Curata da Denis Curti, la mostra presenta 40 opere in grande formato e in bianco e nero scattate su pellicola in Groenlandia, durante quattro diverse stagioni invernali, dal 2016 al 2022 e stampate nella camera oscura del fotografo. Dal 13 febbraio al 28 marzo 2025, “Luce e Silenzio. La Groenlandia” del fotografo Paolo Solari Bozzi, apre alla Galleria STILL di Milano.
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In queste ultime settimane la Groenlandia è al centro del dibattito politico internazionale a causa delle dichiarazioni di Donald Trump sulla “Terra Verde”, l’isola più grande del mondo tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Artico, territorio autonomo della Danimarca quindi territorio a tutti gli effetti europeo. La premier danese Mette Frederiksen ha ribadito al Presidente degli Stati Uniti che “la Groenlandia non è in vendita”. Tensioni che hanno puntato l’attenzione di tutto il mondo occidentale su questo territorio estremo ricoperto dalla calotta glaciale, attraente per l’ampia disponibilità di risorse naturali – come idrocarburi, le terre rare e le materie prime- ma anche sulle nuove rotte che si stanno aprendo al Polo Nord per via del riscaldamento globale, a cui si aggiunge la posizione militare strategica.
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Paolo Solari Bozzi è uno dei rari fotografi – insieme a lui menzioniamo Ragnar Axelsson e Carsten Egevang – che ha deciso di raccontare la Groenlandia in maniera professionale, con gli ampi spazi, bianchi e profondi, contaminati dalla sporadica presenza dell’uomo: un mondo, di luce e silenzio, catturato su pellicola in diversi viaggi grazie all’impiego di attrezzatura fotografica analogica. Un’autonomia di pochi scatti per sessione fotografica (da 4 a 10), una fotografia lenta e ancor più rallentata dalle condizioni ambientali con le temperature artiche dell’inverno groenlandese che raggiungono le punte più estreme della Terra, fino ai a -60 gradi.
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«Il mio viaggio è iniziato nell’Ovest dell’isola, grazie a Roberto Peroni e alla sua Casa Rossa, a Tasiilaq, per poi, spedizione dopo spedizione, arrivare sino a Nord, a Qaanaaq. Qui è possibile seguire con la macchina fotografica durante la caccia quotidiana della foca o del narvalo gli Inuit, vestiti ancora di pelle d’orso che rimane anche oggi il modo tradizionale – e forse migliore – per combattere le temperature artiche. Annovero con orgoglio l’invito da parte di Konrad Steffen, professore e ricercatore svizzero di fama internazionale, fondatore dello “Swiss Camp”, una base di ricerca in mezzo all’isola, che per oltre trent’anni ha raccolto dati meteo e climatologi e che ho avuto l’onore di seguire durante una delle sue spedizioni».
Il percorso espositivo è un racconto quindi non solo della Groenlandia da un punto di vista prettamente paesaggistico e naturalistico, tra grandi iceberg e distese glaciali, ma anche un reportage da quel luogo del pianeta che è la sentinella silenziosa del cambiamento climatico e che può essere un alleato prezioso per capire la fragilità e le bellezza della Terra.
BIOGRAFIA
Paolo Solari Bozzi (1957), avvocato M&A, è fotografo da sempre per passione. Al seguito del padre diplomatico italiano, studia in Marocco, in Germania e a Venezia al Collegio Navale Francesco Morosini dove inizia a fotografare perdendosi tra le calli della Laguna. Con la macchina fotografica al collo, alla guida della sua Renault 4 rossa, già da ragazzo viaggia verso Capo Nord e Aqaba, mosso dal desiderio irrefrenabile di conoscere e insieme trattenere, ritagliati nello spazio della pellicola, i luoghi e le persone incontrate.
Non avendo mai perso l’interesse per la fotografia, il bianco e nero analogico diventa poi il centro della sua attività professionale quando allestisce un’ampia camera oscura a Celerina, in Engadina.
Attratto da sempre dall’Africa, viaggia a più riprese con la sua Land Rover nei Paesi del Sahara, nell’Africa Australe e partecipa a diverse spedizioni in Groenlandia, assumendosi l’impegno di creare consapevolezza perché questi ambienti un giorno non ci saranno più.
A tal fine, costituisce l’Associazione svizzera “Arctic. Last Frontier”.
“Si attraversa il fiordo con i cani e la slitta solo quando è ghiacciato, altrimenti occorrono le barche. Ogni anno le acque si sciolgono prima e si ghiacciano più tardi, restringendo drammaticamente all’uomo e agli animali il loro territorio di caccia. Cerco scene e momenti unici: spettacolari tormente di neve, cani dal pelo arruffato, persone barcollanti sotto le raffiche del vento, gli Inuit, le casette di legno. Essere lì è affascinante, non si può indugiare, perché il corpo, le mani e il viso si ghiacciano. É una sfida: sia dal punto di vista fisico e mentale, sia fotografico.”
Oltre a Greenland Into White (2017), è autore dei volumi Zambian Portraits (Skira, 2015) e Namibia Sun Pictures (Tecklenborg, 2013).