L’Associazione Precari in Rete ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per denunciare le «inaccettabili condizioni di lavoro dei precari in Poste Italiane. Dopo mesi di segnalazioni inascoltate rivolte a parlamentari e ministeri, l’associazione si appella direttamente al Capo dello Stato per chiedere un Suo autorevole intervento contro lo sfruttamento, il lavoro non retribuito e l’insicurezza che caratterizzano la realtà di migliaia di giovani e meno giovani all’interno dell’azienda a controllo pubblico».
Di seguito, la lettera completa.
Gentile Presidente Sergio Mattarella,
Le scriviamo come Associazione Precari in Rete, composta da ex lavoratrici e lavoratori precari di Poste Italiane, tra i quali figurano soprattutto giovani. Vogliamo portare alla Sua attenzione, e a quella dei Parlamentari di Camera e Senato, una grave e inaccettabile condizione di sfruttamento del lavoro precario all’interno di quest’azienda a controllo pubblico.
Apprezziamo e sosteniamo con forza i Suoi recenti appelli sulla dignità del lavoro e l’importanza di garantire retribuzioni adeguate in Italia. Le Sue parole pronunciate a Latina – «Tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita. I salari insufficienti sono un grande problema per l’Italia» – trovano profondo riscontro con la nostra esperienza di precari. In linea con la Sua visione, condividiamo appieno la preoccupazione che compensi troppo bassi incidano sul drammatico calo demografico, rendendo difficile per i giovani progettare un futuro solido. Come Lei stesso ha sottolineato, le questioni salariali sono infatti fondamentali per ridurre le disuguaglianze. Purtroppo, nonostante le Sue parole ci ispirino, la realtà quotidiana ci restituisce un quadro di indifferenza e rassegnazione.
Da alcuni anni, cerchiamo di portare all’attenzione delle massime istituzioni italiane lo sfruttamento sistematico che subiamo. Nonostante ripetuti solleciti indirizzati sia ai parlamentari delle Commissioni competenti (in particolare Lavoro pubblico e privato, Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) sia ai Ministeri preposti (quali il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy), non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta, se non in rarissimi casi da singole e singoli parlamentari che hanno dimostrato una sensibilità personale alla nostra causa. Eppure, crediamo che questa debba essere una battaglia di tutti, per la sua intrinseca giustezza e nobiltà.
Come emerso dalle inchieste di Report su Rai 3 (del 23 febbraio e del 15 giugno scorsi), molti giovani lavoratori precari di Poste Italiane sono sistematicamente indotti a prestare ore di lavoro non retribuite. L’azienda, per eludere le proprie responsabilità a seguito di esposti e denunce, starebbe chiedendo ai dipendenti di sottoscrivere apposite dichiarazioni in cui attestano di prolungare l’orario “volontariamente”, per il “loro” desiderio di completare le mansioni. È evidente che tale “libera scelta” sia in realtà frutto del ricatto del mancato rinnovo contrattuale e della speranza, spesso vana, di ottenere un posto fisso.
Questa pratica è illecita e intollerabile, configurando una chiara violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori, mascherata da presunta volontarietà della prestazione. Ciò contrasta profondamente con lo spirito e i valori della nostra Costituzione, che tutela la dignità del lavoro.
Desideriamo sottolineare che la situazione è resa ancora più allarmante dal modello occupazionale adottato da Poste Italiane a partire dal 2017 e tuttora in corso. Sebbene il precariato sia una problematica storica, è proprio nel periodo in esame che si è assistito a una vera e propria escalation all’interno dell’azienda: sono stati assunti oltre 100.000 lavoratori con contratto a termine, ma soltanto un’esigua parte (circa 20.000) ha ottenuto la stabilizzazione.
Parallelamente, secondo i dati ufficiali, si sono verificati oltre 40.000 infortuni sul lavoro, di cui almeno 10.000 con esiti gravi e, purtroppo, alcuni mortali. Per nostra esperienza diretta, riteniamo che il drammatico scenario sia legato all’incessante ricambio di personale. Abbiamo vissuto in prima persona l’insostenibile pressione lavorativa e la cronica mancanza di tempo per una formazione adeguata. Tutto ciò impedisce ai giovani di acquisire l’esperienza necessaria per operare in sicurezza, esponendoli a rischi evitabili.
A fronte di una situazione così manifesta e grave, suscita perplessità la quasi totale assenza di pubbliche condanne da parte dei parlamentari italiani. Questo silenzio è difficile da comprendere e, in una certa misura, appare come una forma di acquiescenza. La politica ha il dovere imprescindibile di tutelare i cittadini, in particolare i più vulnerabili, e non può esimersi dall’intervenire di fronte a pratiche che ledono i principi cardine della nostra Repubblica. Mancare di agire in un simile contesto significa, in ultima analisi, venire meno al proprio mandato istituzionale.
A nome delle numerose lavoratrici e dei lavoratori precari che hanno subito e subiscono quotidianamente sfruttamento strisciante in Poste Italiane, e nel pieno rispetto dei principi di legalità e giustizia che ogni cittadino si attende, ci permettiamo di sollecitare il Suo autorevole intervento per porre fine a tali pratiche inaccettabili.
Come ammoniva Martin Luther King: «Abbiamo bisogno di leader che non siano innamorati del denaro, ma della giustizia. Che non siano innamorati della pubblicità, ma dell’umanità». Le Sue parole risuonano con particolare forza in questo momento, richiamando tutti noi, e in particolar modo coloro che ricoprono ruoli di potere, alla responsabilità di anteporre i valori etici e la tutela dei diritti al mero calcolo economico o politico.
È imperativo che il Parlamento si erga a garante della dignità del lavoro e della legalità, assicurando che Poste Italiane adempia pienamente ai diritti dei suoi dipendenti. Non possiamo permettere che l’indifferenza istituzionale divenga la norma. È giunto il momento di agire concretamente per assicurare che nessun lavoratore sia costretto a operare in condizioni lesive della propria dignità, specialmente all’interno di un’azienda che, data la sua natura pubblica, dovrebbe rappresentare un modello esemplare di condotta etica e legale.
Con la massima stima e fiducia nel Suo operato,
Associazione Precari in Rete