di Domenicangelo Litterio
Sembra attuale in questo periodo l’ipotesi di costituzione dei poli scolastici quale rimedio alla carenza di studenti nei Comuni delle zone interne e di confine.
Inizialmente una premessa: chi decide di allontanare gli studenti dai nostri paesi per concentrarli in strutture da costruire in aperta campagna? Trattandosi di argomento che interessa il destino delle Comunità interessate la logica sarebbe quella di coinvolgere le popolazioni e far giungere le soluzioni condivise alle Istituzioni pubbliche: Comuni, Province, Regione, perché provvedano a dare seguito alla volontà popolare.
Nel merito ricordiamo cosa significa istituire un “polo”: significa concentrare in un unico posto una certa attività o un certo servizio. Ora consideriamo la situazione delle zone interne del Vastese: vi sono Comuni che vedono diminuire la popolazione scolastica anno dopo anno, dove funzionano le pluriclassi e dove la socializzazione ( intesa in senso classico, prima di Internet e del Web) può essere limitata.
Il nostro territorio interno e montano ha già sperimentato sulla propria pelle le conseguenze della scelta di “polo”: quello industriale. Tutti a lavorare in un solo punto del territorio, tutti a San Salvo!
Ognuno vede le conseguenze di questa scelta per i nostri Comuni.
Ora ci viene proposto di aderire ad un altro polo: quello scolastico. Dopo, o contestualmente al polo scolastico, si parlerà di polo sanitario, e poi di polo sportivo ecc,, ed infine di quello religioso: una bella chiesa dove già ci sono servizi e strutture e dove la popolazione giovanile si concentra maggiormente.
Questa operazione si chiama “sottovuoto”, togliere l’anima, la vitalità, la forza aggregativa ai nostri paesi e conservarli come reperti: non si sa mai, un giorno potrà essere utile riscoprirli; “il giorno della memoria” con sagre di antichi prodotti e musica con la dubbot.
Ma la verità, come sempre, è nuda: le nascite diminuiscono: che fare?
Ecco perché è necessario un confronto pubblico: per trovare soluzioni.
Intanto la condizione attuale può ancora utilizzare le risorse umane presenti nei nostri paesi con il funzionamento di scuole aggregare: per esempio la materna in un paese, le elementari in un altro, le medie in un altro. Se l’esodo continua e la popolazione diminuisce ancora, si individua un Comune aggregante e si trasferiscono i servizi scolastici in quel Comune. La scelta di un posto di campagna può far sorgere il dubbio che gli amministratori locali non trovino accordi e soluzioni condivise, secondo la logica: niente per me, niente per nessuno! Se non ci sarà la scuola nel mio paese non ci dovrà essere neanche nel tuo! Tutti fuori, tutti in campagna!
E i piccoli negozi di servizio alle scuole? E gli approcci con le famiglie? E le attività alternative? E le emergenze? E le interazioni con le Comunità? E le corrispondenze, le esperienze interattive con le diverse fasce di età?
Infine: nessuno ha l’esclusiva della verità ma tutti dovremmo darci da fare per le soluzioni che ci consentano di vivere nei nostri paesi con dignità.