Voto all’estero, solita storia: le schede inviate agli elettori italiani non sono vidimate.
La segnalazione ci arriva da un lettore dell’Eco residente in Bulgaria.
Ci occupammo dettagliatamente della questione del voto all’estero in occasione del referendum costituzionale del 2016, ma le segnalazioni dei nostri lettori ci costringono a tornare sull’argomento. Ci scrive infatti Franco Luigi Tenca, dalla capitale della Bulgaria, «pensionato dal 2007, dopo aver fatto per 41 anni il camionista».
Gli italiani residenti all’estero ricevono per posta raccomandata o corriere le schede per il rinnovo del Parlamento. Le schede, però, non sono autenticate, non recano cioè né il timbro di sezione né la firma dei componenti del seggio elettorale. In sostanza si tratta di un foglio di carta qualsiasi, carta straccia, che può andare dispersa, può essere sostituita, scambiata, annullata deliberatamente, alterando così l’espressione di voto dell’ignaro elettore residente all’estero. Una prassi che di discosta totalmente da quanto accade nei seggi elettorali in Italia, dove tutte le schede consegnate agli elettori devo essere obbligatoriamente vidimate, cioè appunto firmate e timbrate, pena la nullità del voto espresso.
Tra l’altro, come spiega lo stesso Tenca, le schede, una volta votate, vanno spedite in ambasciata per posta ordinaria, senza raccomandata, quindi è possibile che non arrivino proprio o vadano addirittura disperse.
Insomma, un procedimento, quello della raccolta dei voti degli italiani all’estero, lacunoso e manipolabile in ogni sua fase. Ma un po’ di serietà?
Francesco Bottone
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