Il Natale è passato da un pezzo e il famoso abete altomolisano addobbato come un albero di Natale in piazza San Pietro sarà già finito nel camino di qualche cardinale, ma le polemiche attorno alla vicenda stentano a spegnersi. Il “caso” divenne internazionale, nel senso letterale del termine, ripreso non solo da tutta la stampa italiana, ma anche da qualche giornale e televisione estera, ma il tutto, è bene ricordarlo, è partito proprio da queste colonne. Riassumendo: Rosello, Comune del Chietino, ma al confine con l’Alto Molise, vuole donare un abete bianco al Pontefice regnante affinché diventi l’albero di Natale più fotografato del pianeta, quello di piazza San Pietro appunto. L’abete prescelto, però, non si sa per quale contorto ragionamento da parte del sindaco in questione, è in territorio molisano, precisamente su quello di Agnone, nel bosco di Montecastelbarone.
Fermi tutti: le autorizzazioni al taglio sbandierate dal sindaco di Rosello non valgono un fico secco, figuriamoci un abete bianco, visto che si tratta di una pianta protetta che è nata e vive da qualche secolo al di qua del confine, in Alto Molise. Il sindaco Saia fa finta di niente, mentre gli stanno sfilando sotto il naso un abete bianco di trenta metri di altezza. Lo scippo sarebbe passato inosservato se il fotografo naturalista e giornalista pubblicista Dario Rapino non avesse sollevato il tema della posizione georeferenziata dell’albero stesso: in Alto Molise e non nel Chietino appunto. Quindi si sarebbe rifilata al Papa anche una patacca: un abete molisano spacciato per abruzzese, ma al netto di questo, la motosega era già in funzione quando i due sindaci di Rosello e Agnone, rispettivamente Alessio Monaco e Daniele Saia, decisero di evitare sicure rogne giudiziarie e ordinarono all’unisono di non abbattere quell’esemplare secolare nel bosco di Montecastelbarone. Ordine bicefalo arrivato, guarda caso, solo dopo un sopralluogo dei Carabinieri forestali di Agnone.
E proprio il comando della Forestale agnonese ha ricevuto, in queste ore, una pec inviata da Dario Rapino, con la quale si chiede al Comune, non si capisce bene quale in realtà vista l’incompetenza territoriale di Rosello, di rimuovere tutte le imbragature che erano state installate sull’abete finalizzate alla sua rimozione e al successivo trasporto dopo il taglio che invece non è più avvenuto. «Ho appena inviato al Comune di Rosello ed ai Carabinieri forestali di Agnone una PEC contenente la richiesta di immediata rimozione delle imbracature apposte all’esemplare di abete bianco, originariamente destinato al taglio per addobbo natalizio in Vaticano. – spiega Rapino – Una sola domanda mi pongo: è mai possibile che in questo sciagurato Paese gli atti dovuti debbano sempre essere sollecitati e mai spontaneamente adempiuti per senso elementare di dovere?».
E nella pec si legge testualmente: «Segnalo con la presente, che l’esemplare di abete bianco, ricadente nell’area Sic (sito di interesse comunitario, ndr) di Montecastelbarone, già interessato da un progetto di taglio per addobbo natalizio in Vaticano, non condotto a termine per assenza delle prescritte autorizzazioni, trovasi attualmente ancora nello stato di imbracatura predisposta durante le operazioni preliminari di abbattimento. Le corde ed i lacci apposti lungo la intera lunghezza dell’albero, specie protetta da direttive comunitarie, costituiscono un grave pregiudizio per il loro corretto sviluppo e, più in generale, provocano uno stato di sofferenza vegetativa. Si invita pertanto il Comune di Rosello, quale ente responsabile della ricordata iniziativa di taglio nonché committente a terzi delle conseguenti azioni, di provvedere sollecitamente alla rimozione dell’imbracatura e dei legacci». Conoscendo Rapino andrà a sincerarsi di persona, già nei prossimi giorni, della eventuale rimozione di corde e legacci che al momento “addobbano” l’abete bianco di Montecastelbarone salvato dalla motosega.