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  • Rischio alluvioni in ambito urbano e fenomeno dell’intrusione del cuneo salino, esperti a confronto

    La cooperazione tra enti ed istituzioni ai vari livelli di competenza, la sensibilizzazione della popolazione, la necessità di trovare soluzioni innovative per la pianificazione territoriale sono alcuni dei temi emersi nel corso del II Focus dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, dedicato a due problematiche di grande importanza per il nostro territorio: il “rischio di alluvione in ambito urbano” e il “fenomeno del cuneo salino in aree costiere”.

    Tali temi, oltre ad assumere carattere di rilevanza nell’ambito delle attività di pianificazione e programmazione poste in essere dall’Autorità di Bacino, con riferimento anche all’aggiornamento del Piano di Gestione Acque e del Piano di Gestione Rischio Alluvioni, ed in generale alla sostenibilità degli usi delle risorse acque, suolo ed ambiente connesso, rappresentano, nel quadro del processo di partecipazione pubblica, importanti momenti di informazione, divulgazione e formazione tecnico-scientifica.

    Il professore Corrado Gisonni dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” ha esposto una relazione sul tema delle “Alluvioni in area urbana – sfide reali e miti fuorvianti”, mentre il dottor Fabio Matano, Primo Ricercatore all’Istituto di Scienze Marine del CNR, ha illustrato “Il fenomeno dell’intrusione del cuneo salino: l’esempio della piana del fiume Volturno”.

    Il prof. Gisonni, partendo dalla classica definizione di rischio idraulico, prodotto delle tre componenti -pericolosità, valore esposto e vulnerabilità- ha posto l’attenzione su un fattore aggiuntivo: la resilienza di un territorio.

    Questa rappresenta la Capacità di un territorio, della sua popolazione, delle sue risorse, comprese le infrastrutture, di reagire in maniera adeguata all’evento alluvionale, per riuscire a gestire e ridurre il rischio.

    “La preparazione della popolazione è un aspetto cruciale nella riduzione del rischio, così come lo sono la percezione dello stesso da parte della popolazione, la collaborazione tra istituzioni ed il miglioramento del processo di pianificazione territoriale” – ha sottolineato il docente.

    Il rischio da alluvioni, soprattutto in contesti fortemente antropizzati come le città, genera anche un costo sociale rilevante. A questo proposito, Gisonni ha squadernato i dati: dal 1920 ad oggi il danno economico stimato per calamità alluvionali è di 570 miliardi di euro in Europa, 90 miliardi dei quali in Italia, con oltre 30mila vittime in Europa e 4mila in Italia. In più negli ultimi anni la frequenza dei fenomeni alluvionali è aumentata.

    In Italia poi la popolazione esposta è cresciuta del 30% in pochi anni, con gli edifici costruiti in aree di pericolosità idraulica passati da 2 milioni a 2,7 milioni.

    Dal canto suo, la Direttiva alluvioni 2007/60/CE, recepita in Italia dal D. Lgs. 49/2010, ha disposto che le mappe della pericolosità da alluvione, per i diversi tempi di ritorno, debbano contenere, per ognuno degli scenari considerati, anche l’altezza e la velocità della corrente idrica, ovvero le sue caratteristiche idrodinamiche.

    E proprio la combinazione di tirante idrico e velocità dell’acqua può essere considerata, in modelli più sofisticati, come indice di pericolo dal quale, attraverso la costruzione di matrici più o meno restrittive, ricavare il rischio.

    Ma quanto incide il cambiamento climatico sul fenomeno delle alluvioni in ambito urbano? Incide “probabilmente”, afferma il prof. Gisonni, in quanto ad oggi non si dispone di dati di pioggia, ovvero di serie storiche sufficientemente lunghe per effettuare modellazioni idrologiche e idrauliche affidabili per questo tipo di analisi. Ciò che invece ha certamente influenza sul fenomeno, oltre alle piogge, è “il cambiamento di uso del suolo”, soprattutto in termini di impermeabilizzazione del suolo. Un aumento di impermeabilizzazione causa un aumento del coefficiente di afflusso, una diminuzione dell’infiltrazione, ovvero della capacità di assorbimento del suolo, e quindi un aumento della portata di ruscellamento in superficie. Nel caso dell’alluvione di Olbia del 2013, furono inondate aree recentemente urbanizzate, che erano aumentate anche oltre il 200%.

    Altro tallone di Achille per le alluvioni urbane sono i sistemi fognari e le reti di drenaggio, un problema sottovalutato anche dalla legislazione italiana, che all’articolo 2 del Decreto Legislativo 49/2010, per una errata interpretazione della Direttiva Alluvioni, esclude “gli allagamenti causati dagli impianti fognari” dalla definizione di alluvione. Purtroppo, poiché un sistema fognario è un sistema a cascata, strutture e manufatti che mal progettati o realizzati possono compromettere il corretto funzionamento dell’intero sistema di drenaggio delle acque meteoriche, con conseguenti danni ingenti.

