Il ponte sul Sente non riaprirà mai. E’ la sensazione diffusa, nella “terra di mezzo” tra Abruzzo e Molise, in merito alle sorti del viadotto che collegava le due sponde al di qua e al di là del fiume Sente appunto. Da cinque anni quella struttura, tra le più imponenti d’Europa, è chiusa per un «imminente rischio crollo» certificato, in nome e per conto della Provincia di Isernia, da un ingegnere venafrano.
Da allora, cinque anni appunto, solo chiacchiere e qualche milione di euro speso per approfondimenti diagnostici si direbbe in termini medici. La questione è semplice: il problema non è solo la terza pila, quella ormai famosa che ha subito una rotazione e traslazione, ma riguarda l’intera tenuta statica dell’impalcato e del viadotto in tutta la sua lunghezza. Questa non è un’opinione da bar, o di qualche geometra aspirante ministro delle infrastrutture, ma è quanto certificato dal Provveditorato opere pubbliche di Napoli che in prima analisi ha bocciato e rispedito al mittente il primo progetto di intervento ipotizzato dalla Provincia di Isernia.
Non serve a niente mettere in sicurezza la terza pila, ma l’intera struttura deve essere fatta oggetto di interventi di manutenzione straordinaria. Questa la sintesi del parere tecnico del provveditorato partenopeo. Anche perché si tratta di un imponente manufatto realizzato quasi cinquant’anni fa, con una tecnologia e con riferimenti normativi ormai datati e da aggiornare. E la recente uscita pubblica del consigliere regionale del Molise, Andrea Greco, non fa altro che gettare benzina sul fuoco delle polemiche.
«Un’intera area, tra alto Molise e Abruzzo, resta agonizzante dal 2018, nell’indifferenza di Regione e Provincia. – ha spiegato il pentastellato Greco – Sono migliaia i cittadini che da allora attendono la riapertura del viadotto Sente-Longo. E se da una parte noi ce l’abbiamo messa tutta per arrivare all’obiettivo sin dal primo momento, non si può dire lo stesso per altre forze politiche e istituzioni che invece hanno abbandonato quelle aree interne al loro destino». Il riferimento di Greco è ai famosi due milioni di euro tirati fuori dal Governo centrale quando Toninelli, suo malgrado, era ministro delle Infrastrutture e Trasporti. L’allora parlamentare del M5S, Carmela Grippa, ribaltò qualche scrivania, letteralmente, all’interno del Ministero, per ottenere un primo finanziamento per il ponte Sente, sull’onda emotiva del crollo del ponte di Genova. Solo che in Liguria un ponte lo hanno ricostruito ed è già pienamente in esercizio, mentre quello tra l’Abruzzo e il Molise resta chiuso al traffico, monumento all’incapacità politica del Sud Italia.
«Quando andammo noi al Governo, – commenta l’ex parlamentare Carmela Grippa – tutti addosso per risolvere il problema e da subito ci attivammo per trovare la copertura economica per permettere di effettuare i giusti rilievi e studi di fattibilità. Ci furono, come giusto che fosse, mobilitazioni, incontri, confronti e soprattutto tanti attacchi, oggi stranamente tutto tace. Chi potrebbe e dovrebbe, cosa fa?». Questo è il problema, capire chi potrebbe fare qualcosa relativamente alla “vertenza” del ponte Sente. La parolina magica è una sola: Anas. La partecipata statale, infatti, è la sola che potrebbe prendere in carico la struttura e realizzare, in tempi ragionevoli, la messa in sicurezza del viadotto arrivando alla riapertura al traffico veicolare. Anas, però, ha bisogno del disco verde della politica, quella che conta, quella che sta a Roma e soprattutto di soldi. Proprio i tecnici dell’Anas hanno ipotizzato e quantificato la somma necessaria agli interventi di messa in sicurezza in quaranta milioni di euro. Chiaramente il gioco non vale la candela se si considera il volume di traffico potenziale, ma siamo nel campo dei servizi primari, perché la viabilità questo è, e dunque valutazioni costi/benefici lasciano il tempo che trovano. Serve la volontà politica, tutto qui.
E intanto proprio la perdurante chiusura del ponte Sente causerà, già in occasione delle prossime elezioni regionali in Molise, un qualche effetto “politico” appunto. Il portavoce del comitato civico che si batte per la riapertura del viadotto, Giorgio Iacapraro, lo ha già annunciato e ora rilancia la sua proposta: disertare le urne in segno di protesta. Qualcosa di simile si è già visto in occasione delle recenti politiche: un manipolo di elettori depositò la propria tessere elettorale sulle transenne che impediscono l’accesso sul viadotto. Si tratta ora di convogliare e organizzare la protesta del voto per le regionali. Iacapraro si dice pronto a cavalcare l’onda della protesta, ma serve l’appoggio dei sindaci di zona.
Francesco Bottone