Le immagini dell’orso marsicano o degli orsi, visto che sono stati documentati più passaggi, tra i boschi di Rosello e Agnone, pubblicati in esclusiva su queste colonne nell’edizione di giovedì hanno fatto il giro delle redazioni e sono diventate quasi virali. Si tratta di brevi filmati realizzati dalle fototrappole installate al confine tra Montecastelbarone, agro di Agnone, e l’abetina di Rosello, versante Chietino, dal fotografo naturalista e giornalista pubblicista Dario Rapino.

Proprio Rapino commenta, per i nostri lettori, quello che è sicuramente un avvistamento documentato di straordinario interesse, non solo scientifico, per tutto il territorio dell’Alto Molise. «Il lavoro costante, appassionato, caparbio ha permesso di accertare la presenza quasi stabile negli anni del marsicano tra l’alto Chietino e l’alto Molise, tanto che Rosello è stato incluso nella rete di monitoraggio. – spiega Rapino ai nostri cronisti dell’Alto Molise – Nessuna lode e nessun merito particolare, anzi l’amarezza del presidio del territorio in perfetta solitudine e con l’ostracismo, per usare un eufemismo, di ben noti soggetti. Ho ancora vivo il ricordo della sigaretta accesa lasciata vicino il serbatoio della mia auto…».

Negli anni scorsi, infatti, siamo nel novembre del 2022, Dario Rapino subì una vera e propria intimidazione: una sigaretta accesa lasciata all’imbocco del serbatoio del combustibile della sua autovettura. Un avvertimento, quasi a dirgli: stai alla larga da questi boschi. In quel periodo Rapino si stava interessando della vicenda del taglio di un abete secolare che sarebbe dovuto finire in Vaticano, omaggio del Comune di Rosello per il Papa, per diventare un albero di Natale in piazza San Pietro.

Grazie all’intervento di Rapino quell’albero, un gigante verde che si trovava all’interno del bosco di Montecastelbarone, quindi sul territorio di Agnone, e non su quello di Rosello, Comune del Chietino scelto per omaggiare di un abete la Santa Sede, venne risparmiato dalle motoseghe, complice anche la presenza sul posto dei Carabinieri forestali agnonesi. Probabilmente a qualcuno non andò giù l’esito della vicenda e decise di lasciare un avvertimento di stampo criminale all’indirizzo di Rapino.

«Ma tant’è, si va avanti senza rancore. – commenta oggi Rapino, ricordando quello spiacevole episodio intimidatorio – Il nostro orso ha bisogno di persone che lo amino. Tornando all’ultimo avvistamento, esso avviene per la prima volta in epoca autunnale. Negli altri casi si erano verificati nel periodo primaverile». «E’ probabile si tratti di maschi erratici, che dalla core area del Parco nazionale, passando nel Piano delle Cinque Miglia e scavalcando i Monti Pizzi, ridiscendono verso il fiume Sangro, per risalire poi verso il confine tra Abruzzo e Molise. – spiega ancora Rapino – Poco più di una passeggiata per l’orso, che agevolmente può percorrere anche trenta o quaranta chilometri al giorno».

E sempre sugli avvistamenti dell’orso in Alto Molise interviene anche Angela Tavone, responsabile della comunicazione dell’associazione Rewilding Apennines: «Se fosse un maschio non sarebbe automatico che in zona c’è una femmina, – spiega l’esperta di fauna selvatica – perché come è noto in questo periodo gli orsi sono in iperfagia e frequentano specialmente le faggete per mangiare faggiola». Insomma, molto probabilmente l’orso di Agnone sta facendo il pieno di calorie in vista del letargo invernale, questa potrebbe essere la spiegazione della sua presenza in zona.

Al netto delle possibili interpretazioni, la cosa certa, acclarata e documentata da prove fotografiche e video, è che l’orso bruno marsicano è presente oggi anche sul territorio dell’Alto Molise. E questo dovrebbe far scattare delle misure di protezione per lo stesso animale particolarmente protetto, sia da parte delle autorità, che degli stessi cittadini e frequentatori del bosco.

«La dispersione dell’orso marsicano in nuovi territori non è solo un fatto biologico. – riprende Rapino nella sua analisi – È un atto di speranza. Un passo silenzioso verso la sopravvivenza. Ogni orso che si spinge oltre i confini storici del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è un messaggero. Porta con sé il sogno di una specie che non vuole estinguersi, che cerca spazio, cibo, silenzio, vita. Ma la dispersione non è semplice. Significa attraversare strade, superare recinti, evitare uomini. Significa adattarsi a paesaggi che non sempre lo vogliono, a comunità che lo temono, a territori che lo ignorano. Eppure, è necessaria. Perché nessuna specie può sopravvivere chiusa in una riserva. Perché la genetica ha bisogno di mescolarsi, la popolazione ha bisogno di respirare, l’ecosistema ha bisogno di equilibrio».

La parola d’ordine, dunque, è coesistenza tra la fauna selvatica e l’uomo, anche e soprattutto se si tratta, come in questo caso, di grandi predatori. «Ogni nuovo territorio conquistato da un orso marsicano è una vittoria della biodiversità. – aggiunge in chiusura Dario Rapino – È un segnale che la natura non si arrende. Che, nonostante le autostrade, i centri commerciali, le paure, c’è ancora spazio per il selvatico. Ma questa dispersione ha bisogno di noi. Di corridoi ecologici, di comunità consapevoli, di politiche lungimiranti. Ha bisogno che smettiamo di vedere l’orso come un intruso e iniziamo a vederlo come un vicino. Perché l’orso marsicano non è solo un animale. È un simbolo. Di resilienza, di bellezza, di equilibrio. E ogni suo passo verso un nuovo bosco è un invito a camminare con lui, verso un futuro dove natura e uomo non si temono, ma si rispettano».