«Il 14 agosto 2018 si è aperta una ferita indelebile per tutti noi. Non dimentichiamo 43 vite spezzate, il dolore delle loro famiglie: i giudizi sulle responsabilità di quanto accaduto non si sono ancora completati e devono completarsi, tragedie di questo tipo non devono ripetersi. Genova non si è arresa, l’Italia si è rimboccata subito le maniche senza esitazioni. Pezzo dopo pezzo, con uno sforzo comune, si completa la struttura di un nuovo ponte. Tutti hanno agito con estrema rapidità: le Istituzioni, i progettisti, i tecnici, gli operai. Le macerie hanno fatto il giro del mondo, ora lo faranno queste immagini. Testimoniano la creatività, la maestria e l’abnegazione degli italiani, che sanno trasformare le lacrime in gocce di sudore, il dolore in riscatto. Non è solo un cantiere di Genova, questo è il cantiere dell’Italia che sa rialzarsi sempre, in cui ognuno fa la sua parte con senso del dovere e responsabilità. Oggi, nei giorni della più grande emergenza dal Dopoguerra, suturiamo questa ferita. Qui, dalla città della lanterna, si irradia una nuova luce per l’Italia: se ripartiamo insieme con coraggio e determinazione, senza fermarci ad additare nemici, otterremo grandi risultati. Insieme ce l’abbiamo fatta, insieme ce la faremo».
Sono le parole del premier Giuseppe Conte con le quali viene salutato il varo della diciannovesima campata d’acciaio del nuovo viadotto di Genova: ora il tracciato del nuovo ponte è completato, è lungo 1067 metri. Sono state usate 17.500 tonnellate di acciaio. L’operazione è stata salutata dal suono delle sirene del cantiere e delle navi alla fonda e di alcune aziende. A nemmeno due anni dal crollo del Morandi, il 14 agosto 2018 (43 morti), Genova è ricucita. Una bella pagina scritta dagli italiani, alla faccia del coronavirus tra l’altro.
Settecento chilometri più a Sud della città della lanterna, invece, c’è un altro ponte, quello che collega l’Abruzzo alla città delle campane. Il viadotto “Longo” che non è crollato come quello di Genova, ma è stato chiuso dalla Provincia di Isernia per un «imminente rischio crollo» che dopo un anno e nove mesi per fortuna non si è ancora verificato. Il primo ponte, crollato, è stato rifatto dal nulla, dalle macerie, nuovo di zecca appunto; il secondo, quello chiuso d’imperio dalla Provincia, è ancora interdetto al traffico, sia veicolare che pedonale. Al momento ci crescono le erbe spontanee. Possibile che nel nord Italia in venti mesi si è tirato su dalle macerie, letteralmente, un nuovo ponte di diciannove campate, una al mese quindi, mentre nel profondo Sud, che poi Sud non è perché l’inutile Molise è considerato centro Italia, nello stesso arco temporale non si è riusciti nemmeno ad appaltare i lavori? La domanda è retorica, ovviamente, perché la risposta è sotto gli occhi di tutti. E’ proprio così. Genova ha un ponte nuovo, l’Alto Molise e l’Alto Vastese si tengono, al momento, un relitto, un gigante ferito e piangente, come è stato disegnato dagli alunni di Castiglione Messer Marino. L’Italia è una, ma ha evidentemente velocità molto diverse che variano in ragione della latitudine… o forse degli attori politici.
Francesco Bottone