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  • Ponte Sente, Paglione scrive al Ministero e all’Anas: «Subito sensori e riapertura parziale»

    I soldi per la messa in sicurezza del viadotto sul Sente non bastano. Si utilizzi, allora, parte del finanziamento, per installare dei sensori di monitoraggio da remoto che consentano la riapertura immediata al traffico veicolare. La proposta viene formalizzata, nero su bianco su una lettera inviata al Ministro Salvini, al presidente della Provincia di Isernia e all’assessore regionale alle infrastrutture Marone, dal consigliere comunale di opposizione di Belmonte del Sannio, Tonino Paglione.

    Il consigliere comunale Tonino Paglione

    «Gli organi di stampa hanno riportato la notizia in merito alla tanto attesa firma della convenzione tra Anas e Provincia di Isernia, che consentirà nei prossimi mesi di avviare i lavori di messa in sicurezza del viadotto sul Sente. – scrive Paglione – Dalle notizie riportate si evince che ad oggi non sono stati stanziati tutti i soldi necessari per eseguire in toto i lavori di messa in sicurezza del viadotto, al fine di una riapertura definitiva e totale al traffico veicolare. È noto a tutti che, purtroppo, nel nostro Paese quasi tutti i lavori pubblici finanziati non vengono portati a termine, se non dopo ulteriori finanziamenti oltre a quelli inizialmente previsti; oppure, se quest’ultimi non ci sono, detti lavori si bloccano e vanno ad incrementare il novero delle tristi infrastrutture mai completate, che tanta indignazione suscitano a noi cittadini».

    «Dai progetti in essere necessitano circa 15 milioni di euro per completare i suddetti lavori e questi probabilmente potrebbero lievitare fino ad oltre 20 milioni, – continua il consigliere comunale – mentre ad oggi sono disponibili solo 9 milioni. L’opera da realizzare potrebbe essere un nuovo e classico cantiere incompiuto. Quando i cittadini dell’Alto Molise e Vastese potranno realmente fruire della riapertura del Viadotto Sente?». Domanda legittima, quella di Paglione, atteso che sicuramente non sarà rispettata la promessa di Salvini: «Riapriremo il ponte entro l’estate del 2024». I lavori non inizieranno prima di un mese, stando a quanto riferito dal presidente della Provincia, Daniele Saia. Ecco allora la proposta del consigliere Paglione: «Essendo la tempistica di riapertura lunga e aleatoria, lo scrivente suggerisce di impiegare una parte del denaro appena stanziato, per installare sul viadotto dei sensori collegati a degli impianti semaforici, affinché, qualora ci sia un movimento della struttura che potrebbe causare un crollo improvviso, detti sistemi sarebbero in grado di interdire il traffico veicolare, di conseguenza bloccare e mettere in sicurezza gli utenti ivi circolanti. La riapertura potrebbe essere prevista solo a senso unico alternato e per il solo traffico leggero, ossia ad esclusione degli autocarri».

    Una proposta concreta, dunque, che a differenza del passato oggi avrebbe anche la copertura economica, grazie a quei primi nove milioni stanziati. Il problema che si pone, tuttavia, è quello della sicurezza: si sarebbe in grado di chiudere al traffico il ponte nel tempo utile a scongiurare incidenti in caso di “movimenti” strani delle strutture?

    Paglione ha una risposta anche per questa obiezione: «Qualora qualche “ingegnere et similia” eccepisca che il sistema innanzi descritto non possa essere realizzato, perché non esclude totalmente il rischio per gli utenti ivi circolanti in caso di crollo improvviso, bisogna ricordare che, in caso di crollo improvviso, al di sotto delle campate del viadotto ci sarebbero anche gli operai al lavoro per la sistemazione e messa in sicurezza dei pilastri, quindi, come salvaguardare la loro incolumità? In sintesi, bisogna abbattere al massimo la soglia di pericolo, poiché escluderla al cento per cento è impossibile». Insomma, la proposta è concreta e realizzabile secondo Paglione, il quale in chiusura aggiunge: «Limitarsi a programmare la realizzazione di tutti i lavori progettati, al fine di riaprire la transitabilità del viadotto a tutti i veicoli, resta una flebile speranza intrisa da tanta preoccupazione da parte di tutti noi cittadini che, ancora oggi, ci ostiniamo a vivere in questi sperduti paesi di montagna».

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