragilità. Stesso discorso per Poggio Sannita, livello dieci, massima fragilità. Castelverrino, poche centinaia di anime, in controtendenza, migliora, passando da un indice nove nel 2018, ad un livello sette nel 2019, fino a scendere a livello sei nel 2021 (non sono ancora disponibili dati più recenti, ndr). Se la cava anche Pescopennataro: livello quattro nel 2018, livello sei tra il 2019 e il 2021. Capracotta resta stabile, oscillando tra il livello quattro e tre di fragilità. Castel del Giudice passa da sei a cinque, risultando quindi più fragile di Capracotta nonostante tutto il fermento culturale e le iniziative poste in essere da decenni e, ultimamente, grazie al Bando Borghi. San Pietro Avellana è a livello sette di fragilità, piuttosto alto dunque; Sant’Angelo del Pesco migliora passando da nove a sette; Carovilli migliora leggermente, passando da otto a sette. Pietrabbondante è quasi al massimo livello di fragilità, a quota nove. Vastogirardi è a livello sette, mentre Pescolanciano è a metà, cinque come Agnone.
Riassumendo, secondo gli indicatori dell’Istat, in Alto Molise i Comuni più fragili sono Poggio Sannita e Belmonte del Sannio, entrambi a livello dieci, cioè massimo, seguiti da Pietrabbondante a nove. Questo il podio della fragilità, dunque, in Alto Molise. Dati, numeri e classifiche che mostrano qualche evidente discrepanza rispetto alla realtà, perché incontrovertibilmente vivere a Capracotta è meno agevole che abitare ad Agnone. Ed è anche il motivo per il quale l’Uncem, e lo stesso presidente molisano Candido Paglione, hanno ferocemente contestato questi indicatori partoriti dall’Istat.
Critiche e obiezioni che non scalfiscono più di tanto il dirigente dell’istituto nazionale di statistica, Matteo Mazziotta. «Il nuovo Indice di Fragilità Comunale è inteso come l’esposizione di un territorio ai rischi di origine naturale e antropica e a condizioni di criticità connesse con le principali caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo. I nostri uffici raccolgono e incrociano i dati, quelli oggettivi e misurabili, spetta poi alla politica e alle istituzioni interpretarli e anche analizzarli, per tradurli in opportunità, anche di finanziamento, per le varie realtà territoriali e comunali cui si riferiscono».
Tornando un attimo all’indice composito di fragilità, appena al di là del confine Castiglione Messer Marino si attesta ad un livello medio alto con un valore sette; Schiavi di Abruzzo va peggio, con un indice nove di fragilità; Montazzoli il massimo della fragilità con il valore dieci; Torrebruna nove; Fraine 9; Castelguidone nove; Celenza sul Trigno sette; San Giovanni Lipioni sei; Carunchio sette. Al netto delle critiche e delle probabili discrepanze con la realtà riscontrata da chi poi sul territorio vive e resiste, i dati dell’indice indice composito di fragilità comunale, come ha sottolineato in chiusura lo stesso Mazziotta, «possono rappresentare un utile strumento di gestione che purtroppo molti Comuni e amministratori nemmeno conoscono».