«Tenuto conto del suo valore ecologico, sociale ed economico, la fauna selvatica è un’importante risorsa naturale rinnovabile, con rilevanza per settori quali lo sviluppo rurale, la pianificazione del territorio, l’offerta alimentare, il turismo, la ricerca scientifica e il patrimonio culturale. Se gestita in modo sostenibile, la fauna selvatica può fornire un’alimentazione e un reddito e contribuire notevolmente alla riduzione della povertà, nonché alla salvaguardia della salute umana e ambientale». La dichiarazione è della Fao ed è presa in prestito dagli organizzatori del primo congresso nazionale sul tema della Filiera delle carni di selvaggina selvatica, in programma in Lombardia in autunno.
Il congresso è organizzato grazie alla collaborazione tra Società Italiana di Ecopatologia della Fauna (S.I.E.F.), Associazione Italiana Veterinari Igienisti (A.I.V.I.), Società Italiana di Economia Agraria (S.I.D.E.A.), Società Italiana di Economia Agro-Alimentare (S.I.E.A.), Dipartimenti di Medicina Veterinaria (DIMEVET) e di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione animale e la Sicurezza alimentare “Carlo Cantoni” (VESPA) dell’Università degli Studi di Milano, e con il supporto dell’Associazione per lo sviluppo della cultura, degli Studi Universitari e della ricerca nel Verbano Cusio Ossola (ARS.UNI.VCO) e di Fondazione Onlus Uomo-Natura-Ambiente (Fondazione U.N.A.).
Il congresso affronterà il tema della valorizzazione della carne di selvaggina derivante dalla filiera della caccia. Il focus è sul prodotto italiano e sulle sue difficoltà e potenzialità di mercato. La carne di selvaggina infatti, pur presentando ottime caratteristiche nutrizionali, ambientali ed etiche, fatica spesso ad avere il giusto riconoscimento da parte del consumatore. I contributi hanno un’impostazione principalmente socio-economica e coprono diversi temi, dall’etica venatoria alla segmentazione di mercato, sino alla proposta di un disciplinare che, attraverso un’etichetta, arrivi a definire norme di qualità che possano guidare le scelte del consumatore, premiando il cacciatore più rispettoso del benessere animale. Impreziosisce la sessione il primo studio italiano di impatto ambientale della filiera della caccia svolto applicando il metodo Life Cycle Assessment (LCA).
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