LE AZIENDE INFORMANO
Agnone amplia la sua già ricca offerta turistico-cuturale con l’apertura di un nuovo museo dedicato ad un’altra delle sue arti millenarie legate al metallo. Il 5 Agosto prossimo apre infatti i battenti il Museo Storico del Rame “Francesco Gerbasi” voluto dall’omonima famiglia che vanta una tradizione artigiana risalente almeno a metà del diciannovesimo secolo. A loro, e a pochi altri, il merito di non aver fatto morire un’arte che ha reso ricca e famosa Agnone per tanti secoli. Con l’apertura del Museo i Gerbasi acquisiscono un altro merito: quello di non far cadere nel dimenticatoio la civiltà del rame agnonese che, come per l’oreficeria, non aveva ancora uno spazio espositivo adeguato alla plurisecolare tradizione.
Ecco dunque un altro polo attrattivo per la città artigiana per eccellenza che non potrà non essere visitato dai turisti e dalle scolaresche (alle quali è dedicato un apposito spazio laboratoriale) che giungeranno ad Agnone fin dalle prossime settimane. Al Museo, la famiglia Gerbasi affiancherà la possibilità di visita delle antiche fonderie del Rame in località San Quirico, un tempo note come “Ramere del Sig. Principe di Santobuono” come si legge in una antica mappa del 1754.
L’inaugurazione del Museo storico del Rame è fissata per Mercoledì 5 Agosto alle ore 17.00 presso il capannone de “La Ramera” alla presenza del sindaco di Agnone, del Vescovo di Trivento e di altre autorità e cittadini.
Note informative
Il Museo Storico del Rame nasce per iniziativa della famiglia Gerbasi, ultimi ramai della nobile arte agnonese, ed è intitolato al capostipite Francesco, calderaio, nato a san Buono (Ch) nel 1856.
La visita è molto più che un tuffo nella storia: è emozione, partecipazione e comprensione profonda di una attività umana che parla di sudore e sacrifici, ma racconta anche l’ingegnosità e il genio di un popolo che sulla lavorazione del rame ha costruito gran parte della sua ricchezza per lunghi secoli.
La ricostruzione degli ambienti, gli attrezzi originali, gli oggetti antichi – collezionati da oltre un secolo e mezzo di attività della famiglia – evocano le atmosfere del mondo del rame ne raccontano la storia rivelando i segreti di questa arte antica che hanno attraversato i secoli per arrivare fino a noi.
Un posto magico, dove si può vivere un esperienza unica nel suo genere, particolarmente utile a percorsi didattici e laboratoriali.
IL PERCORSO
Un video introduttivo accoglie i visitatori del Museo Storico del Rame nella sala delle proiezioni attrezzata anche per presentazioni e conferenze. La lavorazione del rame nella storia viene presentata attraverso una accurata ricostruzione corredata di filmati rarissimi.
All’interno del Museo storico del Rame il primo ambiente è quello della Fonderia dove i possenti magli e il fuoco della fucina, alimentato da un gigantesco mantice, provvedevano alla trasformazione del “forgiato” che da materia prima iniziava qui ad assumere forma. Un mondo antico e affascinante risalente all’epoca medievale ormai visibile solo grazie a questa fedele ricostruzione, durato ad Agnone fino al 1970 anno di chiusura della “Ramera di San Quirico”.
Dalla fonderia si passa alla Bottega del ramaio, dove i maestri artigiani, veri artisti del metallo rosso, facevano a gara a trasformare i “forgiati” negli oggetti che il mercato richiedeva: tine, conche, pentole, caccavi e molti altri ancora la cui qualità era proverbiale. Centinaia di attrezzi – tutti originali – i “cavalli” la “panca”, il “palacciuolo” e le tenaglie “a becco di cigno”, ad esempio, rendono la visita una vera immersione nell’arte che rese famosa Agnone in tutto il Regno di Napoli.
Il percorso continua nella bottega di Felice Gerbasi (anni sessanta, padre dell’attuale titolare) che da abile maestro artigiano interpretò i nuovi tempi trasformando il lavoro del “Calderaio” in una attività moderna e artistica con la realizzazione di oggetti a sbalzo di grande valore ancora oggi ricercati.
Il Museo è completato dall’esposizione di centinaia pezzi antichi delle varie epoche alcuni risalenti al quindicesimo secolo, come diversi esemplari della famosa “Tina p’Agnone”.
