La incredibile altezza di una delle più belle poesie che l’uomo sia mai riuscito a produrre, e cioè l’”Infinito” di Giacomo Leopardi, scritta su l’”ermo colle”, dà una sensazione di vertigine, di capogiro, oltre che di bellezza suprema e di profondità del pensiero filosofico e intuitivamente scientifico del conte Giacomo Leopardi.
Le stesse sensazioni, più o meno, sorgono alla notizia che in un luogo assolutamente sconosciuto ed inconoscibile dell’universo, è stato scoperto dal supertelescopio della Nasa (mistero, per la verità anche questo pieno di grandi dubbi e di sospetti), un altro pianeta, poco più grande della terra, con caratteristiche molto affini ad essa e facente parte di una costellazione, completamente diversa, autonoma, rispetto alla costellazione solare.
Incredibile! Negli spazi bui, siderali, dello sconosciuto universo, ruota verosimilmente con lo stesso moto di rotazione della terra, un altro pianeta che dista, incredibile a dirsi, 1500 anni luce dalla terra ovvero una distanza kilometrica di miliardi di trilioni di kilometri, cioè, una distanza pressochè incalcolabile, per il cui tempo di sola trascrizione dei numeri, occorrerebbero pagine infinite.
La nostra terra, dunque, negli infiniti spazi siderali, è un puntino insignificante: immaginiamo quanto lo siano gli uomini, gli animali che la popolano, eppure è eterno, il feroce, disumano scontro, tra questi minuscoli esseri viventi che la popolano.
La scoperta non fornice alcuna ulteriore luce di conoscenza dell’universo, non se ne possono conoscere i limiti; non si sa assolutamente dove esso cominci e dove esso finisca: una incalcolabile limitatezza del genio umano ad avere conoscenza dei confini o dei non confini che gli spazi siderali possano avere.
Si pensi che un raggio di luce, che giunge sulla terra ai giorni nostri, è partito da kepler 1500 anni fa: una cosa incredibile, pazzesca, che sconvolge letteralmente tutti i credo e tutti i poteri, schiacciando la minuscola nostra mente, per quanto ampia essa sia e per quanto alta sia stata la ricerca, comunque, della formazione stessa del pensiero collegato alla conoscenza e alle scoperte.
Quel minuscolo uomo di Recanati, grandissimo per ingegno, ma assolutamente limitato nella conoscenza della scienza (non conosceva naturalmente le conquiste scientifico- matematiche di Einstein e di tutti i moderni Newton dei secoli successivi, pur essendo naturalmente fortemente influenzato dalla rivoluzione galileiana) aveva intuito – come del resto lo aveva in pieno clima tolemaico intuito Francesco Petrarca – la impossibilità di calcolare l’Infinito.
I mondi religiosi, filosofici, umani, ne rimangono profondamente sconvolti e l’eterno, inconoscibile ed insoluto, domina la mente dei superstiti scrutatori dell’Universo .
Parlando del mistero del supertelescopio della Nasa, c’è da domandarsi come abbia potuto questo strumento meccanico terrestre, attraversare la distanza di 1500 anni luce, per potere avvistare il pianeta sconosciuto.
La vera corteccia celebrale è la limitatezza della conoscenza, per quanto notevole essa sia allo stato.
Franco Cianci