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  • Prevenzione Covid nelle scuole: tutte le falle di un protocollo folle

    Una follia. Non c’è altra definizione possibile per giudicare il cosiddetto protocollo Covid nelle scuole. Un sistema ossessivo che rischia di paralizzare non solo l’attività didattica al primo starnuto di un alunno, ma anche il sistema sanitario territoriale fatto dai pediatri e medici di famiglia.

    Secondo il protocollo, infatti, alla comparsa di uno solo dei sintomi riconducibili al virus Sars-Cov-2, così elencati: febbre superiore a 37,5° C, tosse, difficoltà respiratorie, congiuntivite, rinorrea/congestione nasale, sintomi gastrointestinali (nausea/vomito, diarrea), perdita/alterazione improvvisa del gusto (ageusia/disgeusia), perdita/diminuzione improvvisa dell’olfatto (anosmia/iposmia), mal di gola, cefalea, mialgie, bisogna tenere l’alunno a casa e «contattare il proprio medico di medicina generale o il pediatra per la valutazione clinica e l’eventuale prescrizione del tampone naso- faringeo nel caso in cui, si abbiano, oppure ci siano stati, contatti stretti con un caso confermato COVID-19 e comunicarlo immediatamente al
    dirigente scolastico o al referente Covid d’istituto».

    La circolare inviata ai genitori è chiarissima: basta uno solo di quei sintomi per essere obbligati ad attivare tutta la procedura. Quindi al primo starnuto, per un banalissimo raffreddore tipico dei primi freddi, bisogna tenere il bambino a casa e investire della questione il pediatra il quale, non avendo a disposizione un tampone, dovrà fare una valutazione clinica e diagnosticare o scartare il Covid così, a occhio. L’alternativa, non ce ne sono altre, è sottoporre a tampone tutti, in massa, qualsiasi bambino o ragazzo manifesti un colpo di tosse o un banalissimo raffreddore con congestione nasale. Saranno a centinaia nelle prossime settimane.

    E qui viene il bello, perché il distretto sanitario di Castiglione Messer Marino, ad esempio, per ragione sconosciute ai più, non pratica tamponi. Stessa musica per l’ospedale di Agnone. Non serve un’apparecchiatura sofisticata, né una equipe medica specializzata. Basta un infermiere che cacci nella gola e nel naso del paziente il tampone monouso, ma una operazione così banale presso il distretto di Castiglione non si può fare. Allora un alunno dell’Alto Vastese con il raffreddore deve essere portato a Gissi, presso quel che resta dell’ospedale voluto da Remo Gaspari, per fare il benedetto tampone, senza il quale non potrà rientrare a scuola.

    Cinquanta chilometri all’andata e altrettanti al ritorno, cento chilometri per un tampone, al massimo trenta secondi di “intervento”, che potrebbe essere fatto comodamente presso il distretto di Castiglione. L’alternativa è che i pediatri e i medici, senza alcun tampone, si assumano la responsabilità di dire: era solo un raffreddore stagionale, non ci azzecca niente con il Covid e quindi l’alunno può rientrare a scuola. Ma quanti medici saranno disposti ad accollarsi questa enorme responsabilità rischiando magari sanzioni disciplinari se non penali?

    Francesco Bottone

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    1 Comment

    1. Italo Marinelli says: Rispondi

      Condivido in pieno. Credo però che nessun medico possa certificare l’assenza di una infezione che come è noto nel bambino il più delle volte è addirittura asintomatica. È un assurdo giro vizioso….

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