La “TINA P’AGNONE”
(la Tina per Agnone)
La particolare conca prodotta per secoli in Agnone aveva precisi canoni di esecuzione e particolarità che la differenziavano da tutti i prodotti similari realizzati in Abruzzo o in altri ambiti territoriali come la Ciociaria. La sua forma, molto stretta nella “gola, ricorda un elegante corpo femminile e serviva a dare al recipiente maggiore stabilità una volta che la donna lo poneva sulla testa per il trasporto dell’acqua. Oggetto che non poteva mancare nella dote di ogni sposa, la “Tina p’Agnone” aveva anche altre caratteristiche costruttive: il cerchio di ferro coperto dal risvolto del rame alla sua sommità, un “doppio dente” sbalzato che cesellava la gola, la martellatura a doppia “scrima” (spina di pesce) e manici rotondi di rame dotati di spirale di rame (anticamente anche di ferro). Tutto questo raddoppiava il lavoro necessario per la sua finitura in bottega e rendeva l’oggetto particolarmente prezioso, vanto di ogni casa di Agnone. Nel museo ne sono visibili molti esemplari – tutti originali – tra i quali spicca una “Tina p’Agnone” che è antica di almeno quattro secoli.
AGNONE CITTA’ REGIA, PROVERBIALE FORGIATRICE DI METALLI
Agnone, creduta per secoli erede dell’antica Aquilonia, è posta nel cuore del territorio sannitico. Qui il rame è stato utilizzato fin dagli albori della storia: i Sanniti, fra i più temibili guerrieri dell’antichità, ne facevano largo uso, ad esempio, come componente del bronzo per le loro splendide armature, per le statue e per le iscrizioni sacre come Tavola Osca.
Ma è il medioevo che vide esplodere le Arti agnonesi legate ai metalli e, dopo esser diventata Città regia nel 1404, la cittadina visse uno sviluppo economico parallelo a quello della Civiltà della Transumanza di cui divenne la principale fornitrice di oggetti in rame. “Una delle più cospicue città del Regno di Napoli” dirà il Sigonio, ancora nel diciottesimo secolo. Tutto dovuto principalmente alla capacità di lavorazione del rame, del bronzo e dell’oro, prodotti il cui commercio raggiunse gran parte del meridione italiano.
Gli statuti del 1456, conservati nell’Archivio storico comunale contengono un intero capitolo su “Qualiter callararii debeant eorum artem exercere” (“Come i calderai dovranno esercitare la loro arte) e chi non rispettava le regole di lavorazione, che tesero a creare una sorta di marchio di qualità, veniva pesantemente multato.
Tutto ciò rese gli oggetti di rame di Agnone addirittura proverbiali. “Lu callarare adda esse d’Agnone” (Il calderaio deve essere di Agnone) si dice ancora oggi in alcune zone della Campania interna per dire che il mestiere lo deve esercitare chi lo sa fare davvero. E ancora: “Se non è di Agnone un ramaio è un mezzo ramaio”, oppure “Il rame o è di Agnone o non è buono”. Echi di una maestria di altissima fama. Nel 1641 il Duca della Guardia, Ferrante della Marra, in una delle sue pregevoli opere storico – geografiche cita un documento della Cattedrale di Santa Sofia di Benevento datato 1578 nel quale si riportava un detto in voga all’epoca, circa le più fiorenti città della Penisola italiana che erano: ” Prato in Toscana, Crema in Lombardia, Fabriano nelle marche, Barletta in Puglia, Agnone in Abruzzo”. E tutto questo grazie soprattutto all’arte di lavorare il rame.
Nel 1754 grazie alla mappa redatta dall’agrimensore Michele Della Croce, si conosce l’esistenza di ben dieci opifici (fra fonderie del rame e di altro genere) le cui ruote venivano azionate dalle acque del torrente Verrino. Infine dal Catasto onciario di metà Settecento risultano che ben 156 erano le famiglie che vivevano grazie al rame (cui si devono aggiungere 15 capifamiglia “calderari”, forse operatori delle fonderie) il quale risultava di gran lunga il settore con il maggior numero di addetti fra quelle artigiane con il 31,5 della forza lavoro.
Chi non conosce la tradizione del rame agnonese difficilmente potrà dire di aver conosciuto pienamente la vera anima di questo borgo antico sui monti del Sannio. Ragion per cui il “Museo Storico del Rame Francesco Gerbasi” realizzato con maestria ed enormi sacrifici dall’attuale , omonimo titolare di questa azienda familiare fondata più di sei generazioni fa, deve essere tappa fondamentale della visita alla cittadina perché preziosissima testimonianza di un pezzo di storia e di cultura abruzzese /molisana che, in mancanza, sarebbe andata persa per sempre.