    In definitiva, per mitigare il rischio degli eventi alluvionali in ambito urbano, è necessaria una pianificazione dell’uso del territorio coerente tra i vari soggetti istituzionali coinvolti, che miri a ridurre, dove possibile, il valore esposto a fenomeni alluvionali, anche attraverso un’azione di sensibilizzazione della popolazione residente nelle aree a rischio, intervenendo anche con azioni strutturali importanti ma necessarie, oggi spesso ostacolate da una eccessivo appesantimento delle procedure amministrative.

    In merito, l’Autorità di Bacino, d’intesa con la comunità scientifica, ha posto in essere azioni che comprendono anche le valutazioni oggetto della relazione.

    Il dottor Fabio Matano ha relazionato sul fenomeno dell’intrusione salina nelle fasce costiere (cuneo salino), con particolare riferimento alla piana costiera del fiume Volturno ed al progetto SAL.WE., in fase di attuazione nell’ambito dell’Accordo stipulato tra l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale ed il CNR-ISMAR.

    L’acqua dolce, defluendo sia in superficie che in profondità, verso il mare, incontra flussi di acqua salata di densità maggiore. Il cuneo salino, pur rappresentando un fenomeno di carattere naturale, costituito proprio dall’intrusione dell’acqua salata al di sotto dell’acqua dolce, può essere esasperato dalle attività antropiche, costituendo una forte minaccia per tutte le aree costiere, con implicazioni socio-economiche rilevanti, impatti sulle risorse idriche, danni all’agricoltura e agli ecosistemi costieri.

    Fenomeno oggi in fase di avanzata a livello globale, tanto è vero che entro il 2100 potrebbero andare perse in tutto il mondo pianure costiere oggi fertili, per ben 87 milioni di ettari di terreni agricoli costieri, con una grave ricaduta sulla sicurezza alimentare di molte popolazioni. Su scala globale il fenomeno è alimentato dall’aumento del livello medio del mare, ma concorrono anche fattori regionali e locali: dalla riduzione degli apporti sedimentari dei fiumi, determinati dalla presenza di dighe e traverse fluviali, che provocano l’arretramento delle foci e della linea di costa, fino all’eccessivo emungimento delle falde della fascia costiera, che richiama per osmosi l’acqua salmastra, favorita anche dallo smantellamento della duna e della retroduna.

    Tutti fattori che si ritrovano nel caso di studio, riguardante la foce del fiume Volturno, lungo il quale, secondo i primi risultati, il cuneo salino è risalito di altri 2 km lungo il corso del fiume rispetto alle osservazioni di 10 anni fa, il tutto con danni all’economia agricola della fascia costiera.

    Tra gli altri elementi antropici che favoriscono il fenomeno dell’intrusione del cuneo salino, occorre annoverare anche la realizzazione di perforazioni, che possono mettere in comunicazione le acque salate fossili, intrappolate nel sottosuolo, con le acque dolci superficiali.

    La ricerca del progetto SAL.WE., oggetto di Accordo tra Autorità di Bacino e CNR-ISMAR, combina più metodiche di indagine ai fini della modellazione del fenomeno: analisi geologiche e idrogeologiche, analisi delle acque superficiali e sotterranee, analisi dei sedimenti e della microfauna bentonica, indagini geoelettiche, utilizzo di dati meteorologici, idrografici e mareografici, metodi di telerilevamento. Il campionamento delle acque superficiali riguarda 25 punti, dalle foci dei canali Agnena e Regi Lagni, Lago Patria, alla riserva naturale foce Volturno fino all’area dei laghi Nabi, e 20 punti lungo il corso del fiume Volturno dalla foce a Capua.

    Le acque superficiali sono risultate tutte dolci, tranne che nel settore di Lago Patria, nel quale risultano salmastre, mentre l’acqua fluviale del Volturno diventa dolce lungo tutto il profilo verticale a ben 10 km dalla foce.

    Negli ultimi 10 anni l’avanzamento del cuneo salino è stato di 2 km; si prevede che gli scenari di innalzamento del livello del mare, anche connessi al cambiamento climatico, potranno ulteriormente esacerbare il fenomeno, con un ulteriore avanzamento di almeno 2 km entro il 2100. Tale previsione fornisce una linea di confine per il contenimento parziale del fenomeno, da contrastare puntando ad una difesa degli acquiferi dolci della piana del Volturno, attraverso, ad esempio, la sostituzione dell’irrigazione da pozzi con acqua irrigua di altra provenienza, come sistemi di affinamento di acque depurate e derivazioni irrigue poste più a monte. Anche in questo caso, la difesa dell’acquifero sotterraneo dovrà essere frutto di azioni che prevedano la partecipazione di più enti sul territorio e la sensibilizzazione della popolazione, che per altro inizia a sentire il problema, lì dove i pozzi sono già inservibili a causa della presenza di acqua salmastra.

    Al riguardo, l’azione posta in essere dall’Autorità di Bacino, in correlazione con la realizzazione di altri strumenti di pianificazione, va in tale direzione.

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