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  • Escursionismo e balneazione più pericolosi della caccia: l’Università di Urbino zittisce gli anticaccia

    Il 2019 ha visto diminuire gli incidenti di caccia, proseguendo una tendenza già in atto dagli anni scorsi. E’ quanto emerge dall’analisi fatta dall’Università di Urbino. Infatti, il confronto con gli anni precedenti, mostra un trend decrescente per quanto riguarda il numero dei decessi, che sono passati da 18 nel 2017 a 15 nel 2018 e a 15 nel 2019. Analogamente, anche il numero di feriti si è ridotto passando da 66 nel 2017 a 62 nel 2018, per poi scendere a 60 nel 2019.

    Da segnalare il fatto che nessun decesso si è verificato fra i non cacciatori, essendosi registrati in questo caso solo quattro feriti. Sia il numero dei decessi sia quello dei feriti appaiono quindi in sostanziale diminuzione. Per il periodo che va dal 1° settembre 2019 al 31 gennaio 2020 gli incidenti sono stati 78, con 18 vittime e 60 feriti.

    I dati riportati dalla ricerca non comprendono eventi causati da malori, cadute, atti intenzionali o episodi di bracconaggio. Infatti tali cause non hanno a che fare con una pratica venatoria corretta e tanto meno sono imputabili all’uso delle armi.

    Nel confronto con altre attività sportive e ricreative all’aperto, la caccia non risulta in effetti fra le più pericolose. Basti pensare a pratiche come l’escursionismo (133 morti e 111 feriti nel 2019, per lo più dovuti a cadute in dirupi e burroni), balneazione (84 morti e 12 feriti escludendo i malori), gli sport invernali (36 morti e 50 feriti) o l’alpinismo e le arrampicate (21 vittime), fino agli sport estremi tra i quali il parapendio e base jumping (22 morti e 53 feriti nel 2019).

    FONTE UNIVERSITA’ DI URBINO

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