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  • La democrazia e la libertà non sono mai scontate, Matteotti fa scuola a Capracotta: il convegno sui fratelli Fiadino

    «Siamo davvero sicuri di fare buon uso della memoria storica? La nostra memoria collettiva, siamo sinceri, ci serve per migliorare l’attuale? Sono decisamente pessimista, se stiamo a quello che ci racconta la cronaca, anche di questi giorni, tra fiumi esondati e alluvioni e scuole antisismiche che cadono sotto la prima raffica di vento». Illuminante e disarmante allo stesso tempo, caustico forse, ma saldamente ancorato ai fatti come ogni storico di mestiere, il professore Giuseppe Pardini, docente dell’Unimol, a chiusura del convegno “1943/2023 – Capracotta, ottant’anni dopo” che si è tenuto presso la sala dell’hotel Monte Capo, sul “tetto” dell’Alto Molise nel pomeriggio di sabato.

    In occasione del “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”, la Prefettura di Isernia, in collaborazione con il Comune altomolisano e con l’Università degli Studi del Molise, ha inteso organizzare un momento di studio e approfondimento per rendere omaggio alla comunità capracottese per le violenze subite durante la seconda guerra mondiale e ricordare l’eroismo dei fratelli Rodolfo e Gasperino Fiadino, barbaramente uccisi dai tedeschi invasori per aver ospitato soldati neozelandesi, ricordati anche attraverso il libro di Eleonora Di Nucci, “L’eccidio dei fratelli Fiadino”.

    Una sala gremita, presenti le massime autorità civili e militari, a cominciare dalla Prefetto Franca Tancredi, ma anche gli alunni delle scuole e semplici cittadini, ha ascoltato in commosso e riflessivo silenzio gli interventi degli storici e degli studiosi accademici chiamati a tracciare un ponte storico-temporale, ma anche di impegno civico, tra quei drammatici eventi di ottanta anni fa e il momento attuale.

    Ad aprire i lavori il padrone di casa, il sindaco Candido Paglione: «La libertà che ci appartiene, la democrazia che è stata costruita, l’uguaglianza e la giustizia che sono state scritte nella nostra Costituzione, sono il risultato anche della storia locale e capracottese dei fratelli Fiadino, frutto delle sofferenze dei nostri padri e dei nostri nonni. A loro, prima di tutto, va la nostra riconoscenza».

    Nel corso del suo intervento il primo cittadino ha sottolineato «come sia un dovere, per ciascuno di noi, ricordare quella terribile esperienza che ha segnato il destino della nostra comunità». «Una cosa almeno abbiamo imparato: la guerra è sempre da evitare, perché non esistono mai guerre giuste. – ha aggiunto – È accaduto ottanta anni fa qui, lungo la linea Gustav, accade oggi in Ucraina, nella Striscia di Gaza e in tante altre parti del mondo. Il nostro “mai più” deve nascere dalla consapevolezza che la memoria e il ricordo costante sono l’esercizio migliore per combattere l’indifferenza e per costruire un futuro di pace». Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero espresso dal presidente della Provincia, Alfredo Ricci, cui ha fatto seguito l’intervento della Prefetto, Franca Tancredi. Proprio la rappresentante del Governo ha lanciato un «corale messaggio di pace», rivolgendo «un pensiero a tutti coloro che hanno dovuto rinunciare alla propria vita, alle vittime civili e militari di tutte le guerre, di ieri e di oggi».

    «A loro va la riconoscenza e il doveroso ricordo di tutti gli italiani, – ha rimarcato la Prefetto – affinché la loro memoria venga conservata e tramandata alle future generazioni. Una storia che va onorata giorno per giorno, anche dopo ottanta anni, perché la democrazia si alimenta della memoria del passato». Archiviata la fase degli interventi istituzionali si è entrato nel vivo dell’approfondimento storico, dando la parola appunto agli storici di professione, i docenti e dottorandi dell’Università del Molise. L’introduzione è stata curata dal professor Giovanni Cerchia, che ripercorso alcuni dei momenti salienti, dal punto di vista militare, di quelle fasi della “guerra inutile” che ha devastato anche il Molise e l’Alto Molise lungo le linee ritardatrici realizzate dai nazisti.

    «La storia non è maestra di vita, – ha rimarcato il docente Unimol – perché non è quello il suo compito precipuo; può e deve narrare gli avvenimenti del passato per ricordare a noi che non è tutto scontato, né la libertà di cui godiamo, né la democrazia nella quale viviamo».

    Il professore Giuseppe Iglieri ha relazionato sulla distruzione quasi totale di Capracotta e di altri centri limitrofi dell’Alto Molise, facendo memoria delle devastazioni provocate dal duplice effetto delle scelte dei due avversari in armi: la “terra bruciata” posta in essere dai tedeschi in ritirata e dai bombardamenti a tappeto, anche notturni, da parte degli eserciti alleati. «Il Molise ha pagato un altissimo tributo di devastazione sotto i bombardamenti di coloro che pure erano alleati. – ha rimarcato – E Capracotta divenne snodo centrale del conflitto perché collocata a cavallo tra due importanti linee ritardatrici. Oltre alle deportazioni di uomini, obbligati a scavare le fortificazioni della linea Bernhardt, la comunità locale subì rastrellamenti e spoliazioni di cibo e bestiame, perché l’obiettivo era di fiaccare il morale e letteralmente affamare la popolazione. Poi sotto le bombe alleate venne rasa al suolo l’intera città, fatta eccezione per due chiese, le scuole e il cimitero». I capracottesi rimasti in paese, tuttavia, opposero una vera resistenza, «non passiva, come ha raccontato qualcuno, ma deliberata e consapevole e l’esempio dei fratelli Fiadino ne è la più chiara testimonianza».

    Tema, quello della resistenza passiva, ripreso anche dall’autrice del libro dedicato all’eccidio dei fratelli Fiadino.  «La resistenza di Capracotta non fu passiva, fu anzi più eroica perché fu portata avanti senza armi. – ha spiegato Eleonora Di Nucci – Un gesto, quello di nascondere e prendersi cura di soldati neozelandesi, ispirato dai valori umani, cristiani, civili e democratici che per noi devono essere di insegnamento». La stessa autrice ha poi rimarcato l’impegno e il ruolo delle donne, «perché erano le mogli e le figlie che materialmente si occupavano di sfamare i soldati nascosti».

    Episodi di vita locale narrati anche da Vincenzino Di Nardo, che ha raccolto testimonianze dirette di quei tragici fatti di guerra in Alto Molise. «Scappò il nemico, venne l’inglese», è l’attacco di una poesia di un poeta locale, che narra di come all’orrore dell’occupazione dei tedeschi nazisti seguirono le più dure devastazioni e razzie perpetrate dai “liberatori” alleati.

    «In quei drammatici frangenti, – ha chiuso poi il professor Pardini – a Capracotta, come altrove, non c’è più il potere dello Stato. E anche questo getta nel panico la popolazione. L’unico potere riconosciuto, che aiuta nel concreto, è quello dei sacerdoti, don Carmelo Sciullo e don Leopoldo Conti, e la presenza dei Carabinieri che tentano di mitigare gli effetti della teorizzazione della “terra bruciata”. Fatti lontani ormai ottanta anni dai nostri giorni, ma che rappresentano e plasmano la nostra memoria collettiva. Nel passato non c’è futuro, ma bisogna fare in modo che nel futuro non ci sia più il passato che abbiamo già vissuto».

    Francesco Bottone

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