«Chiariamo subito un punto: il nostro è un lavoro, che va fatto con passione, sì, ma in modo organizzato come tutti i mestieri: la carità cristiana la facciamo in altri momenti, come singole persone». Siamo venuti fin qui a Vasto per capire chi è questo Simone Caner, (a destra nella foto, ndr) il quarantenne di bell’aspetto, sposato con tre figlie piccole, che avanza là dove gi altri arretrano. E’ lui che si fa avanti quando nella parte meridionale dell’Abruzzo il ministero dell’Interno smista migranti arrivati da Lampedusa o dagli altri approdi che i disperati scelgono per arrivare in Italia. Una patata bollente che i più, a cominciare dai sindaci dei grandi centri, non vogliono avere per le mani. Caner, invece, si fa avanti con il suo network di cooperative riunite nel consorzio Matrix , che attualmente assiste 340 profughi in sette strutture dislocate in paesini come Lentella, Carunchio, Palmoli e Schiavi di Abruzzo.
Dica la verità, Caner: chi glielo fa fare?
«E’ iniziato tutto un anno fa, il 3 agosto del 2013, quando ci chiamò la Prefettura di Chieti per dirci che avevamo vinto il bando per ospitare 25 migranti. Noi veniamo dalla Campania, da Gragnano, ed eravamo in Abruzzo già dal 2009, quando ci aggiudicammo un bando per gestire un asilo nido e un programma di assistenza scolastica ad alunni disabili nel comune di Vasto».
Il suo cognome, Caner, non è campano…
«Mio padre era della provincia di Treviso, ma la mia famiglia si è spostata a Castellamare molti anni fa . Io sono cresciuto lì e mi sono laureato in economia e commercio a Napoli: gestivo il personale in un’azienda di sabbiature navali, quando nel 2005 ci fu una svolta nella mia vita. Ero una testa calda, ma durante un viaggio a Lourdes ebbi modo di conoscere don Tonino D’Esposito, che oggi è il parroco della cattedrale di Castellamare: al ritorno con mia moglie Camilla decidemmo di lasciare il lavoro e di aprire una casa famiglia».
Perché poi vi siete trasferiti in Abruzzo?
«La Campania, si sa, è un ambiente difficile. L’Abruzzo è molto più vivibile, soprattutto per chi ha figlie piccole come noi. Ci siamo trovati subito bene ed essendo educatori di cooperative sociali ci è parso naturale lavorare anche nell’accoglienza. Tutto qui».
Gli abruzzesi sono ospitali o trovate anche atteggiamenti di chiusura?
«La gente nei paesini di montagna è meravigliosa: ci sono molti anziani che sono stati emigranti e sanno che cosa vuol dire vivere lontani da casa. Carunchio, per esempio, ha risposto in modo splendido, a partire dal sindaco Gianfranco D’Isabella. Altrove troviamo atteggiamenti diversi: a San Salvo, per esempio, la popolazione è il massimo dell’ospitalità, ma il sindaco Tiziana Magnacca no, continua a dire e a scrivere “se ne tornino in Africa…”. Putroppo ci sono molti luoghi comuni su di noi».
Tipo?
«Beh, c’è ancora chi pensa che se non ci fossimo strutture come le nostre i migranti non arriverebbero da queste parti. E’ falso: arriverebbero lo stesso e i prefetti sarebbero costretti a requisire le scuole o altri edifici pubblici. Noi risolviamo un problema vero della società, perché abbiamo le professionalità per farlo: insegnanti di italiano, mediatori culturali, operatori che fissano le regole e le fanno rispettare…».
A proposito di regole: non teme che tra 300 e più profughi, in genere giovani, qualcuno prima o poi faccia una sciocchezza e crei un clima di tensione con le popolazioni?
«Guardi, se ho visto un migrante alzare una mano è stato sempre nei confronti di altri connazionali: perché magari non lo lasciava pregare in pace o gli impediva di vedere un certo canale tivù. Roba da poco. Mai un gesto ostile nei confronti di altri. L’unica cosa che mi preoccupa davvero è l’odio che nutrono alcuni italiani nei confronti di questa gente. E i ragazzi questo lo sentono ed è ovvio che generi tensione».
Altri luoghi comuni?
«C’è chi continua a pensare che gli immigrati ruberanno il lavoro ai nostri giovani, un’enorme sciocchezza. Intanto perché tutti sanno che i Paesi che hanno saputo integrare chi viene da lontano sono quelli che godono della massima prosperità economica, vedi gli Stati Uniti. Lo ha spiegato bene lo scrittore Erri De Luca in un incontro che abbiamo avuto di recente proprio a San Salvo. Ma anche l’accoglienza dei migranti genera opportunità per il territorio».
In che modo?
«Per ogni migrante noi riceviamo 31 euro al giorno, tutti soldi che vengono spesi qui per cibo, pulizie, lavanderia e tutto quel che serve. Più gli stipendi, che vanno tutti ad operatori locali, che in questo momento sono una cinquantina e che assorbono circa il 15% di quel che riceviamo».
Si può qantificare il giro d’affari per un network come il vostro?
«E’ tutto trasparente, non ci sono segreti: attualmente gestiamo circa 3 milioni all’anno, ma purtroppo si tratta di una cifra virtuale, dato che i soldi tardano ad arrivare e dobbiamo sempre fare i salti mortali per pagare stipendi e contributi. La Prefettura di Chieti fa quel che può, ma se da Roma i soldi non arrivano… E mi preme precisare un’altra cosa».
Prego.
«Si tratta in gran parte di fondi europei, che non vengono tolti dalle tasche degli italiani, come si continua a insinuare».
Lei quanto guadagna?
«Guadagno 3.500 euro lorde al mese per il mio lavoro come presidente».
Che cosa prevede per i prossimi mesi, arriveranno molti altri migranti?
«Non vedo niente di buono. Fin da piccolo ho sempre avuto una dote singolare che è quella di indovinare in anticipo quello che succederà in futuro. Se si va avanti così, si rischia di arrivare a una guerra civile, un numero così alto di migranti non è digeribile dalla popolazione che abbiamo, se non si cambia il modello di società si rischia di arrivare a un punto di rottura».
Detto da lei fa un certo effetto…
«Vede, a me non preoccupa l’accoglienza, con una buona organizzazione si riesce a gestire. Mi preoccupa il dopo: che cosa facciamo fare a questa gente, se non sviluppiamo progetti di inserimento? Qualche sindaco svogliato ancora non ci firma neppure il protocollo per far lavorare gratis i migranti, altri invece ci aiutano a far partire progetti per creare delle coop agricole o degli allevamenti in terreni o abitazioni dati in comodato gratuito. Sta succedenndo a Palmoli e a Lentella ed è anche un modo per far rivivere questi paesini».
Avete provato anche con il calcio, con la Vastese…
«Certo, abbiamo fatto i provini e i tre più bravi verranno tesserati, gli altri formeranno una squadretta amatoriale. E’ un altro modo per integrarli. E basta con parole vigliacche tipo che dobbiamo difendere i confini. Gli unici confini da presidiare sono quelli della dignità umana».
di MAURO TEDESCHINI, direttore de Il Centro
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