AGNONE. Mohamed, Walid, Ragmad, Sulinam, Louai, Kousai, Laila, Qamar-Alsamr. Non sono i nomi della nazionale mista di calcio ad otto della Siria, bensì quelli dei figli (cinque maschi e tre femmine) di Khaled Alkhaed da gennaio ad Agnone con il progetto Sprar. Un’altra moglie e due figli sono in Siria perché non sono riusciti a scappare, mentre un’altra figlia vive in Finlandia. Una storia tutta da raccontare quella di Khaled, fuggito dalla guerra e dai bombardamenti su Damasco, città dove è nato e risiedeva, che nel 2017 lo hanno spinto a venire in Italia dopo una lunghissima odissea.
Bari, Milano, Rocca di Papa e infine l’alto Molise dove è approdato agli inizi di un gelido e nevoso gennaio con gli otto figli di età compresa tra i 14 e i 3 anni e le due mogli, Alia e Samiha, rispettivamente di 33 e 31 anni. L’impatto con la neve e la piccola realtà molisana è stato tutt’altro che semplice, lui abituato a vivere in una metropoli. “Nemmeno messo piede in Agnone e voleva andar via – confessa Saverio La Gamba, responsabile del progetto Sprar di Agnone -. Ricordo ancora quel giorno con oltre un metro di neve e i volti impauriti di quei bambini. Per convincerlo a restare è stato necessario l’intervento delle due compagne e una lunga intermediazione, ma oggi sembra contento di quella scelta fatta”.
Impossibile dimenticare la vita che conduceva in Siria dove possedeva un’azienda con dieci dipendenti la quale produceva avvolgimenti e motori elettrici per grandi marchi come Caterpillar. Tutto in fumo nel 2012 quando dal cielo russi e iraniani hanno sganciato bombe sui nemici senza risparmiare i civili compresa la sua officina. Scampato alla morte da quel giorno ha iniziato a partorire l’idea di lasciare la sua terra e chiedere asilo politico all’Italia. Percorso non facile viste la miriade di peripezie che in Libia, dopo essere passato per Libano ed Egitto, hanno visto Khaled, 44 anni, cadere per tre volte nelle mani di persone senza scrupoli che lo hanno sequestrato e torturato prima di consegnarlo nelle mani degli scafisti.
Ancora oggi sul suo telefonino conserva il video della drammatica traversata nel Mediterraneo su un barcone di legno insieme ai figli e alle mogli. Immagini crude che lasciano trasparire la sofferenza, ma al tempo stesso la voglia di vivere e progettare un futuro migliore. Intanto gli otto figli che parlano perfettamente l’italiano, oltre l’inglese, spagnolo e arabo, frequentano con profitto le scuole agnonesi dove non disdegnano di restare in classe quando alla mattina viene recitata la consueta preghiera nonostante siano musulmani. Un processo di integrazione che va avanti e che ha portato i bambini più grandi i quali sognano di diventare medici ad iscriversi alle attività sportive del posto come la pallavolo.
Nel frattempo Khaled continua nella ricerca di un lavoro che vista la sua esperienza e preparazione nel campo dei motori elettrici gli permetterebbe di rimanere in Italia e dar da mangiare alla sua famiglia. Per altri sei mesi sarà coperto dal progetto Sprar, ma il tempo passa inesorabile. “Rivolgo un appello ai titolari di aziende e officine del territorio che hanno bisogno di una professionalità non comune da reperire sul mercato – ammette ancora La Gamba – Khaled è pronto e vi assicuro che farà valere tutta la sua voglia di fare e dimostrare le sue capacità lavorative”.
Oggi la famiglia Alkhaed vive in due appartamenti in via Aquilonia tenuti in perfetto ordine da Alia e Samiha che dell’armonia instaurata tra loro hanno fatto il cavallo di battaglia per mandare avanti la numerosa famiglia. Due donne, mamme forti e coraggiose che l’8 marzo, insieme al marito, hanno raccontato la loro storia davanti gli studenti degli istituti superiori di Agnone, attenti come non mai alle loro parole e ad ogni singolo sguardo o gesto.
“E’ stata una vera e propria lezione di vita – ammette Francesco Paolo Tanzj uno dei relatori del convegno dal titolo ‘Io l’8 tutti i giorni’ promosso da Sprar e Comune – un confronto tra realtà differenti ma al tempo stesso simili per molti aspetti che ha appassionato i nostri ragazzi chiamati ad essere i nuovi artefici di un mondo che non ha bisogno di guerre, muri o violenze di ogni genere”. Concetto forte e chiaro racchiuso nella vicenda della famiglia Alkhaed accolta in maniera straordinaria dalla comunità altomolisana che, ancora una volta, ha dimostrato di amare il prossimo, qualunque esso sia..