• Editoriale
  • Il punto/L’imperialismo zarista di Putin la bestia

    di Enzo Carmine Delli Quadri

    Esistono fior di commentatori politici ed economici che intervengono sulle vicende innescate dalla invasione della Ucraina da parte della Russia. Lo fanno con fin troppa competenza ma finiscono per tagliare il capello in due senza sapere dove le due parti del capello vadano a finire se non portate dal vento di tante parole inutili. La verità è sotto gli occhi di chi le vicende trattate le ha vissute tutti i giorni già a partire dalla seconda guerra mondiale. Non è difficile da capire. Seguitemi.

    Premetto che sono un ottuagenario non partitocratico, schieratomi sempre a favore del concetto di libertà nella solidarietà, chiamato, in vari periodi storici e a seconda degli attori, liberal socialismo, socialdemocrazia, liberal democrazia, riformismo, liberal, ecc, tutti rivoli di un unico grande fiume che tenta di coniugare le esigenze di libertà con quelle della solidarietà.

    Per questo mi permetto di intervenire con l’intento di apportare un elemento in più di riflessione in questa storia che qualcuno vorrebbe fosse intrigata ma che intrigata non è.

    Dopo la caduta delle monarchie, a partire da più di un secolo fa e conclusasi con la seconda guerra mondiale, il mondo si spaccò in due parti, come una mela. Da una parte, i sostenitori del capitalismo, con in testa gli USA; dall’altra, i sostenitori del Comunismo con in testa l’URSS (composta da Russia, Armenia,  Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia,  Tagighistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan) e Nazioni satelliti come Polonia, Cecoslovacchia, Romania, Albania, Bulgaria, Ungheria). Altre Nazioni, nel mondo, hanno avuto ruoli complementari e sussidiari rispetto a questa questione. 

    Da una parte, i sostenitori della libertà assoluta di pensiero, azione, impresa, mercato; dall’altra, i sostenitori della necessità di uno Stato Gestore di ogni risorsa da redistribuire equamente tra tutti. Entrambi i sistemi hanno dimostrato dei limiti intollerabili. Il primo, privilegiando solo a volte il più intelligente, ma molto spesso il furbo, il forte, il predatore, lo squalo, il lupo, la iena. Il secondo, tagliando le gambe alle idee, alla progettazione, alla creatività, ma soprattutto tagliando le gambe alla libertà. 

    Entrambi i sistemi hanno perso. E, pian piano, è venuto affermandosi il concetto di liberal socialismo, vale a dire libertà di pensiero, azione, impresa, mercato ma all’interno di regole che evitino i difetti del capitalismo e del liberismo puro.

    In questo confronto, il Nuovo Capitalismo, ovvero il Capitalismo coniugato con la Solidarietà, ha avuto la meglio sullo Stato Padre Padrone; dopo il 1960, i paesi dell’Occidente che lo perseguirono, a partire dai Paesi Scandinavi, diventarono il modello di riferimento di tutto il mondo; l’URSS ne pagò le conseguenze e si squagliò come neve al sole: la bandiera rossa con la falce e il martello venne ammainata dal palazzo del Cremlino il 26 dicembre 1991; l’URSS venne ufficialmente sciolta e con essa morì anche il Patto di Varsavia che legava l’URSS e altre 7 Nazioni (Albania, Bulgaria, Ungheria, Germania Est, Polonia, Romania, Cecoslovacchia).

    La conseguenza di tutto ciò fu che gran parte dei paesi, precedentemente aderenti all’URSS e al Patto di Varsavia, chiesero di entrare a far parte del sistema Occidentale, sia militare, sia economico.

    Dal punto di vista militare.

    Già il 4 aprile del 1949, dopo la seconda guerra mondiale, per opporsi al Comunismo, 12 Stati e cioè Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stai Uniti d’America,  avevano deciso di organizzare una loro difesa collettiva  e avevano fondato L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (North Atlantic Treaty Organization, in sigla Nato).

    In opposizione alla Nato, fu firmato, nel 1955, il Patto di Varsavia tra Albania, Bulgaria, Ungheria, Germania Est, Polonia, Romania, Cecoslovacchia e l’Unione Sovietica.

    Ebbene, già nel 1990, con la riunificazione delle due Germanie, la Germania dell’Est entrò nella Nato; dopo, nel 1991, con la caduta dell’URSS, altri 10 Stati decisero di abbandonare il sistema di alleanza dominato dalla Russia per aderire alla Nato:

    • nel 1999 fu la volta di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca;
    • nel 2004, Romania, Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia, Slovacchia;
    • nel 2009, Albania

    La Nato si limitò a invitare quei popoli a partecipare a una difesa militare collettiva ma non lo fece con la pistola puntata alla testa o con guerre di aggressione e invasione.  Furono le popolazioni di quegli Stati a decidere democraticamente una libera adesione alla Nato.  

    Dal punto di vista economico.

    L’unione Europea funzionante attirò gli interessi di molti Paesi in precedenza assoggettai a Mosca. Pregarono per entrare nell’Unione Europea:

    • nel 2004, fu la vota di Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia;
    • nel 2007, di Bulgaria e Romania;
    • nel 2014, dell’Albania.

    Il dramma dell’Ucraina è che anche la popolazione di questo Stato ambisce alle libertà democratiche acquisite dai 27 paesi dell’Unione Europea, ma La Russia non ci sta e, invece di fare il tutto per creare le condizioni perché le suddette popolazioni accettino l’alleanza con Mosca, usa la Forza delle Armi, invade, aggredisce, uccide in nome di un falso imperialismo, prima zarista e poi Comunista. Lo fece nel 1956 invadendo l’Ungheria e la sua capitale Budapest; lo ripeté nel 1968 invadendo Praga e tutta la Cecoslovacchia; lo ha fatto con i Ceceni, la Georgia, e così via. Conosce una sola legge: i carri armati. 

    I popoli hanno diritto all’autodeterminazione. Il dialogo e la diplomazia devono vincere sulle bombe. Putin e la sua cricca vanno fermati, processati e allontanati dalla scena democratica internazionale.

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