Il gigante malato si muove, continua a muoversi non solo a nord, ma anche relativamente alle campate a sud. E anche per questi motivi la classe di attenzione sismica del viadotto “Longo” e quella associata al rischio frane sono state valutate entrambe come “alte“, cioè al massimo grado di una tabella composta da cinque livelli crescenti. E’ quanto si legge nelle conclusioni di uno studio, divenuto tesi di laurea in ingegneria civile, discusso nei giorni scorsi da Pasquale Patriarca di Agnone presso il Dipartimento di scienze e ingegneria della materia, dell’ambiente e dell’urbanistica della Facoltà di Ingegneria dell’università politecnica delle Marche. La tesi, discussa con la relatrice Viviene Marianne Esther Fruzzetti e il correlatore Paolo Ruggeri, ha avuto come titolo “Problematiche geotecniche che interessano i viadotti esistenti”, con specifico riferimento al caso, divenuto anche mediatico e politico, del viadotto “Longo” sul Sente, a confine tra l’Alto Molise e l’Alto Vastese.
La struttura, chiusa al traffico da oltre tre anni per un presunto rischio crollo, ha visto, di recente, l’esecuzione di una campagna di indagine propedeutica all’analisi di stabilità del sito, alla valutazione della sicurezza dell’opera e alla progettazione degli interventi di consolidamento da porre in atto ad opera di Anas. La campagna di indagini geognostiche, geofisiche e prove geotecniche, realizzata su incarico di Aas dall’azienda GIT SERVICE S.R.L., ha visto la partecipazione del neo laureato agnonese nell’ambito dell’attività di tirocinio pre-laurea svolto sotto la supervisione del geologo Franco Tesone. Il lavoro di tesi ha considerato le “Nuove Linee Guida” per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti emanate dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti nel 2020. Uno studio di stringente attualità, dunque, che suscita un vasto interesse proprio in ragione del fatto che la perdurante chiusura del viadotto crea apprensione e tensioni nell’opinione pubblica.
«Dal 18 settembre 2018 con ordinanza provinciale il viadotto è stato chiuso al traffico per motivi di sicurezza. – si legge nella tesi di Patriarca – Ispezioni dell’opera hanno evidenziato, oltre a varie carenze strutturali, anche un movimento franoso che ha provocato una rotazione alla base delle pile a nord del viadotto, in particolar modo la pila 8 a sostegno degli impalcati in cemento armato, con conseguente spostamento in testa superiore ai 40 cm e pericolo di perdita d’appoggio dell’impalcato». Interessanti novità scaturiscono dal monitoraggio satellitare dell’opera: «Questi sistemi – spiega Patriarca – hanno permesso di monitorare nel tempo i movimenti di versante riguardanti il viadotto Sente e, oltre al già noto movimento della parte a nord, hanno evidenziato importanti movimenti di versante anche nella prima campata a sud del viadotto». E questi spostamenti a sud si sarebbero verificati proprio negli ultimi anni, emersi infatti dal monitoraggio satellitare eseguito nel periodo dal 2011 al 2014. Quelli a nord, invece, erano precedenti e risalivano ai monitoraggi degli anni 1993-2000. Tutti gli studi e le analisi effettuati fino ad oggi avevano l’obiettivo di attribuire al ponte sul Sente una “classe di attenzione” sulla base della combinazione di tre parametri: la pericolosità, la vulnerabilità e l’esposizione.
«Relativamente alle mie valutazioni sul viadotto Sente, – chiude nella sua tesi Patriarca – seguendo le linee guida ministeriali e sulla base delle informazioni raccolte è stato possibile assegnare una classe di attenzione sismica classificata come “alta” e una classe di attenzione associata al rischio frane sempre “alta”». E alta rimane anche l’attenzione dell’opinione pubblica rispetto agli annunciati lavori di messa in sicurezza dell’imponente opera a cavallo tra Abruzzo e Molise.
Caterina d’Alba