180 abitanti e 100 profughi. «C’è esasperazione».
Il caso di Lizzola, molto simile a quello di Schiavi di Abruzzo, finisce sul Corriere della Sera.
Non c’è solo Schiavi, dunque, come esempio di integrazione al contrario viste le percentuali sproporzionate tra profughi e residenti.
Il Corriere si occupa del caso di Lizzola, dove gli effettivi residenti sono 180 e i profughi arrivati in paese sono addirittura 100.
A Schiavi, almeno per il momento, le percentuali sono leggermente differenti: circa 200 i residenti a fronte di 70 profughi ospiti della struttura sul Monte Pizzuto. Ma nulla vieta a Matrix, la cooperativa che gestisce il centro, di aumentare il numero dei ragazzi ospitati, semplicemente per fare più soldi. Perché i ragazzi non sono ospitati per un fraterno e magari evangelico spirito di accoglienza. Si tratta di solidarietà a pagamento, pagata dai contribuenti, di business. Non c’è nulla di umanitario o di benemerito, è un’attività commerciale. Pagata con soldi pubblici.
Tutti maschi, tutti intorno alla trentina, di diverse etnie e diverse religioni, che secondo la Prefettura dovrebbero integrarsi a Schiavi di Abruzzo con i meno di duecento residenti, la stragrande maggioranza dei quali è ultrasettantacinquenne. In un posto a mille e duecento metri sul livello del mare, dove gli unici punti di aggregazione sono rappresentati da tre bar, il campo sportivo e una pineta panoramica.
Un paese che non offre nulla ai residenti, come potrebbe offrire qualcosa a settanta trentenni, tutti maschi tra l’altro, di un’altra cultura?
Ma alla Prefettura queste questioni non interessano. Ha dei profughi da accogliere, perché così ha ordinato il Ministero, e da parcheggiare da qualche parte per almeno sei mesi. Siccome nelle città maggiori è facile incappare in contestazioni dei cittadini o in sindaci che si oppongono, la scelta cade spesso sui piccoli centri montani, come quelli dell’Alto Vastese. Paesi fantasma dove però non c’è rischio di contestazioni, perché la popolazione è tutta anziana e pensionata, e soprattutto dove comandano sindaci pronti a svendere il territorio per trenta denari o per qualche posto di lavoro da rinfacciare poi a scopo elettorale.
Francesco Bottone
effebottone@gmail.com
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