AGNONE – Amato e odiato con la stessa intensità, osannato e ferocemente detestato, fino al lancio delle monetine davanti all’hotel Raphael a Roma, Bettino Craxi viene ricordato e riscoperto a vent’anni dalla morte – avvenuta il 19 gennaio 2000 ad Hammamet, in Tunisia – attraverso documenti, testimonianze inedite e racconti di chi lo ha conosciuto. Mentre sul grande schermo è uscito il film ‘Hammamet’ di Gianni Amelio con Pierfrancesco Favino, in libreria arrivano in questi giorni saggi, romanzi e memoir dedicati al leader socialista. Pubblichiamo, di seguito, il commento al film su Craxi di Armando Bartolomeo, storico militante socialista di Agnone.
Ieri sera mia figlia Sara mi ha proposto di andare al cinema a vedere il film di Gianni Amelio, Hammamet. Ero molto riottoso, non volevo riaprire una ferita che ha lacerato il mio animo socialista ma, nello stesso tempo, ero curioso, a anni di distanza, di confrontarmi con quella che, anche per me, è stata una storia vissuta sulla mia pelle di militante socialista.
Alla fine ho ceduto e, non senza un certo imbarazzo, spenti i cellulari ci siamo seduti nelle comode poltrone per vedere di cosa si trattasse.
Il film comincia con Bettino che fa uno dei suoi appassionati discorsi. Subito ho riconosciuto la fabbrica Ansaldo di Milano, l’apertura del 45° congresso del PSI, correva l’anno 1989 e dopo cento anni di storia gloriosa: piena di lotte, successi e clamorose delusioni, il partito si avviava alla fine. Quel discorso lo ricordo bene perché ero presente nell’ex fabbrica Ansaldo e ricordo anche l’atmosfera, per me molto imbarazzante, che si respirava. I “nani e ballerine” evocate dal compagno Formica, si aggiravano tra i vecchi compagni, oscurandone il passato e violentando anche la sacralità del luogo. Alla fine del discorso del segretario anche nel film parte il canto dell’Internazionale che, ieri sera come allora, ha suscitato in me una forte emozione; l’unica cosa di socialista rimasta in quel congresso.
Il film prosegue con Craxi che scende dal palco e ha un colloquio privato con un certo Vincenzo, si presume che sia il segretario amministrativo del partito, mio conterraneo, che lo avverte che stanno subendo perquisizioni occulte, ma nello stesso tempo Vincenzo appare anche come l’anima critica che cerca di far riflettere il compagno segretario sulla direzione sbagliata che sta imprimendo al partito: lontana dai valori e dalla storia dello stesso.
Questa anima critica tormenterà Bettino per tutto il film che si svolge nella villa di Hammamet, a quanto pare la vera residenza trasformata in set cinematografico; in cui si muovono altre due protagonisti: il figlio di Vincenzo, spina conficcata nella coscienza del segretario, e la figlia Anita, nome fittizio dato a un personaggio che nella realtà non assomiglia minimamente alla grande donna a cui si è inteso rubare il nome.
La ricostruzione storica del film rimane molto superficiale, si mette l’accento sulla vicenda di Sigonella, senza dubbio un grande colpo da navigato statista, ma si tralasciano le lacerazioni a sinistra e aleggia, quasi sottovalutandone l’immensa dimensione, il vero problema per cui l’ex presidente del consiglio è dovuto riparare in Tunisia, le tangenti.
Certo non era un peccato solo socialista, ma commesso dai socialisti aveva una valenza differente e, soprattutto, imbarazzante.
Le interpretazioni degli attori sono state rilevanti, soprattutto quella del protagonista in cui si coglieva un profondo studio nei gesti e nel parlare; la storia, invece, ha molte lacune e distorsioni.
A Hammamet non c’era un esule, ma solo un socialista che aveva smarrito la strada e si era nutrito di presunzione e arroganza, peccati incancellabili per ogni socialista.
Armando Bartolomeo